Personaggi

Published on Luglio 8th, 2021 | by Massimo Campi

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Addio a Carlos Reutemann.

Di Carlo Baffi

Era stato soprannominato il “gaucho triste”, per via del suo carattere introverso, ombroso e poco incline al sorriso. Nella storia della Formula Uno, tra i campioni argentini che hanno lasciato il segno, da Froilan Gonzalez al mitico Juan Manuel Fangio, c’è stato anche lui, Carlos Reutemann. Purtroppo dall’Argentina è giunta la triste notizia della sua scomparsa, complice una situazione clinica che negli ultimi giorni era andata peggiorando. Reutemann era ricoverato a Santa Fe, città dove era nato il 12 aprile del 1942. Aveva 79 anni ed alle spalle una luminosa carriera nel Circus, con 146 Gran Premi disputati tra il 1972 ed il 1982. Il bilancio parla di 12 successi, 46 podi e 6 pole position. Reutemann si mise in luce sin dagli esordi con le vetture turismo e poi con le monoposto di F.2.

Un viatico che lo portò al debutto in F.1 nel gran premio di casa sul tracciato di Buenos Aires il 23 gennaio 1972. Un esordio che confermò le doti di Reutemann, il quale siglò la pole position al volante della Brabham-Ford BT34 con cui giunse settimo. Al temine di quella stagione, corsa con la scuderia di Bernie Ecclestone, l’argentino chiuse il campionato al 16esimo posto, ma nel G.P. del Canada a Mosport colse un significativo quarto posto alle spalle di Hulme, Revson e Stewart. Reutemann rimase alla Brabham sino al 1976 e con la crescita del team non mancarono le soddisfazioni. Firmò la sua prima delle quattro vittorie in Sud Africa nel ’74 e l’anno successivo contese a Niki Lauda, pilota della potente Ferrari 312T, il mondiale fino alla gara di Monza. Nel campionato alla fine fu terzo. Prestazioni che calamitarono sul driver sudamericano l’interesse di Enzo Ferrari, che lo ingaggiò a metà del 1976, come sostituto di Lauda vittima del terribile incidente al Nurburgring. L’austriaco però si riprese a tempo di record e così ecco che gioco forza, nel Gran Premio d’Italia scesero in pista ben tre 312T2: una per Niki, una per Regazzoni e l’altra per Carlos. In verità, il primo abboccamento tra Reutemann ed il Cavallino c’era già stato nel 1973, dopo che Montezemolo l’aveva visto al volante della Brabham. L’intenzione era quella di schierarlo nel ’74, ma poi le scelte ricaddero sulla coppia formata da Lauda e Regazzoni.

Ma torniamo al 1976. Per salire sulla rossa, “Lole” (altro soprannome di Reutemann), ruppe il contratto in essere con Ecclestone, dovendolo risarcire dei soldi ricevuti per l’ingaggio. L’occasione però era di quelle da non perdere: quale pilota non sogna di correre su una Ferrari? Dopo l’assaggio in quel di Monza, l’argentino si fermò, ma era candidato a sostituire Regazzoni e ad affiancare Lauda in vista del 1977. Con l’austriaco però i rapporti non furono dei migliori. Niki aveva capito che il Drake nutriva qualche perplessità sulle sue capacità di tornare il fuoriclasse di prima e vedeva in Reutemann una seria minaccia. Ma grazie alla sua determinazione, Lauda si riprese ben presto la leadership nella squadra conquistando la seconda corona iridata.

 

Tutto ciò a discapito di “Lole”, snobbato completamente da Niki e abbandonato a se stesso. Condizioni che influirono sul rendimento in pista. Reutemann alternava ottime gare a gran premi anonimi. Prestazioni altalenanti che però furono un po’ il tema conduttore della sua carriera. Ovviamente restano indiscusse le sue doti velocistiche, ma il suo tallone di Achille era rappresentato dal lato psicologico. Non a caso, il Drake definì impietosamente il sudamericano “tormentato e tomentoso.” Bastava il sopraggiungere di un’anomalia, anche banale, per mandarlo in crisi ed alimentare in lui sospetti e fantasmi.

Con il divorzio tra Lauda e Maranello però, l’argentino divenne il pilota di punta del Cavallino, dal momento che al suo fianco arrivò un giovane canadese sconosciuto, Gilles Villeneuve. Reutemann parve rinfrancato, grazie anche all’ottima intesa con l’ingegner Mauro Forghieri, che gli rimase sempre vicino, anche nei momenti difficili, dandogli preziosi consigli. E anche grazie alla buona convivenza con Villeneuve, il quale doveva farsi le ossa. Guarda caso il mondiale ’78 andò decisamente meglio, con Carlos che salì per quattro volte sul gradino più alto del podio, ma che alla resa dei conti non gli permise di contrastare le imprendibili nere di Andretti e Peterson. Parliamo delle Lotus 79 frutto del genio di Colin Chapman, che sfruttavano al massimo l’effetto suolo. Un dominio schiacciante che lasciò soltanto le briciole agli avversari. Ma anche in questo caso il Drake si dimostrò nuovamente severo nei confronti di “Lole” osservando:” Non è riuscito a diventare campione del mondo dopo aver vinto quattro gran premi con la Ferrari.” Senza contare che la 312T3 era da considerarsi un’arma un po’spuntata per via dell’accoppiata poco felice coi pneumatici Michelin.

In quel mondiale vinto da Mario Andretti davanti al compianto Ronnie Peterson scomparso in seguito alla carambola del Gran Premio d’Italia, Reutemann si piazzò onorevolmente terzo. Ma la sua avventura in rosso era giunta al capolinea. Ammaliato dalle potenzialità e dalle idee innovative di Chapman, l’argentino emigrò alla Lotus. E qui il destino non gli fu amico. Il progetto rivoluzionario della Lotus 80, si rivelò un fallimento e la scuderia britannica imboccò una parabola discendente. Reutemann allora puntò sulla Williams, la scuderia emergente fondata da Sir Frank, che proprio in quel 1980 consentì all’australiano Alan Jones di laurearsi campione del mondo.

Ma anche in questa circostanza, la sorte gli fu per l’ennesima volta contraria. La convivenza con Alan non si rivelò facile, anzi. Però ecco che “Lole” ebbe lo scatto d’orgoglio, la reazione che lo porto nel 1981 a giocarsi il titolo mondiale, malgrado un’accesa rivalità che s’era sviluppata nel team inglese. Al volante della FW07C, vinse due gare (in Brasile ed in Belgio) e rimase a lungo capoclassifica davanti ad un giovane e talentuoso pilota brasiliano, Nelson Piquet. L’epilogo ebbe luogo all’ultimo round sul tortuoso circuito di Las Vegas, ricavato nel parcheggio dell’hotel Caesars Palace. Ebbene, Reutemann si presentò come leader della classifica piloti con un punto di vantaggio su Piquet e nelle qualifiche si aggiudicò pure la pole. Nelson invece partiva quarto. Pareva quindi che per “Lole” non ci fossero grandi difficoltà per mettere le mani sul titolo iridato. Invece ecco palesarsi nuovamente la poca fiducia in se stesso. Paure dettate anche dalla pressione psicologica, che si materializza quando stai per raggiungere un traguardo rincorso da una vita. Accanto, in prima fila c’era il “compagno-rivale” Jones che scattò a razzo, mentre lui partì malissimo e perse subito posizioni. Va sottolineato che il team non lo aiutò minimamente impartendo ordini di scuderia e questo rese ancora più difficile la vita a Carlos.

Fortunatamente per lui, anche Piquet navigava nelle retrovie. Ma il carioca iniziò a rimontare. Dapprima superò lo stesso argentino e a poco a poco si portò in zona punti, fino ad arpionare un quinto posto che gli permise di vincere il suo primo titolo. Ironia della sorte, Nelson divenne campione per una sola lunghezza al volante di una vecchia conoscenza di “Lole”, la Brabham. Una vera beffa. O meglio, l’ennesimo scherzo del destino. Abbandonate le competizioni, Reutemann si dedicò alla politica ricevendo due mandati come governatore dello stato di Santa Fe. Ebbe anche l’occasione di partecipare alle elezioni presidenziali argentine, ma alla fine rifiutò di candidarsi.

Illustrazione m58 – immagini © Raul Zacchè

 

 

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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