Published on Gennaio 10th, 2015 | by Massimo Campi
0Sessanta anni di Autobianchi
Per molti è stata l’auto del ragionier Fantozzi, ma la Bianchina è stata la piccola utilitaria di lusso del boom economico italiano.
Fiat, Pirelli e Bianchi, è questo il trio industriale che, l’11 gennaio del 1955 da vita ad un’avventura chiamata Autobianchi. L’idea inizia a farsi strada nella mente di dell’ingegnere Ferruccio Quintavalle, il direttore generale della Bianchi, nell’immediato dopoguerra. La “Fabbrica Automobili e Velocipedi Edoardo Bianchi” ha una lunga storia che parte dal 1885. Le biciclette inizialmente sono la specialità della fabbrica lombarda ed anche il campionissimo Fausto Coppi corre con una Bianchi. La fabbrica segue il progresso ed anche le motociclette che escono dalla Bianchi sono dei gran mezzi, ci correva anche Nuvolari, con relativa conquista di vittorie. Poi arriva la seconda guerra mondiale, il coinvolgimento nelle forniture belliche, la difficile riconversione del dopoguerra con l’industria automobilistica che sta crescendo in modo esponenziale per arrivare alla motorizzazione di massa anche nella fascia più bassa della popolazione.
Ferruccio Quintavalle capisce che è il momento di unire le forze, servono i numeri, le catene di montaggio, ma servono investimenti e grandi capitali per l’azienda Bianchi. Convince Giuseppe Bianchi ed assieme coinvolgono Giovanni Agnelli e Leopoldo Pirelli in una operazione che prevedeva lo scorporo della divisione auto della Bianchi e la sua cessione paritetica a Fiat e Pirelli, una ancora di salvezza per l’azienda lombarda. Una operazione in cui ognuno aveva la propria fetta di guadagno: la Bianchi divideva con altri due partner uno sforzo economico che da sola non poteva sostenere per diventare una grande azienda pronta a sfornare nuovi prodotti, la Fiat poteva sperimentare una fascia di mercato diversificata e la Pirelli allargava la quota di fornitura dei suoi pneumatici. Nasceva così l’Autobianchi ed il primo prodotto fu la piccola Bianchina direttamente derivata dalla Fiat 500, una piccola utilitaria popolare, ma con un livello di finiture più curato. Il partner torinese coglieva così l’occasione per fabbricare un modello ausiliario ai propri, ma per clienti animati da voglia di distinzione e anche per garantirsi un banco di sperimentazione per soluzioni alternative, senza avere eventuali ricadute negative sul proprio marchio. inizialmente la società ebbe sede legale a Milano, in Viale Abruzzi n°16, ma in seguito venne trasferita nel neonato Grattacielo Pirelli in Piazza Duca d’Aosta.
La fabbrica era a Desio, dove la Bianchi aveva già una struttura di 140.000 metri quadri. Gli stabilimenti, dopo essere stati migliorati e innovati, anche con un sistema pienamente automatizzato di cabine di verniciatura di estrema modernità per l’epoca, sarebbero entrati in produzione con 200 vetture al giorno.
La Bianchina era nata su base della Fiat 500 di Dante Giacosa, fu ufficialmente presentata il 16 settembre 1957 al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, padrini Gianni Agnelli, Vittorio Valletta, Alberto Pirelli e Giuseppe Bianchi. La nuova carrozzeria, con linee americaneggianti allora molto in voga era stata disegnata dal reparto carrozzerie speciali della Fiat diretto dall’ingegner Luigi Rapi. Si trattava di una berlina convertibile con tetto apribile. L’estetica era più curata rispetto alla popolare vettura torinese con carrozzeria bicolore, cromature nelle fiancate, nei sottoporta, e le coppe delle ruote. Gomme Pirelli a fascia bianca e sbrinatore montati di serie. Prezzo di listino 565.000 lire. Alla versione originale furono rapidamente affiancate la Cabriolet, la familiare Panoramica e la Berlina 4 posti. Nel 1963 arrivò anche la Stellina, una piccola spider con carrozzeria in vetroresina e motore posteriore, che non riscosse però il successo sperato. In dodici anni di produzione sono stati realizzati ben 320.000 Bianchine, a dimostrazione del successo industriale della fabbrica di Desio. “La Bianchina è l’auto della festa, la 500 quella dei giorni di lavoro” come scriveva all’epoca Giovanni Canestrini, il decano dei giornalisti dell’automobile.
L’avventura Autobianchi continuerà fino alla soglia del terzo millennio. Nel 1964 è la volta della Primula con motore Fiat 1100, la prima auto italiana a trazione anteriore. Due anni più tardi arriva la A111 su meccanica Fiat 124 Special. Il grande successo arriva nel 1970 con la A112, la piccola 3 porte a trazione anteriore che verrà venduta fino al 1986 in oltre 1.300.000 esemplari. Le sua erede sarà la Y10, “l’auto che piace alla gente che piace”. Poi il marchio Autobianchi scomparirà dal mercato, nella ristrutturazione dei vari marchi del gruppo Fiat così come lo stabilimento di Desio. Oggi la piccola auto del ragionier Fantozzi, soprattutto nella versione cabrio, è diventato un oggetto di culto ricercato dagli appassionati di auto d’epoca.