Storia

Published on Novembre 5th, 2019 | by Massimo Campi

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Pit Stop

Il pit stop fa parte da oltre tre decenni  delle gare moderne

Nelle competizioni di durata i rifornimenti sono la spina portante delle strategie di gara. A Le Mans, la gara per eccellenza del panorama internazionale, anche le moderne vetture ibride hanno serbatoi limitati ed ogni 14-15 giri di gara devono entrare in pit lane per riempire il serbatoio. Negli primi anni 2000 fu l’Audi a studiare il sistema di iniezione ad alta pressione per limitare i consumi della R8 con un guadagno di 1-2 giri su ogni fermata da effettuare per il rifornimento ed un conseguente risparmio di tempo sulla programmazione della gara. Negli anni delle grandi sfide tra Audi, Peugeot, in seguito Porsche e Toyota, la maratona francese è diventata una sorta di competizione con tanti gran premi consecutivi intervallati dai pit stop per i rifornimenti e cambio gomme.

Anche in Formula Uno il sistema dei pit stop fa parte delle competizioni, anche se oggi si cambiano solamente le gomme. La storia dei moderni pit stop inizia il 15 agosto 1982 con le Brabham di Piquet e Patrese che partono velocissime al via del Gran Premio di Austria. Sembra che siano molto più leggere degli avversari, ma al 18 giro la Brabham-BMW di Nelson Piquet, in testa alla gara, imbocca la corsia dei box e non appena si ferma escono i meccanici dal box della Brabham in tuta ignifuga, passamontagna e caschi integrali, sostituiscono le quattro gomme e riforniscono il serbatoio di carburante della bianca monoposto. Cinque giri dopo tocca al compagno Riccardo Patrese a compiere la stessa operazione, i meccanici sono più rapidi e l’italiano torna in pista iniziando la rimonta, ma sarà il motore a cedere ed a costringerlo al ritiro. Piquet nel tentativo di sorpasso entrerà in collisione con Eliseo Salazar ponendo fine all’avventura, ma da quel giorno è nato ufficialmente il primo pit-stop dell’era moderna, con la strategia pensata dal geniale progettista e direttore tecnico Gordon Murray ed avvallata da Bernie Ecclestone, una trovata che verrà ben presto imitata dalle altre scuderie. Il pit stop serviva per soddisfare i grandi consumi del quattro cilindri turbocompresso della BMW, ma anche per potere sfruttare gomme nuove e meglio performanti data l’usura delle grandi potenze dei propulsori sovralimentati. Con i serbatoi mezzi vuoti c’era un indubbio vantaggio di peso rispetto alla concorrenza che viaggiava con almeno 80-100 litri di benzina a bordo, inoltre si potevano alzare le pressioni di sovralimentazione, con relativo incremento di  potenza ed ovviamente di consumi.

I rifornimenti, pur essendo una novità negli anni ’80, sono sempre stati usati nel mondo delle competizioni motoristiche. Nelle gare anteguerra e subito dopo la ripresa bellica, avevano una durata molto superiore a quella attuale, i gran premi si svolgevano su distanze anche di 500 km ed i propulsori avevano consumi elevatissimi con relativi rifornimenti ed anche le gomme avevano una usura elevata con la necessità di continui cambi. Negli anni ’50 venne imposto il limite al numero di meccanici per ogni rifornimento: tre se si cambiavano solo le gomme posteriori, cinque per tutte e quattro le gomme. L’operazione era sempre molto laboriosa e per svitare i dadi dei mozzi si ricorreva a potenti colpi di mazza sui pallettoni di fissaggio delle ruote. Il pieno era effettuato per caduta con un tubo di gomma e spesso i piloti venivano innaffiati dalla benzina in eccesso. Nel migliore dei casi l’operazione durava oltre il minuto, mentre ora che si cambiano solo le gomme il tutto dura un paio di secondi.

Tra le curiosità dei rifornimenti c’è quella del Gran Premio del Belgio nel 1925, quando le rosse Alfa Romeo stavano dominando la gara valida come GP d’Europa. Si correva a Spa, tracciato classico di oltre 15 Km, le monoposto di Vittorio Jano correvano molto più veloci della concorrenza, ed il pubblico francese, accorso sulle tribune, si mise a fischiare le rosse vetture del Portello che stavano dando la paga alla rivali transalpine. Vittorio Jano, per rimarcare il dominio italiano, organizzò un vero banchetto ai box, ed al rifornimento fece scendere i piloti, li rifocillò con uno spuntino mentre i meccanici cambiavano gomme e riempivano i serbatoi delle P2. Risaliti in macchina i piloti ripresero la corsa con Antonio Ascari che vinse a mani basse la gara conquistando il Titolo Europeo per il costruttore lombardo.

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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