Published on Febbraio 21st, 2018 | by Massimo Campi
0I miei anni in Autodelta di Gianluigi Picchi
La lunga strada di Gianluigi Picchi verso l’Europeo 1971 con la GTA
Gianluigi Picchi è stato una delle giovani promesse italiane all’inizio degli anni ’70. Il primo campione venuto dai kart, dove ha conquistato gare ed è arrivato secondo nella K250, una categoria tra il kart e le monoposto, spettacolare e molto veloce e formativa. Un titolo mancato solo per problemi di servizio militare, con il veloce pilota di Tivoli costretto a partire e non potere difendere la testa del campionato. Poi la F.3, ed infine l’Alfa Romeo, l’Autodelta, la squadra corse della grande casa del Portello con la conquista del Titolo Europeo Turismo, una vera laurea per un giovane pilota.
Gianluigi Picchi, oltre ad essere una giovane promessa, è stato un pilota quasi anomalo per quegli anni, dove imperversavano i “cavalieri del rischio”, sempre al limite. Picchi invece ha sempre prediletto la preparazione, la messa a punto, le tattiche di gara, la guida al limite ma redditizia, badando sempre più al cronometro, al tempo sul giro, al passo gara, più che alla semplice intuizione ed alle sue innate doti velocistiche di campione.
Sono passati tanti anni da quei tempi, quasi mezzo secolo, e Gianluigi è ancora oggi in pista, a divertirsi, con le vetture storiche, ovviamente Alfa Romeo, quelle della Scuderia del Portello, che guida ancora come se il tempo si fosse fermato a quella fatidica data che ha dato l’addio alle corse. “Bravo Picchi, fai bene, voi piloti siete carne da cannone, goditi la famiglia”, così sentenziò il grande capo, l’ingegnere Chiti quando il pilota di Tivoli gli telefonò per annunciare il suo ritiro. Con una assunzione di responsabilità mischiata al grande senso pratico, Picchi salutava quel mondo che era stato suo, che era stato la sua vita, con la coscienza di voltare pagina.
Passano gli anni, la saggezza fa rivivere i ricordi di quella splendida epoca, una esperienza raccontata in questo libro, da leggere tutto di un fiato, un saggio sull’automobilismo ancora eroico e semplice a cavallo tra gli anni ’60 e’70. “I miei anni in Autodelta”, oltre ad essere un saggio sull’ambiente della squadra corse di Settimo Milanese è il racconto di tante storie d’amore per questo sport. Gianluigi Picchi si dimostra anche una brillante penna, raccontando tutta la sua carriera e tanti aneddoti, sia tra i piloti di monoposto che le battaglie con le ruote coperte. Un libro scritto con un rigore ed una correttezza difficili da trovare, Picchi analizza tanti fatti, i suoi errori, le vittorie, loda gli avversari e quando potrebbe togliersi qualche sassolino dalle scarpe usa un garbo oggi sconosciuto, senza mai citare il nome dell’avversario ma indicandolo in modo quasi impersonale, insomma un vero signore anche fuori dall’abitacolo.
Molto belli i racconti delle piste, dell’atmosfera che si respirava nelle trasferte, dell’essere comunque una famiglia in Autodelta, nonostante le rivalità interne normali trai campioni delle quattro ruote. L’esperienza con le monoposto dell’epoca, la responsabilità di essere un pilota ufficiale, prima Tecno poi dell’Alfa, il dovere vincere per forza, ed il riuscire a farlo nonostante le avversità, gli imprevisti e le incomprensioni. Il ricordo di personaggi unici, come Salvatore Genovese che fa correre nuovamente Picchi dopo il titolo Italiano conquistato con la Tecno, proprio per dimostrare che aveva vinto il pilota e non la macchina, come dicevano i Pederzani!
Nel mezzo della stagione 1970 arriva la telefonata dell’Autodelta, dopo avere vinto una selezione tra i giovani piloti dell’epoca. “A fine 1969 vinsi la selezione tra 25 piloti italiani – racconta Picchi – e nel 1970 fui chiamato dalla Autodelta come pilota ufficiale Alfa Romeo vincendo nel 1971 il Campionato Europeo di quell’anno con la GTA Junior. Venni poi inserito nella squadra prototipi per il Mondiale con la 33/3000 TT nel 1973, ma quell’anno l’Alfa Romeo decise di non partecipare al campionato. Io abbandonai il professionismo ed una promettente carriera nel motor sport. Di tutte quelle esperienze mi rimasto un metodo: non lasciare nulla al caso, la ricerca della perfezione nelle prestazioni e la volontà e la determinazione nel raggiungere i risultati, tutte cose che poi mi sono servite nella vita”.
Gli aneddoti dei box sono il succo di quei leggendari anni, come quando trovarono dei tecnici giapponesi sotto le GTA al Nurburgring – “I vecchi box del ‘Ring si trovavano in un ampio piazzale interno e le vetture venivano lasciate lì per la notte, chiudendo a chiave le serrande di ogni rimessa. Nell’intervallo del pranzo, tuttavia, i meccanici non sempre abbassavano le serrande completamente. Ebbene, il giovedì, tornando dal breve spuntino fatto nel bar insieme con i meccanici, in gruppo ci avvicinammo al secondo box, rialzando la serranda. Sotto la GTAm che era sui cavalletti vedemmo delle gambe, i meccanici le afferrarono e le tirarono. Erano tre ingegneri della fabbrica giapponese che in quella occasione aveva schierato delle vetture con motore rotativo. Stavano fotografando lo slittone della nostra auto. Con loro grande imbarazzo, ma anche con il nostro, furono allontanati piuttosto rudemente dai meccanici e uno dei tre prese anche una pedata per punizione”.
Edito da Drive Experience il libro di Gianluigi Picchi non può mancare nelle librerie di chi è appassionato di motorsport ed ha vissuto le corse di quei fantastici anni, dove le rosse GTA, sempre in sbadata controllata, dominavano sulle piste di mezza Europa; un libro di pilotaggio, passione ed adrenalina, uno spaccato delle competizioni di quegli anni d’oro.