Storia

Published on Gennaio 12th, 2015 | by Massimo Campi

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Ottanta primavere per “furia” Forghieri

Mauro Forghieri compie 80 anni, è stato il progettista delle Ferrari più famose, un uomo che ha progettato la storia dell’automobile da corsa.

Parlare dell’ing. Mauro Forghieri non è facile,  figlio unico di Reclus e Afra Forghieri, nacque a Modena il 13 gennaio 1935. Il padre, tornitore, iniziò a lavorare con Enzo Ferrari, ed in breve divenne uno dei migliori motoristi della squadra corse. Mauro diventò ingegnere meccanico all’Università di Bologna con il progetto di un motore bicilindrico “piatto”. Sognava gli aerei, ma accettò l’offerta di Enzo Ferrari ed entrò a Maranello nel 1960. Venne inserito nell’Ufficio tecnico, sotto la direzione dell’ingegner Carlo Chiti, ma sul finire del 1961, con il licenziamento di Chiti, Giotto Bizzarrini e gli altri dirigenti, toccò a lui il ruolo di Responsabile dell’Ufficio Tecnico. Era una scommessa di Ferrari: affidare ad un giovane con poca esperienza il massimo ruolo tecnico della Ferrari. Forghieri non deluse le aspettative, le vetture, i titoli mondiali di Surtees, Lauda, Scheckter, i mondiali costruttori, le vittorie nel mondiale marche parlano per lui.

Elencare la storia di “furia” Forghieri, come veniva chiamato per il suo carattere, non è semplice, soprattutto per la quantità di aggettivi che si possono impiegare per descrivere la sua inimitabile carriera nel mondo delle corse. Riportiamo invece dei pezzi di una sua intervista, nell’occasione delle presentazione del suo libro sugli anni trascorsi in Ferrari. Storie, aneddoti, l’ingegnere, ma soprattutto l’uomo che è sempre generoso e mai banale mentre elargisce la sua visione, da protagonista indiscusso di tanti avvenimenti che ha vissuto. Invece di parlare di Forghieri è meglio lasciare parlare Forghieri e le sue storie.

 Il mondo delle Corse degli anni ’60 e ’70, un mondo tanto diverso da quello attuale, con campioni, ma soprattutto uomini.

“Negli anni 60 e 70 eravamo abituati ad una vita di poveracci, non c’erano i box come adesso molto attrezzati, si lavorava all’aperto, spesso sotto una tenda, e spesso ci si dava una mano, ci si scambiava le attrezzature. Se avevo bisogno di qualcosa che non avevo con me magari andavo alla Lotus a chiedere e loro me la prestavano, così come noi facevamo con loro .

Era un mondo diverso allora non posso dire se meglio o peggio. I piloti di quando ho iniziato questo mestiere, prima di essere dei campioni erano degli uomini. Ad esempio Graham Hill, anche se non era della Ferrari era un piacere stargli vicino. Era di un’altra squadra, in pista eravamo avversari, ma fuori dalle corse sapeva sempre dare un senso alle cose che faceva. Eravamo al Nurburgring, piccolo albergo, allora c’era poca ricettività, stanze piccole, la sera si mangiava insieme, si stava tutti sempre insieme. Il circuito allora era una strada aperta e con Graham Hill, Jim Clark, Jackie Stewarth, si prendevano le macchine, si orientavano i fari verso terra e via lungo la pista per vedere meglio i dossi e le buche dell’asfalto e memorizzare dove passare il giorno successivo.

Negli anni 70 si lavorava anche la notte, i meccanici erano stanchi, avevano diritto di mangiare un boccone, ma per andare al ristorante si perdeva un mare di tempo, oppure si mangiavano dei panini. La sera spesso si dovevano rimettere le macchine sui camion e le si depositava in qualche garage per andare a mangiare, allora Franco Gozzi in una trasferta mi disse “ma come facciamo le macchine da corsa che vincono e non siamo capaci di dare da mangiare ai meccanici?” Pignatti che era uno dei meccanici storici della Scuderia, andò a comprare un tegame e scaldandolo con la fiamma ossidrica ci facemmo un piatto di spaghetti con un po’ di burro e pomodoro e presto la notizia si sparse nei box ed in breve mangiammo tutti li. Quando tornammo a casa, il commendatore Ferrari che controllava tutto, subito notò che avevamo speso poco per mangiare. Visto il risparmio dalla gara successiva ci permise l’affitto di una roulotte per prepararci un piatto caldo. Con i pochi mezzi riuscivamo a sfamarci e magari offrivamo un piatto di pasta a qualche amico o qualche giornalista …. se ci stava simpatico!”

Gli uomini di Enzo Ferrari 

“Essere un uomo Ferrari voleva dire eseguire i suoi ordini, a volte prendendone direttamente le colpe, nel bene e nel male. Quando ci fu il licenziamento degli otto dirigenti Ferrari, nel 1961, due di loro poi rientrarono: Della Casa e Giberti, venne una vera rivoluzione nelle scuderia. Il ruolo di direttore tecnico venne affidato a me, ero molto giovane, avevo anche paura di non reggere, allora Ferrari chiamò Eugenio Dragoni, uomo molto esperto per darmi una mano dal punto di vista della gestione sportiva. Dragoni veniva da Milano, aveva la Scuderia Sant’Ambreus, e faceva correre tutti i giovani piloti italiani come Patria che poi è morto. Dragoni venne chiamato anche perché aveva parecchie conoscenze e potere nella CSAI di allora. Veniva anche da un censo piuttosto alto, era molto benestante tanto che accettò l’incarico gratis senza pretendere nessun compenso anche se faceva il lavoro nel migliore dei modi. Con l’arrivo di Dragoni si è alzato il livello della Ferrari. Dragoni pian piano cambiò l’immagine della Scuderia Ferrari alle corse e scoprì anche tanti giovani piloti come Scarfiotti, Vaccarella, Bandini, Riscaldi. Dragoni appartiene a pieno titolo alla storia della Ferrari, ha contribuito a cambiare la storia. Sfatiamo una leggenda: a mandare via John Surtees non è stato veramente Dragoni, ma è stato Enzo Ferrari, Dragoni ha solo eseguito degli ordini. Un giorno Ferrari gli ha detto:”liberami di quello lì” e Dragoni ha eseguito gli ordini, ha detto che Surtees non stava molto bene, ha messo un pilota di riserva per farlo innervosire ed alla fine Surtees è scappato via. Dragoni era un uomo della Scuderia Ferrari ed il suo compito era quello di eseguire le volontà di Enzo Ferrari. Anche io delle volte ho dovuto eseguire degli ordini per Ferrari, pur condividendo le sue idee, ma assumendone la responsabilità.

Un giorno vennero di moda i serbatoi di sicurezza, Chiti all’Alfa Romeo ne provò uno e ci fu molta pubblicità sulla stampa, ma erano una bufala. Durante una dimostrazione Francoise Cevert, che amava fare scherzi, buttò dopo la prova un cerino acceso nel serbatoio rotto e tutto prese fuoco dimostrando l’inutilità della soluzione. A fine anno venni invitato ai caschi d’oro di Autosprint e ad una domanda chiarii il fatto che quei serbatoi non erano per niente di sicurezza scatenando le ire di alcuni addetti ai lavori e del costruttore che spingeva molto per l’acquisto. Ma non era stata una mia idea creare polemica, era Ferrari che mi ha detto “quelli mi stanno dando fastidio con quella roba che non serve a niente, pensaci tu a dire le cose come stanno!” per anni poi sono stato preso di mira come uno che non voleva la sicurezza in pista, ma pur essendo uno che ha sempre rispettato le proprie idee quella volta ho eseguito un ordine per Ferrari.”

 Quale è il pilota che avrebbe voluto in squadra come responsabile tecnico?

“tra i tanti piloti che ho visto e conosciuto ce n’è uno che volevo particolarmente: Senna, sicuramente Ayrton Senna. Ho tentato di portarlo alla Ferrari ma non me lo hanno permesso!”

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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