Via Montezemolo, arriva Marchionne, sembra questo l’esito di una disastrosa stagione di F.1 per la Ferrari che a Monza ha dimostrato di essere una vettura completamente sbagliata, lenta ed inaffidabile. Una vettura che sulla carta doveva rappresentare la grande riscossa della rossa dopo gli anni di dominio Renault-Red Bull, ed invece si è tramutata in un autentico flop facendo diventare la stagione 2014 tra le più nere della squadra di Maranello.
“Macchina sbagliata, tutto da rifare e nessuna speranza per le restanti gare della stagione”, è questo in sostanza il commento di Fernando Alonso nella conferenza stampa dopo la gara e dopo la cocente delusione del ritiro davanti al pubblico italiano.
La storia della massima formula è di evoluzione tecnica, di cambi regolamentari ma anche di monoposto sbagliate, dei flop che hanno a volte contraddistinto particolari soluzioni tecniche, frutto di intuizioni tecniche rivelatesi nella pratica sbagliate. A volte questi flop sono serviti per evitare altri errori di progettazione ed altre volte si è subito fermata l’evoluzione senza andare alla ricerca di un risultato utile.
Ferrari e Lotus, i due primi flop
La F.1 moderna inizia nella seconda metà degli anni ’60 quando le F.1 passano alla cilindrata di tre litri ed inizia l’era del DFV Cosworth e degli assemblatori inglesi con l’aerodinamica che veste sempre più un ruolo determinante spesso a discapito della pura meccanica. Tra le prime grosse delusioni della storia bisogna ricordare la Ferrari 312B2, figlia della 312B, la prima con il motore 12 cilindri Boxer ideato da Mauro Forghieri. La 312B nel 1970 sfiora il titolo mondiale con Jacky Ickx e Forghieri ma problemi di affidabilità la relegano al secondo posto dietro l’innovativa Lotus 72 di Chapman.
Nel 1971 tutto sembra far pensare ad una pronta riscossa, ma Forghieri idea la 312B2 dotata di un innovativo retrotreno con sospensioni posteriori orizzontali per ridurre le masse non sospese e dare l’assalto a quel titolo iridato che manca da Maranello dal lontano 1964. La Ferrari monta anche le coperture Firestone a profilo ribassato che si dimostrano in pratica molto inferiori alla dirette rivali Good Year. Il tutto si dimostrerà un autentico flop, la 312 B2 vince una sola gara, prima di tornare frettolosamente a sospensioni posteriori tradizionali. Ma anche Colin Chapman viene contagiato dalla mania di nuove idee e cerca di sostituire la veloce e vincente 72 con l’innovativa 56B a turbina e quattro ruote motrici. In pratica monta su un telaio monoscocca un motore a turbina della “Pratt & Withney”, che eroga potenze variabile dai 450 ai 500 CV e lo abbina ad un sistema di trasmissione Ferguson, che assicura la trazione sulle quattro ruote. La Lotus a “turbina”, derivata dall’auto che aveva corso l’anno prima a Indy, debuttai in occasione della Corsa dei Campioni del 1971, gara non valida per il mondiale, nelle mani di Emerson Fittipaldi e verrà successivamente guidata da Reine Wissell e Dave Walker, senza però ottenere risultati di rilievo.
La Tyrrell a sei ruote
È stato uno dei più grossi azzardi e Ken Tyrrell ha insistito per almeno tre stagioni nell’evoluzione della sua creatura a sei ruote. Nata nel 1976, lo scopo di avere sei ruote, di cui ben quattro sterzanti era quello di avere una minore sezione anteriore a tutto guadagno dell’aerodinamica per contrastare la Ferrari che aveva vinto il mondiale ’75 con Lauda. il progettista, Derek Gardner disegna una monoposto innovativa, un ibrido tra una F.1 e una sport carenando integralmente l’avantreno che copre le quattro ruote di piccolo diametro sull’asse anteriore. La sezione frontale è ridottissima, l’ideale per andare forte sul dritto e recuperare con l’aerodinamica il gap di 25/30 CV che manca ai Ford per contrastare la Ferrari.
Inizialmente la P34 convince e vince addirittura una gara, piazzando Jody Scheckter e Patrick Depailler ai primi due posti nel Gran Premio di Svezia del 1976. Poi con lo sviluppo inizia il calvario ed Il rifiuto della Goodyear a sviluppare gomme specifiche per un solo team e il contemporaneo debutto della Lotus 78 ad effetto suolo, condannano di fatto la “seiruote” prima di essere messa definitivamente al bando dalla Federazione.
Wing Car e la caduta della Lotus
Colin Chapman è stato sicuramente uno dei più grandi geni ed innovatori della storia. Le sue soluzioni tecniche come il telaio monoscocca e l’effetto suolo hanno tracciato in modo indelebile l’evoluzione tecnica della F.1, ma spesso lo sviluppo estremo delle sue intuizioni ha portato a dei grossi fallimenti dopo grandi vittorie. Alla fine degli anni ’70 la F.1 cambia forme, nascono le “wing car” e per tutti i progettisti diventa imperativo sviluppare l’effetto suolo per aumentare la deportanza e la tenuta in curva delle monoposto.
L’intuizione è come al solito di Colin Chapman che la porta in gara nel 1977 e nel 1978 vince il mondiale a mani basse con Mario Andretti e la Lotus 78. Tutti attendono la nuova vettura per il 1979 e Colin Chapman presenta la Lotus 80, estremizzando al massimo l’effetto venturi. il musetto della nuova vettura è privo di alettoni, rimpiazzati da due minigonne, le fiancate hanno un andamento sinuoso e al posto dell’ala posteriore c’è un prolungamento della carrozzeria. Sulla carte sembra un’ala di aereo rovesciata ma in pratica non funziona e la Lotus 80 si rivela un autentico fiasco iniziando la lenta caduta della squadra inglese.
La Brabham a sogliola di Gordon Murray
Con i motori turbo e la messa al bando delle wing car si alza ulteriormente il baricentro delle vetture rendendole meno stabili in curva. Accessori del turbo, maggiori masse radianti, devono trovare posto per gestire e raffreddare propulsori che hanno potenze di oltre 1.000 cv. Gordon Murray è un giovane progettista sudafricano, ha grosse intuizioni, come la Brabham con il ventilatore per aumentare l’effetto suolo e nel 1986 progetta la nuova Brabham BT55 soprannominata “sogliola”. Per abbassare drasticamente il baricentro della Brabham BT55, il tecnico sudafricano inclina di 72° sul lato sinistro il 4 cilindri Bmw. Ne deriva una monoposto con un’altezza ridottissima, col pilota che guida con le spalle tangenti alla parte superiore delle fiancate. Sulla carta il progetto è rivoluzionario ma in pratica la ridotta sezione del telaio non consente una adeguata rigidezza. In pratica il telaio della BT55 torce nella parte centrale e la mancanza di un’adeguata rastremazione posteriore la penalizza sul dritto. Gordon Murray si rifarà nel tempo, con il passaggio alla McLaren ed al carbonio. Nel 1988 progetta la MP4/4, una delle migliori Formula 1 di tutti i tempi con il telaio molto basso.
Il doppio fondo della Ferrari
L’aerodinamica prende sempre più importanza nella progettazione delle monoposto e nel 1992 Migeot e Postlethwaite progettano la Ferrari F92A con due fondi piatti: il classico imposto dalla Federazione tra i due assi, più un secondo piano orizzontale montato ad una dozzina di centimetri dal primo per cercare di ripristinare i valori di deportanza dopo l’abolizione dell’effetto suolo da parte della Federazione. In galleria del vento il tutto funziona, ma in pratica il tutto non funziona ed in pista le rosse vengono ampiamente superate dalle Williams che hanno appena ideato le sospensioni attive.
Lo sbaglio di Newey
Da oltre 20 anni il tecnico di riferimento è Adrian Newey, colui che ha progettato tutte le principali monoposto vincenti, passando dalla piccola March, alla Williams con Patrick Head, poi alla McLaren del dopo Murray ed infine alla Red Bull. Ma anche il tecnico inglese ha i suoi scheletri nell’armadio come la McLaren MP4/18 del 2003 dagli ingombri contenutissime dal muso iper profililato. Tanti test, ma la monoposto grigia non va neppure a spingerla, non riesce neppure a superare i crash test previsti e non verrà mai usata in gara.