Storia

Published on Gennaio 2nd, 2019 | by Massimo Campi

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Dalle barchette alle hybrid: venticinque anni di competizioni a ruote coperte

Nel 1994 rinascono le competizioni di durata per vetture a ruote coperte, una storia che dura fino ai giorni nostri.

Il Campionato Mondiale Sport Prototipi, la serie dedicata alle gare di durata, ha vissuto la sua lunga storia dal 1953 al 1992, con vari regolamenti tecnici e sportivi. Le auto che partecipavano alla serie erano le più veloci in assoluto dopo quelle di Formula Uno, e anche a livello di popolarità tra gli appassionati il mondiale non aveva nulla da invidiare alla massima serie. L’unica cosa, è che le gare di durata non hanno mai avuto particolari coperture televisive,a differenza della Formula 1, dove le gare erano decisamente più corte. Nel 1991, però, la FIA impose nuovi regolamenti: macchine da 750 kg con motori aspirati da 3.500cm³. L’intento era di ridurre i costi, ma il risultato fu completamente l’opposto, Infatti questi nuovi motori non erano altro che motori da F1 depotenziati, quindi piuttosto costosi, oltre che inadatti per questo tipo di gare. I prototipi erano ormai delle monoposto carrozzate. Inoltre, le gare erano dei veri e propri gran premi, con distanze sui 430 km, ad eccezione della 24 Ore di Le Mans. L’esiguo numero di iscrizioni in vista della stagione 1993, indusse la FIA a sopprimere definitivamente il campionato, ma gli appassionati, i costruttori, ed i team storici continuavano a richiedere nuovi campionati per le competizioni di durata. Unica inossidabile resisteva la 24 Ore di Le Mans con l’Automobile Club de l’Ouest che riusciva ad organizzare la maratona francese mischiando i prototipi con ex vetture Gruppo C e GT provenienti da vari campionati europei ed americani.

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La serie BPR riporta le GT in gara.

Nel 1993 non esisteva nessuna competizione internazionale di durata per prototipi o GT, solo piccole seria nazionali o gare per vetture simili. Patrick Peter e Stéphane Ratel della Venturi series in Francia con Jürgen Barth della Porsche series tedesca iniziano a discutere di una possibile unione delle due serie, facendo così rinascere un campionato internazionale europeo che comprenda anche il resto del mondo. La serie è iniziata nel 1994 con otto appuntamenti e gare anche in Giappone e Cina, con corse di circa 4 ore di durata. Il parco delle case automobilistiche partecipanti inizialmente era composto da vari tipi di Porsche e Venturi, auto che provenivano da diverse serie terminate in quegli anni e con diversi regolamenti.

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Più tardi si aggiunsero anche vetture come Ferrari F40, Lotus Esprit, Callaway che era una versione elaborata della Chevrolet Corvette. La BPR Global GT Series, chiamata anche BPR Global GT Endurance Series o semplicemente abbreviata in BPR., tra il 1994 e il 1996 ha sostituito il Campionato Mondiale Sportprototipi. L’acronino BPR deriva dal nome dei tre organizzatori: Jürgen Barth, Patrick Peter, e Stéphane Ratel ed è terminata nel 1997 quando è stata sostituita dal Campionato FIA GT. Nel 1995 la serie si espande a dodici appuntamenti e aumenta anche l’interesse con l’entrata di altre scuderie, tra le altre la McLaren F1 GTR, Ferrari F40 GTE, e Jaguar XJ220, e vetture di diversa classe come la Porsche 911 GT2 e De Tomaso Pantera.

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L’interesse dei costruttori per la serie aumenta ancora quando la Porsche lancia le sue 911 GT1. Proprio nel 1996, visto l’interesse mostrato dal pubblico degli appassionati per la serie, la FIA entra in gioco e crea per il 1997 un nuovo campionato, il FIA GT Championship, che venne soppresso nel 2009 e sostituito dal Campionato mondiale FIA GT1. A differenza del regolamento del Campionato mondiale sportprototipi, che vedeva lottare per il titolo vetture da corsa appositamente costruite, la serie BPR utilizzava vetture di produzione (seppur limitata) modificate in auto da corsa.

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I costruttori erano tenuti ad avere costruito una certa quantità di automobili liberamente acquistabili dal pubblico, per ottenere poi l’omologazione di tali veicoli nella classe in cui volevano partecipare. Inizialmente sono state istituite quattro classi (da GT1, la più importante, a GT4), prima di ridurle a due classi nel 1996 (GT1 e GT2). Salendo di classe, sulle auto erano ammesse modifiche sempre più profonde, compreso l’uso di materiali esotici e di parti appositamente costruite. Le squadre erano tenute ad avere due piloti per auto, con ogni conducente tenuto a guidare un tempo minimo stabilito, al fine di ottenere punti. Alcune squadre, se avessero voluto, potevano usare tre piloti per vettura, anche se questa opzione è stato in gran parte utilizzata dalle squadre minori per dare ai gentlemen driver la possibilità di correre nel campionato.

Dal BPR nasce il FIA GT.

Nel 1997, per incrementare l’interesse da parte di case automobilistiche come la Mercedes-Benz, Porsche e Panoz, la FIA prese il controllo della BPR Global GT Series, standardizzando la lunghezza delle gare a 500 km invece delle usuali 4 ore, liberalizzando il regolamento tecnico e lasciando le iniziative commerciali nelle mani di uno dei fondatori della BPR, Stephane Ratel, che ottenne il supporto della emittente Eurosport. Il Campionato FIA GT era gestito dalla Stéphane Ratel Organization (SRO), ed inizialmente era aperto solo alle Gran Turismo derivate da modelli di serie. Il campionato era principalmente concentrato in Europa, ma col passare del tempo ha visitato altri continenti, tra i quali l’Asia. L’ultima edizione venne disputata nel 2009. Prima del 2006, il WTCC ed il FIA GT Championship erano trasmessi da Eurosport, ma l’emittente richiese ad SRO, di accorciare le loro gare da 3 a 2 ore, ricevendo un rifiuto; da quel momento non apparve più sul palinsesto. Ironicamente, dopo un anno SRO decise di abbassare la durata delle gare del FIA GT a 2 ore.

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Il regolamento tecnico del campionato definiva una macchina GT come: “un’automobile aperta o chiusa che disponga di non più di una porta ogni lato ed un minimo di due posti situati uno su ogni lato della linea centro-longitudinale della stessa; questi due sedili devono essere attraversati dallo stesso piano trasversale. Questa automobile deve essere abilitata all’uso, perfettamente legale, su strade aperte ma adattata alle gare in circuito o corsi chiusi”. Un’altra caratteristica è che alla vettura vincitrice veniva assegnata della zavorra che andava ad aumentare il suo peso minimo, rendendola in teoria meno competitiva sul giro in pista nella gara successiva al fine di equiparare le prestazioni e rendere interessanti le competizioni.

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Case automobilistiche come Mercedes-Benz, Porsche, Panoz e McLaren (in collaborazione con BMW) crearono delle nuove “omologazioni speciali”, a tutto vantaggio delle nuove regole, creando delle fuoriserie con una “tiratura” di appena 25 autovetture. Chrysler, Lister e l’inglese Marcos, non considerando l’incremento di prezzo una cosa sostenibile, preferirono spostarsi verso la classe GT2. Questo causò un predominio della Mercedes e le altre case automobilistiche rimaste si ritirarono alla fine della stagione 1998. Rimasta la Chrysler con la Viper che divenisse l’auto da battere, comunque la Porsche 993 GT2 e la Lister Storm correvano ancora garantendo un certo livello nella competizione. Tuttavia, non esistevano classi dove potessero cimentarsi piloti amatoriali, e proprio questo portò alla creazione della N-GT nel 2000. Nella nuova categoria si imposero Porsche e Ferrari, ma i costi contenuti permisero a entrambe le classi di bilanciare le entrate con le uscite. Per incrementare il prestigio del campionato, la SRO aggiunse la 24 Ore di Spa, che divenne la corsa più importante di tutto il Campionato FIA GT. Alla fine della stagione 2004, la FIA rinominò le classi GT1 e GT2, liberalizzando in parte il regolamento della GT1, includendo le “supercar”. Appena emanate queste nuove regole, create per poter far gareggiare la Saleen S7R, il più grande beneficiario di questa proposta fu la Maserati con la sua MC12.

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Venne anche introdotta una sorta di penalità che implicava l’aggiunta di zavorra nella vettura prima classificata durante le qualifiche. Comunque, grazie a questo “sistema di penalità”, la lotta per la vetta della classifica si fece più serrata ed il livello della competizione rimase elevato grazie anche a “gentleman drivers”, alcuni dei quali provenienti dalla Formula Uno. Per il 2010 la SRO decise di sostituire il FIA GT con un campionato mondiale riservato alle sole vetture GT1 (FIA GT1 World Championship) e con un campionato europeo GT2 (FIA GT2 European Championship).

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Quest’ultimo è stato cancellato dalla stessa SRO per via di una “entry list” non soddisfacente (poche vetture iscritte al campionato) e si è disputata solo la 24 Ore di Spa (valevole per il FIA GT2 European Cup). Dalle ceneri del Fia-GT nasce il Blancpain Endurance Series che in breve tempo diventerà il campionato di riferimento per le vetture GT che disputano prove di tre ore e la 24 Ore di Spa-Francorchamps.

In America rinascono le barchette.

La International Motor Sports Association, generalmente abbreviata come IMSA, è una federazione statunitense che disciplina ed organizza competizioni e campionati nell’ambito dell’automobilismo, ha sede a Daytona Beach in Florida negli Stati Uniti. È stata fondata da John Bishop, un ex impiegato del SCCA (Sports Car Club of America), da sua moglie Peggy nel 1969 con l’aiuto di Bill France responsabile NASCAR.  la più importante serie organizzata dall’IMSA è stato il proprio Campionato GT, lanciato ufficialmente nel 1971 e terminato nel 1998, inizialmente era disciplinato da norme FIA ed era riservato a vetture GT (Gruppo 3 e 4) e Turismo (Gruppo 1 e 2), nel 1977 furono introdotte anche le vetture Gruppo 5 sovralimentate denominate GTX.
Nel 1980 l’IMSA introdusse nel regolamento la categoria Gran Turismo Prototipo (GTP), concepita di concerto con gli organizzatori della 24 Ore di Le Mans e riservata alle vetture sport prototipo, con regolamento separato da quello Gran Turismo (GT). Dalla stagione successiva essa diventa la nuova classe di vertice del campionato, con vetture simili a quelle che sarebbero rientrate l’anno seguente nel Gruppo C della FIA, ma senza limitazioni sul consumo di carburante, in quanto Bishop non era d’accordo con il regolamento di quest’ultima, che limitava le prestazioni mediante il controllo dei consumi. Nel 1987, John Bishop che intanto aveva avuto problemi di salute, acconsentì che le regole vennissero modificate per favorire l’ingresso di nuovi Costruttori, a discapito delle squadre private per le quali il campionato era stato originariamente concepito dal suo ideatore, nonostante le sue perplessità sul fatto che tale scelta fosse nociva al campionato in un’ottica a lungo termine. Nel gennaio 1989 ai coniugi Bishop subentrarono Mike Cone e Jeff Parker, organizzatori della gara IMSA di St. Petersburg, in seguito lo stesso John Bishop cedette anche la presidenza dell’IMSA a Mark Raffauf, suo vice e delegato presso l’ACCUS (Automobile Competition Committee for the United States), un ente sportivo riconosciuto dalla FIA. Cone e Parker a loro volta cedettero l’organizzazione a Charles Slater nei primi anni novanta. Tutto ciò condurrà ad un inevitabile declino quando all’inizio degli anni novanta le case automobilistiche giapponesi protagoniste del Campionato, si ritirarono perché afflitte dalla recessione economica del proprio paese, la classe GTP venne soppressa al termine della stagione agonistica 1993. Nel 1994, l’IMSA introdusse un nuovo tipo di vetture per la classe di vertice, le WSC (World Sport Car), barchette con motori derivati da unità di serie, la classe rimase attiva fino al 1998 e verrà sostituita nel 1999 dal nuovo campionato American Le Mans Series organizzato sempre dell’IMSA.

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Proprio in questo campionato rinascono le barchette con le americane Riley & Scott, ma il prototipo più famoso sarà la Ferrari 333SP, una barchetta che segna il ritorno del Cavallino Rampante nelle gare di durata, seppure il coinvolgimento della casa fu limitato alla produzione della vettura con il telaio realizzato dalla Dallara ed il motore derivato dalla futura Ferrari F50, è un 12 cilindri a V, con angolo fra le bancate di 65°, 5 valvole per cilindro e cilindrata di 3997cm³, con una potenza di 650 CV realizzato partendo da quello che equipaggiava la Ferrari F92 A che partecipò al campionato di F1 1992.

In Europa le barchette corrono nell’ISRS.

Nel 1997, seguendo l’esempio degli Stati Uniti, John Mongoletsi, assistito dalla moglie Penny e sua figlia Anna lancia l’International Sports Racing Series (ISRS), un campionato europeo per auto sportive con cockpit aperto. Le vetture, tutte barchette, sono praticamente le stesse che corrono in America, suddivise in due principali categorie; SR1 ed SR2. nella classe principale corrono team come Rafanelli-Riley & Scott, Kremer Racing, Joest Racing, Konrad Motorsport, Racing for Holland, ed alcuni team come il MOMO di Giampiero Moretti, JB Giesse, Lucchini Engineereing con le Ferrari 333SP.

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Il campionato corre spesso negli stessi appuntamenti del Fia-GT. Nel 2001, l’ISRS è stato ribattezzato Campionato FIA Sportscar, ma, di fronte alla impossibilità di trovare regole comuni con la concorrenza degli Stati Uniti e l’emergere della American Le Mans Series nel 1999, la serie continua fino al 2003 per poi confluire nella Le Mans Series.

L’American Le Mans Series diventa la serie mondiale più importante.

L’American Le Mans Series, o ALMS, era il campionato creato nel 1999 da Don Panoz, sotto l’egida dell’IMSA. Le gare si svolgevano esclusivamente in Nord America ed due principali eventi della serie erano la 12 Ore di Sebring, prima gara del campionato che si tiene a marzo, e la Petit Le Mans che si disputava sul circuito di Road Atlanta. Altre gare si tenevano sul circuito di Mid-Ohio, sul circuito di Laguna Seca, sull’Infineon Raceway, sul circuito di Portland, al Lime Rock Park e al Mosport International Raceway. Don Panoz era un imprenditore americano, figlio di Eugenio Panunzio, immigrato negli Stati Uniti da Avezzano (AQ). Eugenio, che accorciò il proprio cognome in Panoz, fu un campione di boxe. Il figlio Don acquistò con la moglie due farmacie a Pittsburg negli anni ’60, da quella attività creò una industria farmaceutica ed una serie di attività fortunate nel campo dei resort di lusso e nella depurazione dell’acqua. Appassionato di vetture sportive, nel 1989 Don Panoz patrocinò la creazione della Panoz Auto Development di suo figlio Dan Panoz. Ben presto con le Panoz hanno corso piloti famosi tra cui Mario Andretti. La American Le mans Series utilizzava nel suo svolgersi il regolamento e le norme emanate, per la 24 Ore di Le Mans, dall’Automobile Club de l’Ouest. Come per la 24 Ore anche in questo campionato corrono, contemporaneamente, diverse classi di vetture affidate a più piloti, l’equipaggio della vettura. Il punteggio viene assegnato gara per gara secondo una classifica che viene redatta sulla base dell’ordine di arrivo delle vetture delle diverse classi. Si hanno quindi più classifiche, oltre all’assoluta che tiene conto dello svolgimento totale della gara. Ogni pilota guadagna dei punti sulla base dei risultati conseguiti nelle sue effettive presenze. A fine stagione il team vincente di ogni classe guadagna un invito a partecipare alla 24 Ore di Le Mans. I team privati, cioè quelle scuderie che non sono diretta emanazione di una Casa, partecipano alla IMSA Cup, oltre che alla conquista dei premi speciali che vengono assegnati nelle diverse gare. Vi erano due tipologie principali di vetture da competizione: gli Sport Prototipi (LMP) e le Gran Turismo (GT), entrambe sono poi divise in due sottoclassi che differiscono tra loro nelle specifiche tecniche. Nel 2009 vista la carenza di iscritti il campionato ammette al via vetture in configurazione challenge GT. Nell’ALMS corrono ben presto i più importanti marchi automobilistici mondiali attirati dal regolamento tecnico, dal pubblico e dalla conseguente pubblicità che arriva dal marcato nordamericano. Audi, Panoz e Porsche (nella LMP2), Ferrari e Porsche nelle GT sono le principali mattatrici delle prime edizioni con campioni come Tom Kristensen, Emanuele Pirro, Dindo Capello, Frank Biela, Alan McNish che vincono molte prove. Nel 2012 a seguito della profonda crisi in cui versa il campionato, orfana quasi del tutto dei prototipi LMP1 Don Panoz cede la proprietà della serie alla famiglia France, che organizzerà un campionato unico ALMS-Grand AM dal 2014.Nel 2013 le due categorie rimarranno divise ma organizzeranno eventi in comune. Nel 2013 si è svolta l’ultima edizione del campionato ALMS che nel 2014 è confluito nel United Sports Car Championship nato dall’unione della American Le Mans Series con il campionato Rolex Sports Car Series, il tutto organizzato dall’IMSA.

In Europa nel 2003 nasce la Le Mans European Series.

L’ACO, vedendo il successo dell’American Le Mans Series, per aiutare le varie scuderie rimaste prive di una serie a livello internazionale, decide di dar vita ad un analogo campionato europeo sulla falsariga dell’ALMS in America. L’obiettivo dell’ACO era quello di creare una serie europea con regolamento analogo a quello in vigore alla 24 Ore di Le Mans, cercando di attrarre anche costruttori ufficiali proponendo gare più lunghe di quelle americane, ma con meno corse in calendario per cercare di contenere i costi.

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La serie è stata promossa nel 2003 sotto il vessillo di LMES – Le Mans Endurance Series, e quell’anno si trattava di un unico appuntamento denominato 1000 km di Le Mans, gara unica lanciata a scopo promozionale prima che la serie vera e propria venisse inaugurata nel 2004.

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Nella stagione 2004 della Le Mans Series sono inseriti quattro eventi: la 1000 km di Monza, la 1000 km del Nürburgring, la 1000 km di Silverstone e la 1000 km di Spa, riscotendo subito successo con gran numero di concorrenti vi ha aderito, rendendo le corse interessanti per il pubblico. Il campionato ancora oggi è quello di riferimento per tutti i team privati e le vetture che corrono in questo campionato sono principalmente di 2 tipi, prototipi e GT, a loro volta suddivise in due categorie in base alle prestazioni velocistiche, perciò vi sono 4 classi differenti di vetture. Nel campionato attuale non sono più ammesse le vetture ufficiali delle classi maggiori (prototipi e GT) che corrono solo nella serie mondiale WEC.

La 24 Ore di Le Mans cambia i suoi regolamenti per adattarsi alle vetture in campo.

Con la fine del Gruppo C, l’ACO permise alle Gran Turismo stradali di competere per la prima volta dopo molti anni, mentre allo stesso tempo realizzò il regolamento tecnico di categoria Le Mans Prototype (LMP). Le automobili hanno continuato ad usare la stessa formula fino al 1992, ma poi l’ACO sostituì le Gruppo C con i Le Mans Prototype nel 1994. Due tipologie di categoria sarebbero stati emanati, con le LMP1 con motori di grande potenza solitamente turbocompressi e le LMP2 con motori derivati dalla produzione di serie di potenza più modesta. Entrambi i regolamenti tecnici prevedevano vetture di tipo sport, cioè con posto di guida aperto. Allo stesso tempo, l’IMSA annunciò la fine delle proprie vetture Gran Turismo Prototipo (GTP), sostituite da nuove sport aperte con regolamento tecnico equivalente a quello LMP1.

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Questa formula continuò fino al 1996, con molti fornitori che abbracciarono il LMP e WSC, includendo Ferrari, Porsche e Mazda. Nel 1997 venne lanciata la prima serie europea LMP, la International Sports Racing Series, con regolamenti simili a quelli LMP1/WSC e LMP2; queste vetture erano chiamate dalla FIA SR1 e SR2. Nel 1999 l’American le Mans Series adotta gli stessi regolamenti tecnici della 24 Ore di Le Mans, fu quindi il primo campionato ad utilizzare il nome di LMP. Allo stesso tempo, l’ACO modificò i propri regolamenti della categoria LMP: la classe più piccola, LMP2, veniva eliminata e sostituita da un nuovo tipo di vetture, le LM-GTP (Le Mans Gran Turismo Prototipo). Queste vetture erano considerati sviluppi di automobili stradali in produzione, sebbene limitatissima, dai grandi contenuti tecnici e prestazionali, come la Toyota GT-One, la Porsche 911 GT1, la Mercedes CLK, mezzi che l’ACO considerava troppo avanzati e veloci per rientrare nella classe Gran Turismo, perciò vennero promosse a prototipi con stesso peso minimo dei LMP di 900 kg. Nel 2000 altri cambiamenti ai regolamenti LMP, poiché l’ACO divise le vetture sport a guida aperta, in due classi: LM-P900 e LM-P675; i numeri denotavano il peso in chilogrammi delle vetture di ciascuna classe. Gli LM-P900 erano più potenti e veloci ma più pesanti e ingombranti; gli LM-P675 più piccoli, agili e lenti. I regolamenti tecnici furono concepiti per consentire a entrambe le classi di competere per la vittoria assoluta.

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Audi, Chrysler, Cadillac e Panoz scesero in campo negli LM-P900, mentre la MG fu l’unico costruttore a schierarsi con un LM-P675. La classe LM-GTP inoltre continuò con Bentley, unica squadra a sviluppare un prototipo chiuso dopo i cambiamenti del 2000. Al di fuori della 24 Ore di Le Mans, i regolamenti tecnici delle sportcars della FIA non erano più simili a quelli LMP: la classe LM-P675 aveva motori più potenti e affidabili rispetto ai prototipi FIA SR2; i prototipi LM-P900 a loro volta divergevano per alcune caratteristiche dagli equivalenti FIA SR1, anche se i motori erano simili. Ne conseguì che le squadre del campionato FIA Sportscar dovettero apportare modifiche alle vetture per poter gareggiare a Le Mans, nella nuova European Le Mans Series o in American Le Mans Series. I team erano però poco propensi a modificare le auto per l’uno o per l’altro campionato, e alla fine entrambe le serie europee furono cancellate per scarso numero di partecipanti; invece le richieste per correre a Le Mans erano sempre numerose e infatti la maggior parte dei team aderì alla normativa ACO. La categoria LM-P675 non venne molto apprezzata, perché i prototipi montavano motori piccoli e senza l’affidabilità necessaria a competere per la vittoria assoluta, anche col vantaggio di un minor peso. La normativa tecnica LM-GTP inoltre fu considerata ridondante, poiché le auto avevano ben poche differenze dagli LM-P900. Quindi i regolamenti furono cambiati in LM-P1 e in LM-P2, con la classe superiore ancora una volta dotata di motori più grandi e potenti. Nell’intenzioni dell’ACO la classe LM-P2 non è più destinata a lottare per i vertici della classifica assoluta nelle corse, ed è consigliata ai privati. Poiché la classe LM-GTP era stata eliminata, sia i LM-P1 che i LM-P2 potevano sino al 2016 essere a guida aperta o chiusa, cioè spyder o coupé. Dal 2017 non sono più ammesse le spyder. Nel 2011, l’ACO ha nuovamente rivisto alcune caratteristiche tecniche dei prototipi; per diminuire prestazioni e consumi, ha introdotto motori di cilindrata inferiore e con minore frazionamento, abbinabili a sistemi per il recupero dell’energia termica in frenata. I propulsori delle precedenti LMP2 sono diventati prerogativa delle nuove LMP1, mentre le nuove LMP2 sono motorizzate con unità derivate dalla serie. A partire dal 2014 FIA e ACO hanno posto maggiormente l’accento sull’efficienza energetica e sui sistemi di recupero dell’energia, in particolare sulle vetture LM-P1. Dal 2015, al posto della Formula le Mans è stata costituita la categoria LM-P3 con unico telaio Oreca e motore Nissan V8, con aerodinamica libera e obbligo di carrozzeria chiusa. Tale categoria, compete nelle serie europea ed Asiatica delle Le Mans Series e nella Michelin Le Mans Cup.

Con il rinnovato successo delle gare di durata nasce nel 2010 la prima serie mondiale.

Per dar vita a una nuova serie nel panorama mondiale delle corse endurance, e colmare un vuoto presente dalla fine del Campionato del mondo sport prototipi, l’ACO nel 2010 lancia l’Intercontinental Le Mans Cup, o più semplicemente ILMC, una coppa intercontinentale articolata su tre gare, ognuna in un continente diverso. Le prove inserite nel campionato 2010 erano la 1000 km di Silverstone in Europa, la Petit Le Mans di Road Atlanta in Nord America e la 1000 km di Zhuhai in Asia che comprendeva corse di durata per vetture Sport Prototipo e Gran Turismo.

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La prima edizione fu vinta dalla Peugeot 908 HDi FAP, prima in tutte e 3 le gare che ripetà la vittoria nella stagione successiva. I Prototipi sono appositamente costruiti per le competizioni e non hanno alcun legame con le vetture di produzione, mentre le Gran Turismo derivano da vetture di serie modificate. A seconda delle classi queste modifiche possono essere molto estese.

Ritorna il Campionato Mondiale nel 2012 con il WEC.

Il FIA World Endurance Championship (WEC), è il campionato mondiale di gare di durata per vetture Sport Prototipo e Gran Turismo, organizzato dall’Automobile Club de l’Ouest e disciplinato dalla Federazione Internazionale dell’Automobile (FIA). Il WEC ha sostituito a partire dal 2012 la precedente Intercontinental Le Mans Cup, Come per il vecchio Mondiale Marche nato nel 1953 e defunto a fine del 1992, anche la prima gara della prima stagione del nuovo mondiale è stata la 12 Ore di Sebring, vinta dall’Audi con Dindo Capello, Tom Kristensen e Allan McNish. Nella serie corrono diverse classi di vetture, dagli Sport Prototipi (LMP) alle vetture Gran Turismo (LM-GTE), basate su automobili derivate dalla produzione di serie. Vengono assegnati i titoli di Campioni del mondo Endurance FIA ai Piloti ed ai Costruttori esclusivamente per la categoria LM-P1 e LM-GTE pro.

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Oltre a ciò, la FIA assegna diversi Trofei Endurance alle migliori squadre delle classi LM-P2, LM-GTE Pro e LM-GTE Am. Il titolo Piloti può essere attribuito a 2 o 3 piloti, componenti del medesimo ed invariato equipaggio durante tutta la stagione. In tutte le gare, ad eccezione della 24 Ore di Le Mans, i punti sono assegnati secondo lo schema seguente ed è valido in ogni classe di vetture: al 1º 25 punti, 2º 18 punti, 3º 15 punti, 4º 12 punti, 5º 10 punti, 6º 8 punti, 7º 6 punti, 8º 4 punti, 9º 2 punti, 10º 1 punto. Gli altri piloti che finiscono la gara prendono 0,5 punti. Solo per la 24 Ore di Le Mans il punteggio viene raddoppiato. In ogni classe, viene attribuito un punto supplementare per la vettura in pole position e per ogni pilota di tale equipaggio.

Da metà degli anni ‘90 ai giorni nostri, a Le Mans è passato il progresso.

Nel 1993, l’ACO creò delle regole proprie per permettere la sopravvivenza della corsa che visse alcuni anni di declino consentendo la gara alle GT stradali pesantemente modificate. Nel 1994, la 24 ore di Le Mans vide la partecipazione di versioni da corsa di supercar stradali come Ferrari F40, McLaren F1, e Jaguar XJ220 ma l’edizione del 1994 venne comunque vinta da una vettura che derivava da un progetto ormai vecchio di 12 anni. Jochen Dauer sfruttò una falla nei regolamenti dell’epoca, che consentiva la costruzione di un singolo esemplare stradale per essere omologato nelle competizioni. Con l’appoggio della Porsche, realizzò la Dauer 962 Le Mans, tramite la quale vinse la gara. La gara del 1995 venne vinta da una McLaren F1GTR, la vettura che stava dominando il BPR Global GT Series. Forte del successo ottenuto da una GT, la Porsche realizzò la nuova 911GT1 che venne portata a le Mans dalla squadra ufficiale nel 1996, con l’intento di riconquistare la maratona francese contro McLaren e Ferrari private. Intanto il Team di Reinhold Joest rileva dalla casa tedesca una barchetta realizzata qualche anno prima per correre in America, ricavata dal nucleo di una Jaguar XJR-14 Gruppo C, modificata dalla Tom Walkinshaw Racing e con la parte meccanica della Porsche 962. Il risultato fu la TWR-Porsche WSC-95, che pur non essendo la più veloce in pista, ottenne la vittoria con Manuel Reuter, Davy Jones ed Alex Wurz quando le più veloci ma fragili GT1 ebbero problemi meccanici. Le Mans a metà degli anni ’90 sta diventando nuovamente importante nel panorama mondiale, nel 1997 lo schieramento tra le vetture top comprende Porsche, McLaren-BMW, Nissan, Lister e Ferrari 333SP, ma è ancora una volta la TWR-Porsche WSC-95  del Team Joest con un trio di campioni composto da Michele Alboreto, Stefan Johansson ed il giovane   Tom Kristensen al debutto che vince nuovamente la gara quando le Porsche GT1 ufficiali vanno in crisi.

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Il 1998 segnò il ritorno delle grandi case, e fu il primo di due anni in cui i produttori di auto furono seriamente coinvolti nella 24 Ore di Le Mans. Le due scuderie più impegnate nel campionato GT della FIA inviarono le loro scuderie ufficiali: la Porsche con due 911 GT1-98 e la Mercedes con due nuove CLK-LM sviluppate appositamente per la gara. La Toyota iscrisse tre delle sue nuove ed estremamente veloci GT-One, la BMW schierò 2 sport aperte denominate V12 LM realizzate dalla WilliamsF1, mentre la Nissan iscrisse 4 delle sue R390 GT1. Anche gli Stati Uniti erano tornati ad essere rappresentati grazie alla scuderia Panoz proprietà del magnate Don Panoz, le sue due vetture erano le GTR-1 spinte da motori Ford. Le due Porsche ufficiali vinsero la gara mentre le più veloci Mercedes, BMW e Toyota si ritirarono per problemi meccanici ed incidenti. Conquistata la vittoria la Porsche non si presentò al via nel 1999 lasciando il campo a Toyota con 3 GT-One aggiornate, Mercedes con 3 CLR, Audi con quattro delle sue R8: 2 R8r aperte e 2 R8c chiuse, Panoz con 2 nuovi prototipi LMP-1), BMW con 2 nuove barchette LMR progettate dalla Williams e Nissan con una R391 ed una Courage C52 con motore Nissan. La più veloce in prova è la Mercedes CLR che sfrutta tutte le norme regolamentari con una aerodinamica molto spinta per sfruttare le alte velocità del tracciato francese. Ma proprio l’aerodimanica sarà il tallone d’achille delle GT tedesche che decollano letteralmente dalla pista e volteggiando in aria in tre occasioni distinte, la più spettacolare delle quali, avvenuta durante la corsa, venne ripresa dalle telecamere. Ancora una volta, non fu l’auto più veloce a vincere, poiché le Toyota GT-One andarono nuovamente incontro a incidenti e problemi meccanici, e la scuderia BMW fu in grado di assicurarsi la vittoria prima della sua entrata in Formula Uno.

Dopo gli incidenti della Mercedes CLR, l’ACO vara nuove regole per le GT1 penalizzandole a vantaggio dei prototipi che guardavano con sempre più interesse alla serie americana. Con l’inizio del terzo millennio l’interesse di alcuni grandi costruttori si stava spostando verso altre competizioni. BMW e Toyota si erano dedicate alla Formula Uno, come Mercedes che forniva i motori per la McLaren, rimaneva l’Audi che si presentava in gran forza nel 2000 a Le Mans con la nuova R8Sport. Il telaio monoscocca in fibra di carbonio, progettato da Wolfgang Appel, è realizzato dalla Dallara. La Audi R8 Sport è dotata di un motore V8 con un angolo tra le bancate di 90°, il monoblocco e le testate sono realizzati in alluminio, la cilindrata è di 3.600 cm³, dispone di due alberi a camme per testata e di 4 valvole per cilindro, è sovralimentato mediante due turbocompressori Garrett, sviluppa ufficialmente una potenza di circa 620 CV (455 kW) a 7.000 giri al minuto, valori contenuti per l’adozione di flange sui condotti di aspirazione e pressione di sovralimentazione limitata a 1,67 bar come imposto dal regolamento tecnico. Dagli USA la Chrysler inviò una scuderia con due auto che usavano il telaio Reynard 2KQ e motori marcati Mopar, la Cadillac (un marchio della General Motors) si presentò con quattro auto spinte dal suo motore “Northstar”, mentre Don Panoz iscrisse nuovamente le sue LMP-1. Le Audi, preparate dalla scuderia Joest Racing, si aggiudicarono i primi posti nelle qualificazioni, e grazie ai seri problemi cui andarono incontro gli avversari, vinsero la gara. Le vittorie Audi continuano per altri due anni, con il trio di piloti composto da Frank Biela, Tom Kristensen ed Emanuele Pirro.

La principale innovazione nella tecnologia Audi arriva nel 2001 quando il motore V8 viene dotato di un inedito sistema di iniezione diretta della benzina denominato FSI, che consente un consumo ridotto, oltre ad una erogazione più lineare della coppia motrice, una tecnologia che avrà immediate ricadute sulle produzioni di serie.

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Nel 2003 dopo tre anni di vittorie, i vertici Volkswagen decidono di puntare tutto sulla Bentley Speed 8, marchio di proprietà del gruppo dal 1998; non vengono schierate delle vetture ufficiali Audi, ma tre Audi R8 clienti affidate a squadre private, che possono solo accontentarsi di finire alle spalle delle due Bentley. La Bentley Speed 8, tornano così alla vittoria dopo 73 anni. I prototipi in versione chiusa sono equipaggiati con l’Audi V8 benzina biturbo, e tra i piloti vincitori vi erano Tom Kristensen e Dindo Capello, pure prestati dalla casa tedesca.

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Nel 2004 e nel 2005 le edizioni sono vinte dall’Audi R8 Sport affidate alle scuderie private Goh e Team Veloqx, nel 2005 confrontandosi con le Pescarolo-Judd dell’ex pilota transalpino, una delle quali guidata anche dal rallista francese, Sébastien Loeb, mentre il danese Tom Kristensen stabilì un record di 6 vittorie consecutive. Tra le innovazioni introdotte dall’Audi in questi anni ci sono anche i nuovi fari con la tecnologia led, che migliorano nettamente l’illuminazione del tracciato nelle ore notturne della gara. Nel 2003 in un contesto caratterizzato da una significativa spinta nello sviluppo dei propulsori a gasolio dovuto alla tecnologia common-rail e da un forte incremento nelle vendite di autovetture di serie con questa motorizzazionela commissione tecnica dell’ACO annunciò l’intenzione di consentire l’utilizzo di motorizzazioni diesel sui prototipi LMP1 impegnati nelle proprie competizioni.

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Nel 2004 la Peugeot è la prima casa automobilistica ad annunciare di volersi cimentare nelle competizioni endurance con un prototipo diesel a partire dal 2007, ma nel 2006 è l’Audi con la nuova R10TDI che inizia la stagione vincendo la 12 ore di Sebring in America. Il motore della R10 è un 12 cilindri a V di 90 gradi di 5.550cm³, il monoblocco e le testate sono realizzate in lega di alluminio, è sovralimentato mediante due turbocompressori Garrett, dispone di 4 valvole per cilindro, l’alimentazione del motore è ad iniezione diretta per mezzo di un sistema common-rail fornito dalla Bosch che spinge il gasolio a pressioni di oltre 1.600 bar, sui collettori di scarico sono posizionati due filtri antiparticolato. La potenza sviluppata è superiore a 650 CV, per un valore di coppia motrice superiore a 1.100 Nm.

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Il terzetto formato da Emanuele Pirro, Frank Biela e Marco Werner conduce alla vittoria l’Audi R10 TDI, prima autovettura dotata di motore diesel a vincere la 24 ore di Le Mans grazie anche al pochissimo tempo trascorso ai box dovuto al basso consumo di gasolio. Questa particolarità sarà in seguito la causa del cambiamento del regolamento, con le differenziazioni della capacità del serbatoio tra le vetture alimentate a gasolio e quelle alimentate a benzina, tuttavia il regolamento era, ed è tuttora favorevole ai diesel permettendo maggior cilindrata, maggior pressione di sovralimentazione e flange più larghe per questi ultimi. Al 2º posto si piazza la Pescarolo condotta da Loeb, Helary e Montagny. Completa il podio l’altra Audi di Capello, Kristensen e McNish.

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Nel 2007, dopo diversi anni di vittorie Audi, al via della maratona francese c’è anche la Peugeot con le sue due 908HDi LMP1. In un finale sotto pioggia battente sono Marco Werner, Emanuele Pirro e Frank Biela a vincere la corsa su Audi R10 TDI; secondo posto per Stéphane Sarrazin, Pedro Lamy, Sébastien Bourdais su Peugeot 908; completano il podio al terzo posto Emmanuel Collard, Jean-Christophe Boullion e Romain Dumas alla guida della Pescarolo-Judd.

Nel 2008 si ripete la sfida Audi-Peugeot per la vittoria, le Peugeot 908 velocissime in prova e in gara vengono però battute dall’Audi R10 dell’equipaggio Tom Kristensen, Rinaldo Capello e Allan McNish che dopo un lungo testa a testa la spunta nelle ore conclusive per meno di un giro.

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Nel 2009 si aggiunge nella classe LMP1 l’Aston-Martin, che partecipa con 3 Lola-Aston Martin B09/60, vetture realizzate su telai Lola e dotate del propulsore a benzina V12 derivato dall’unità motrice della Aston Martin DBR9 di classe GT1. L’Audi corre con 3 nuove Audi R15 TDI ufficiali e con 2 R10 TDI clienti, mentre la Peugeot schiera 3 aggiornate 908 HDi e una clienti. La vittoria dell’edizione 2009 delle 24 Ore va alla Peugeot con l’equipaggio composto da Marc Gené, Alexander Wurz e David Brabham e seconda ancora un’altra Peugeot con Stéphane Sarrazin, Franck Montagny e Sébastien Bourdais.

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La 78ª edizione, disputata nel 2010, la prima della nuova serie intercontinale, ha visto il dominio dell’Audi Sport. Nella categoria principale, la LMP1, la casa di Ingolstadt ha conquistato l’intero podio con i suoi tre team. La vittoria è andata alla Audi R15 TDI guidata da Timo Bernhard-Romain Dumas-Mike Rockenfeller che erano partiti dalla quinta posizione. Subito dietro è giunto l’altro equipaggio dell’Audi Sport Team Joest composto da Fässler-Lotterer-Treluyer, settimo dopo le qualifiche. La terza R15 TDI di Dindo Capello, Tom Kristensen e Allan McNish chiude in terza posizione nonostante un incidente che li ha rallentati nella notte. La R15 TDI vincente ha percorso 397 giri coprendo una distanza di 5.410 km, nuovo record dell’attuale configurazione del circuito e in assoluto la migliore prestazione di percorrenza chilometrica nella storia della 24 Ore di Le Mans. Disfatta completa per la Peugeot. Le vetture francesi si sono alternate al comando per due terzi della gara, ma nelle ultime ore della gara tutti gli equipaggi al volante delle 908 HDI si sono dovuti ritirare per cedimenti di vario genere.

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Anche nell’edizione 2011 la 24 ore di Le Mans verte sulla lotta tra le squadre ufficiali Audi e Peugeot, che schierano ognuna tre equipaggi ufficiali rispettivamente con le nuove Audi R18 TDI e Peugeot 908 (una 908 HDi FAP privata è inoltre schierata dalla Oreca). La gara vede la casa dei quattro anelli ritrovarsi dopo otto ore con una sola vettura in gara, dopo che le R18 TDI numero 3 e 1 con al volante rispettivamente Allan McNish e Mike Rockenfeller sono state costrette al ritiro a causa di violenti incidenti avvenuti durante il doppiaggio di vetture GT. Nonostante ciò l’Audi superstite, la numero 2 guidata da André Lotterer, Marcel Fässler e Benoît Tréluyer, riesce a tenere testa al forcing della squadra Peugeot, vincendo la gara con circa 14 secondi di vantaggio sulla 908 di Sébastien Bourdais, Pedro Lamy e Simon Pagenaud.

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Nel 2012 rinasce il Campionato Mondiale Endurance, ma nella nuova serie WEC non corre la Peugeot, ritiratasi dalle competizioni internazionali per problemi di riorganizzazione aziendale. La grande innovazione regolamentare sta nella possibilità di utilizzo delle motorizzazioni a tecnologia ibrida-elettrica. Il testimone di sfidante dell’Audi passa nelle mani della Toyota ritornata a Le Mans l’esperienza di fine anni novanta. Sia i giapponesi che la Audi sfruttano la possibilità data dal nuovo regolamento, che sulle due Audi R18 E-tron Quattro schierate in corsa permette in certe situazioni stabilite dal regolamento di utilizzare la trazione su tutte e 4 le ruote data la posizione del sistema di propulsione elettrico sull’asse anteriore. L’Audi schiera inoltre due R18 Ultra ufficiali, versione non ibrida della R18 e-tron quattro, mentre la Toyota partecipa con due equipaggi al volante di altrettante TS030 Hybrid. La gara verte sulla sfida tra questi due costruttori, ma la Toyota termina presto la sua avventura, a causa di incidenti ad entrambe le vetture tra cui quello molto violento alla fine del rettilineo delle Hunaudières con una Ferrari 458 GTC di classe GTE-Am che toglie di gara la vettura numero 8 guidata in quel momento da Anthony Davidson. Da quel momento la lotta per la vittoria verte tra le due R18 ibride dell’Audi, libere da ordini di scuderia, con la battaglia che si risolve durante la mattina della domenica, quando la vettura numero 2, con Allan McNish al volante, va a sbattere durante un doppiaggio perdendo poi un giro per le riparazioni nei confronti della vettura numero 1 in quel momento condotta da André Lotterer che va a vincere la gara con i compagni Marcel Fässler e Benoît Tréluyer. È la prima vittoria di una vettura ibrida a quattro ruote motrici nella gara francese ed una indubbia pubblicità per la casa tedesca e per la tecnologia che inizia a diffondersi nelle vetture di serie.

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Nel 2013 la gara è stata vinta per il terzo anno consecutivo da una vettura dell’Audi Sport Team Joest, il cui equipaggio era formato da Tom Kristensen, Loïc Duval e Allan McNish. La gara, disputatasi in condizioni meteo molto mutevoli che hanno provocato vari incidenti e imposto numerosi ingressi delle safety car, è stata tragicamente caratterizzata dalla morte del pilota Allan Simonsen, protagonista di un violento impatto alla curva Tertre Rouge con la sua Aston Martin nelle primissime fasi della gara: estratto dalla vettura, il pilota danese è morto in ospedale.

A partire dal 2014 FIA e ACO hanno posto maggiormente l’accento sull’efficienza energetica e sui sistemi di recupero dell’energia, in particolare sulle vetture LM-P1 Ibride dove entra in vigore un regolamento tecnico basato sul consumo e recupero energetico in un giro della pista francese. Audi, Toyota e Porsche sono pronte a combatte per la vittoria. I giapponesi, leader del mercato mondiale nel settore ibrido, scelgono una tecnologia basata su un motore endotermico a benzina di elevata cilindrata accoppiato ad un motore elettrico sull’asse posteriore, Audi continua con la sua tecnologia accoppiando un motore a gasolio di 6 cilindri con unità elettriche che agiscono sulle ruote anteriori. La più tecnologia è la Porsche che collauda la sua 919 Hybrid da oltre un anno, un prototipo realizzato attorno ad un piccolo motore turbo benzina con unità elettriche e diversi sistemi di recupero energetico, sia in frenata che sfruttando i gas di scarico.

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La 24 ore del 2014 è stata molto combattuta fin dalle prime fasi di gara. Toyota, che partiva come favorita dopo aver dominato le prime due gare da 6 ore del mondiale sui tracciati di Silverstone e Spa, ha confermato le attese ed ha ottenuto la pole position nel venerdì delle qualifiche, seguita dale due Porsche 919 Hybrid e dalle tre Audi R18 E-tron Quattro. Dopo meno di quattro ore di gara, uno scroscio di pioggia battente lungo il rettilineo della Mulsanne causa numerosi incidenti, dove è costretta al ritiro la Audi n. 3 guidata in quel momento da Marco Bonanomi; mentre la Toyota n. 8 incidentata e guidata da Sarrazin è riuscita ad arrivare ai box, ma ormai quando rientra in pista è fuori dalla lotta per la vittoria per via del tempo necessario per tutte le riparazioni. La gara procede su ritmi elevate in tutte le quattro classi fino alla notte, dove poche ore prima dell’alba la Toyota n. 7 che si trovava al commando ha sofferto problem di affidabilità ed è stata ferma 4 giri ai box per la riparazione del motore termico. Dalle prime luci dell’alba è quindi una lotta tra le due sopravvissute Audi e la Porsche n.19. Dopo vari scambi di posizione e variazioni delle strategie da parte di Audi che riesce a prendere il primo posto con la R18 n.2 guidata in quello stint da Andre Lotterer, la R18 n.1 e la Porsche hanno dei problemi al motore ad un’ora e mezza dalla fine. L’Audi riesce a riparare dopo soli 3 giri, mentre Porsche riesce a riparare completamente la sua vettura nell’ultima mezz’ora di gara, mandandola in pista per completare la corsa. Anche nel 2014 è l’Audi ad aggiudicarsi la vittoria della corsa, con la vettura n. 2 guidata da Fassler, Lotterer e Treluyer che ha concluso al primo posto davanti all’Audi n.1 di Di Grassi, Genè e Kristensen davanti a 266.000 spettatori. La Toyota deve accontentarsi del terzo posto.

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Dopo aver passato il 2014 a fare esperienza con la complicata tecnologia nel 2015 alla 24 Ore di Le Mans la Porsche si mette subito in evidenza: Neel Jani con la vettura Nº18 ottiene la pole registrando il nuovo record del circuito, mentre le altre due Porsche, Nº17 e Nº19, occupano la seconda e la terza posizione. In gara la lotta è con i diretti avversari Audi e Toyota ma la casa di Stoccarda fa doppietta con Hülkenberg, Tandy e Bamber davanti a Webber, Bernhard e Hartley vincendo per la diciassettesima volta a Le Mans dopo diciassette anni. L’altra Porsche, guidata da Jani, Dumas e da Lieb conclude la 24 Ore in quinta posizione.Grazie a questa vittoria che vale doppio come punteggio, la Porsche balza in testa al mondiale costruttori endurance con 140 punti davanti ai 124 dell’Audi e ai 71 della Toyota conquistando il titolo a fine stagione.

Le qualifiche della 24 Ore di Le Mans 2016 sono nuovamente dominate dalle Porsche 919 Hybrid, con la numero 2 di Jani che fa la pole in 3.19”733, davanti alla gemella, seguono le Toyota e le Audi in grande difficoltà. In gara le Porsche se la giocano con le Toyota, mentre le Audi non sono mai in gara. Nella serata di sabato la numero 1 con Hartley al volante perde oltre 1 ora ai box per problemi tecnici. La numero 2 in lotta con le Toyota resta in seconda posizione fino alla fine. Ma alla fine la Toyota di Nakajima cede per un problema al turbo nell’ultimo giro e Neel Jani vola al comando vincendo la corsa assieme a Romain Dumas e Marc Lieb, davanti alla Toyota numero 6 e all’Audi numero 8. la Porsche a fine stagione vince nuovamente il campionato, mentre Audi annuncia il ritiro dono 18 anni di vittorie nell’Enduranca.

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L’edizione 2017 ha visto la tripletta di vittorie della Porsche (2015-2016-2017) con la sua 919 Hybrid n.2 guidata da Timo Bernhard, Brendon Hartley e Earl Bamber. La gara è caratterizzata dai numerosi ritiri delle LMP1, solo 2 prototipi arriveranno al traguardo e, anche per i problemi accusati dalla Porsche n.2, fino all’ultima ora di gara è stata in testa la Oreca 07 del team Jackie Chan DC Racing, guidata da Ho-Pin Tung, Thomas Laurent e Oliver Jarvis, una LMP2 con prestazioni molto inferiori rispetto ai prototipi della categoria maggiore, ma con molta più affidabilità  rispetto alle vetture con la tecnologia ibrida.

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Nel 2018 arriva finalmente la vittoria della Toyota con la TS050 numero 8 guidata da Fernando Alonso, Kazuki Nakajima e Sébastien Buemi, anch’esso partito dalla pole position. La classe LMP2 è stata vinta dalla Signatech Alpine, dopo che la G-Drive TDS Racing, arrivando prima, è stata successivamente squalificato. La classe LMGTE Professional è stata vinta dal Porsche GT Team, mentre Dempsey-Proton Racing è stato il vincitore della classe LMGTE Amateur. Il campionato Fia WEC, nella sua attuale formula, è però in crisi: vetture sempre più costose, la crisi derivata dal Dieselgate ha costretto al ritiro prima Audi poi Porsche lasciando alla Toyota il ruolo della protagonista in un deserto. Occorrono nuove regole ed a Le Mans vengono annunciate importanti novità per la stagione 2019-2020.

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L’ultima stagione con il regolamento delle LMP1-Hybrid sarà quella 2019-2020 per poi lasciare il posto alla nuova generazione con nuove Hypercar, sempre con il contorno delle attuali GTE Porsche, Ferrari, Aston Martin, Corvette. i prototipi al top delle classifiche avranno una tecnologia ibrida molto meno sofisticata degli attuali prototipi come la Toyota che hanno rappresentato il massimo della tecnologia nel campo dell’auto.

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La Porsche, dopo avere annunciato il ritiro a fine 2017, ha preparato una versione speciale della sua 919 Hybrid, senza le restrizioni regolamentari imposte. Alexander Hitzinger il progettista della 919 Hybrid, ha affermato che “la tecnologia impiegata è stata quella più avanzata nel mondo del motorsport, e che in una sola vettura del prototipo tedesco è concentrata tutta la tecnica presente nelle 20 monoposto di Formula Uno al via di un Gran Premio”. La speciale versione Evo rappresenta il risultato finale di tutte le evulozioni possibili della vettura, senza dovere incorrere nelle restrizioni tecniche imposte dai regolamenti. La Porsche 919 Hybrid Evo ha girato, nel 2018 con Neel Jani a Spa-Francorchaps, più forte della pole position 2017 fatta da Lewis Hamilton con la sua Mercedes F.1, e la stessa vettura ha fatto il nuovo record sul tracciato del Nurburgring. Il bolide guidato da Timo Bernhard ha frantumato un record nell’Inferno Verde girando lungo 20,8 chilometri della Nordschleife in 5 minuti 19 secondi e 55 centesimi con una velocità media sul giro di 233,8 km/h e la punta massima di 369,4 km/h. 

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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