Published on Luglio 1st, 2019 | by Massimo Campi
0Porsche 917: il mezzo secolo del mito
La Porsche 917 è stata una delle icone del motorsport, una vettura entrata prepotentemente nel mito per le sue forme, ma soprattutto per le sue vittorie. La Porsche 917, presentata al pubblico al Salone di Ginevra del 1969, compie mezzo secolo di vita e la casa tedesca ha voluto celebrare questa icona sportiva con la mostra speciale “Colors of Speed – 50 Years of the 917” al Museo Porsche di Zuffenhausen.
L’evento espositivo, inaugurato il 14 maggio, durerà fino al 15 settembre 2019, con ben dieci esemplari del prototipo Porsche tra cui il modello con telaio 001, appena restaurato, il primo della serie ad essere prodotto degli iniziali 25 esemplari.
Il progetto della 917 è iniziato nel 1968, quando la Commissione Sportiva Internazionale impose i nuovi regolamenti per le gare di durata che prevedevano una nuova classe di “sportive omologate”, con cilindrata fino a cinquemila e peso minimo di 800 chilogrammi. Ferdinand Piëch diede il via libera per la costruzione dei 25 esemplari richiesti che vennero completati per l’omologazione ad inizio del 1969.
La 917, venne presentata ufficialmente il 12 marzo 1969 al Salone dell’Automobile di Ginevra. Il debutto avvenne alla 1000 Km di Spa di quell’anno, un esordio che fece molto discutere i piloti ed i tecnici della casa di Stoccarda: potenza bruta, ma grosse carenze aerodinamiche rendevano la vettura instabile, tanto che alcuni piloti si rifiutarono di portarla in gara. Lo sviluppo e la messa a punto durarono per tutto il 1969, ed infine la 917, dopo alcune gare con vari problemi, vinse con Jo Siffert e Kurt Ahrens la 1000 chilometri dell’Österreichring iniziando quella stagione di vittorie che renderà il prototipo tedesco una grande icona sportiva. La 917 rappresenta anche la prima macchina che porterà la Porsche alle grandi vittorie internazionali, come il primo successo alla 24 Ore di Le Mans, conquistato nel 1970 dalla vettura della Scuderia Saltzburg pilotata daHans Herrmann e Richard Attwood.
Il motore a 12 cilindri progettato da Hans Mezger aveva inizialmente una cilindrata di 4.5 litri, come tradizione Porsche il raffreddamento era ad aria con una potenza di 520 cavalli. In seguito vennero sviluppate le varie versioni fino al limite dei cinque litri previsti da regolamento e le potenze di oltre 600 cv. Il telaio era una classica struttura in tubi, in alluminio, con due tipi di carrozzerie: la versione K (Kurzheck, codacorta), che garantiva maggiore stabilità al retrotreno e migliorava il raffreddamento del motore, a spese della penetrazione aerodinamica e la versione LH (Langheck, codalunga) per ridurre l’instabilità ad alta velocità e costruita in 5 esemplari, si distingueva per la coda lunga, una bassa resistenza aerodinamica e buona deportanza adatta ai lunghi rettilinei del tracciato francese. In seguito sono state realizzate alcuni modelli particolari, come la 917/20 con il telaio in magnesio e la particolare carrozzeria che venne colorata in rosa soprannominata “pink pig”.
Nel 1970 le Porsche 917 ufficiali vennero date in gestione a Team direttamente seguiti dal reparto corse di Zuffenhausen, come il Gulf di John Wyer, il team Saltzburg, ed il Martini International Racing Team; fu l’avvio di un cammino brillante, che ha segnato la storia del motorsport e del marchio tedesco. Al termine della stagione la Porsche confermò la propria superiorità grazie alla 917 e alla barchetta 908/03, che si aggiudicarono il Campionato Mondiale Marche, ottenendo nove sigilli su dieci sfide, con le vittorie a Daytona, Brands Hatch, Monza, Spa, Le Mans, Nürburgring, Targa Florio, Watkins Glen e Österreichring.
Nel 1971 il prototipo di Zuffenhausen continuò la serie vincente con otto successi su dieci gare ed il Titolo Marche. A Le Mans vinsero Gijs van Lennep e Helmut Marko che, con la 917K del Martini Racing, stabilirono un record battuto solo nel 2010: 222 km/h di velocità media e 5.335 chilometri percorsi, mentre la 917LH a coda lunga stabilì il nuovo primato sul rettilineo Mulsanne, toccando i 387 chilometri orari.
Successivamente fecero la loro comparsa le versioni Spyder, utilizzate nelle prove CanAm e Interserie. Con il nuovo cambio di regolamenti che riducevano le cilindrate della massima categoria a soli 3 litri per il 1972, la Porsche concentrò l’interesse verso il Canadian American Challenge Cup (CanAm) e l’Interserie europea che imitava i regolamenti. Inizialmente i tecnici tedeschi pensarono ad una 917 con il motore a 16 cilindri, derivato da due unità della 908 accoppiate, ma dopo alcuni test venne abbandonata per fare spazio alla nuova tecnologia della sovralimentazione mediante le turbine della KKK applicate al 12 cilindri boxer. Con la 917/10 di ben 1000 cavalli, gestita dal Team americano di Roger Penske, la Porsche dominò la serie 1972, trionfando a Road Atlanta, Mid Ohio, Elkhart Lake, Laguna Seca e Riverside. L’anno dopo, venne la nuova la 917/30 Spyder con il mostruoso propulsore di oltre 1500 cavalli in prova, mentre in gara venivano ridotti a soli 1200, che dominò la serie Can Am con Mark Donohue con una dimostrazione di supremazia così evidente che i regolamenti del campionato CanAm dovettero essere modificati per escluderla dai giochi nella stagione successiva, ma soprattutto per limitare le potenze che rendevano le vetture dei veri mostri molto pericolosi da gestire. L’ultimo record della 917/30 venne conquistato ancora da Mark Donohue: nel 1975 sul superspeedway di Talladega realizzò il record mondiale di velocità media in circuito, 356 Km/h, con punte massime sui rettilinei di 402 Km/h.
Tutti questi esemplari sono in mostra al Museo Porsche di Zuffenhausen, per ricordare quella indimenticabile stagione che ha portato il marchio Porsche sul tetto del mondo sportivo con una successiva ricaduta tecnologica nei modelli di serie e nella produzione di quelle supercar che hanno fatto sognare molti appassionati sportivi del marchio tedesco. “50 Years of the Porsche 917 – Colours of Speed” è anche l’occasione per scoprire la tecnologia dell’epoca e l’universo motoristico degli anni ‘70, aiutati anche da file multimediali e filmati vintage.
Immagini ©Massimo Campi