Di Carlo Baffi
Ad un mese dal suo arrivo a Maranello, Lewis Hamilton è già l’idolo dei ferraristi e monopolizza l’attenzione dei media. Contemporaneamente cresce la curiosità sulla scelta di ingaggiare il 40enne britannico.
La prima foto ufficiale dell’era Hamilton in Ferrari porta la data del 20 gennaio 2025. L’immagine del britannico è stata immortalata al fianco di una F40, la sua supercar preferita e davanti alla casa dove lavorava il patron Enzo Ferrari. Il tutto all’interno del circuito di Fiorano, per la precisione nella piazzetta intitolata a Schumacher. Una concomitanza che pone inevitabilmente a confronto due fenomeni del Circus i cui trascorsi in F.1 si incrociarono tra il 2010 ed 2012 (il britannico sostituì proprio il teutonico in Mercedes). Anche se la missione di entrambi è quella di riportare in auge le sorti della Ferrari, i paralleli sono poco opportuni, perché le epoche e le condizioni sono diverse, così come le loro personalità.
Nel caso di Schumi, il titolo piloti mancava dal 1979 anno in cui lo conquistò il sudafricano Scheckter, mentre ora l’ultima iride in bacheca porta il nome del finnico Raikkonen, anno 2007. Della serie, due lunghi digiuni che è ora d’interrompere. Quando giovedì 16 novembre 1995, Schumi giunse a Maranello in compagnia dell’abile manager Willi Weber, non a caso soprannominato “Mister 20%” e dal nuovo compagno, l’irlandese Eddie Irvine, aveva 26 anni. Vantava due mondiali vinti (il secondo proprio in quell’anno) con la Benetton ed era in piena ascesa, forte anche dell’assenza di Ayrton Senna, scomparso tragicamente nel 1994 ad Imola. La Ferrari però, oltre ad ingaggiare l’astro nascente della F.1, si era assicurata anche tre figure apicali della squadra anglo-trevigiana diretta da Briatore (ovvero Stepney, Brawn e Byrne) per facilitare l’ambientamento di Michael. Un dettaglio molto importante che fa capire come l’allora Presidente Luca di Montezemolo volesse tornare in fretta ai piani alti: ricordiamoci che nel 1993 aveva posto alla guida della Scuderia un severo e meticoloso manager transalpino con un passato da copilota nei rally, Jean Todt.
Hamilton invece approda in Ferrari a 40 anni compiuti il 7 gennaio scorso e la sua carriera è prossima ai titoli di coda. E’ in cerca di rilancio dopo un triennio parco di risultati, complice una Mercedes che non è più la vettura formidabile che gli aveva permesso di conquistare sei mondiali tra il 2014 ed il 2020. A Maranello si ritrova alle prese con una realtà molto diversa rispetto ai team d’oltre Manica in cui ha militato, sia per la mentalità che per l’organizzazione. Oltre al Team Principal Frederic Vasseur che ne fu il mentore nelle categorie addestrative, ci sarà Loic Serra il nuovo direttore tecnico, anch’egli francese, con il quale lavorò a Brackley fino al 2023. All’appello mancherà Adrian Newey, il geniale aerodinamico che inizialmente era stato accostato all’arrivo di Hamilton per costituire un vero e proprio “dream team”, ma che in seguito ha scelto di lasciare la Red Bull per l’Aston Martin. Rispetto a Schumacher a cui fu affiancato Irvine come seconda guida dichiarata, “Sir Lewis” dovrà condividere il box con un osso duro come Charles Leclerc; il 27enne monegasco veste la tuta rossa dal 2019 e non intende affatto ricoprire il ruolo di scudiero. Una situazione che assicura alla Ferrari la miglior coppia di piloti della griglia, ma pure ad alta tensione. Se la prossima monoposto sarà competitiva la rivalità tra i due potrebbe sfociare in una faida interna difficile da gestire. Hamilton è ben conscio di questo rischio e l’esperienza per convivere con piloti agguerriti ed ambiziosi non gli manca. Basti pensare al 2007 quando da rookie lottò in McLaren contro il due volte iridato Alonso dandogli parecchio filo da torcere. E che dire della guerra contro Rosberg in Mercedes? Una volta vinto il titolo, Nico rivelò di esser riuscito a battere Lewis grazie ad uno sforzo massacrante, che lo sfinì al punto da indurlo al ritiro. E’ noto come il britannico triti gli avversari sotto il profilo agonistico e psicologico. Qualcuno potrebbe sottolineare che tutto ciò accadeva in passato e che alla luce delle ultime stagioni Hamilton potrebbe aver perso lo smalto dei tempi d’oro. In effetti negli ultimi tre anni, ha faticato non poco contro George Russell terminatogli due volte davanti in classifica (nel 2022 e ‘24). “Hammertime” però non è affatto bollito e l’ha ribadito con imponendosi l’anno scorso nella sua Silverstone, respingendo gli assalti di un indiavolato Verstappen. Una prova maiuscola dopo grazie alla quale ha rotto un digiuno lungo 945 giorni. Così come è stato autore di una eccellente rimonta a Las Vegas che dal decimo posto gli ha permesso di completare la doppietta Mercedes alle spalle del giovane connazionale.
Per cui se Schumacher era quasi una garanzia, ora è più corretto parlare di una bella scommessa (Hamilton guadagna 50 milioni di Euro a stagione, non un tozzo di pane avrebbe commentato l’Avvocato Agnelli) che andrebbe oltre l’interesse agonistico. Le motivazioni che avrebbero spinto il Presidente Elkann a strappare Hamilton alla Mercedes riguarderebbero anche il marketing. Il brand del Cavallino è uno dei più famosi al mondo e l’abbinamento con il sette volte iridato garantirebbe munifici vantaggi commerciali. Un altro elemento chiave soprattutto in un’epoca in cui imperano i social, una parola che ai tempi di Schumi non era contemplata dai dizionari.
Lo scatto che ritrae il britannico a Maranello ha superato i 5 milioni di “like” su Instagram diventando il post di F.1 più gettonato di sempre sulla celebre piattaforma. Hamilton è una vera e propria star anche in questo settore in cui conta quasi 39 milioni di followers, contro i “soli” 17,2 del Cavallino. Al di là dei successi in pista, “Hammertime” è abilissimo a valorizzare la propria immagine frequentando il jet-set, le sfilate di moda e schierandosi apertamente su tematiche sociali (quando i piloti potevano ancora parlare). Ormai quando varca i cancelli del paddock, è come se partecipasse ad un défilé sfoggiando abiti eccentrici studiati ad hoc per ogni evenienza. Nell’ultimo round del campionato scorso ad Abu Dhabi, s’è presentato con uno sgargiante abito rosso, rammentando a tutti la sua prossima avventura griffata Ferrari, sebbene fosse ancora un portacolori della Mercedes. E che dire di quando nel 2021 arrivò a Zandvoort, nella tana del suo acerrimo rivale olandese Max Verstappen, vestito di orange? E’ un vero proprio fenomeno mediatico, che da tempo ha sapientemente pianificato il proprio futuro soprattutto al di fuori delle competizioni tra fashion e spettacolo. Per la cronaca la Dawn Apollo Films, una sua società, figura tra i producers del film ambientato in F.1 con Brad Pitt, la cui uscita è programmata a giugno.
I vertici Ferrari non sono rimasti insensibili a queste doti che ben si sposano con le strategie di mercato sempre tenute in considerazione. Pensiamo alla recente scelta del cinese Guanyu Zhou come terzo pilota (insieme a Giovinazzi), che conferma l’interesse verso una piazza alquanto appetibile come quella del dragone. Oltre alle esclusive dream-car, la Ferrari alimenta la fama del proprio marchio con un merchandising di lusso che va dai capi di abbigliamento e gioielli ad altri prodotti per idee regalo, che se anche non richiamano direttamente il gusto del racing, sono griffate col mitico Cavallino e questo basta e avanza. Dunque, il business legato all’ingaggio di Hamilton punterebbe in più direzioni ed ha già iniziato a produrre i primi effetti. Il debutto in Rosso del britannico ha catalizzato l’interesse dei media con servizi televisivi e pagine sui giornali di tutto il mondo: spot gratuiti in cui compaiono i vari sponsor presenti su tuta, casco e monoposto. Nulla è stato lasciato al caso grazie ad una regia che ha avuto un anno di tempo per prepararsi, ossia da quando fu annunciato l’ingaggio. I social giocano un ruolo fondamentale con le news che vengono puntualmente diffuse curando i minimi particolari. Per fare un esempio il celeberrimo ritratto primo ritratto di Hamilton nella piazzetta di Fiorano è stato affidato ad Andre D. Wagner, un celebre fotografo new yorkese specializzato nel catturare immagini della vita quotidiana degli afro-americani famosi e non. Nell’osservare attentamente l’immagine qualcuno ha sottolineato la presenza delle 7 finestre rosse (quanti i titoli di Lewis) e la F40, che oltre ad essere la fuoriserie preferita dell’eptacampione ha un numero che riporta all’età del soggetto. Non sono mancate le critiche, arrivate da oltre Mnica. Il “Telegraph” s’è soffermato sul cappotto, il doppiopetto gessato blu e le scarpe scure con suola rossa indossate da Lewis, paragonandolo ad un boss mafioso. Bernie Ecclestone, sempre dal “Telegraph” ha pronosticato un futuro poco felice per il connazionale con una permanenza in rosso inferiore al contratto biennale”. Però come dice il proverbio:” parlarne bene o male non importa, purché se ne parli. Sui media italiani l’effetto Hamilton s’è già tradotto con uno spazio più ampio ed assiduo dedicato alla Ferrari. Quando ha effettuato i primi giri sulla vecchia SF-23 a Fiorano, malgrado pioggia e freddo, sul ponte che dà sul tracciato s’è radunata una moltitudine di supporters fin dalle prime ore del giorno. E Lewis ha contraccambiato l’affetto recandosi sotto la “torcida” omaggiandola con un saluto immortalato da obiettivi e telefonini. Un gesto pregevole al pari del lungo tour tra i reparti della Gestione Sportiva appena giunto a Maranello, in cui ha conosciuto tecnici e meccanici. Un altro bagno di folla è andato in scena il 19 febbraio scorso, quando la nuova SF25 ha percorso i primi passi sulla pista di casa. Il britannico ha girato nel pomeriggio per la gioia del loggione dei ferraristi in delirio. Un rito che si ripete da anni, ma che questa volta aveva qualcosa di speciale. Già la sera prima nel corso del vernissage collettivo del Circus all’Arena A02 di Londra, Sir Lewis ha ricevuto un caloroso abbraccio dal pubblico di casa. C’era molta attesa per vederlo vestito in rosso, una situazione quasi irreale e lui ha colpito tutti con un discorso in cui è nuovamente emersa la sua abilità di comunicatore. Ha confessato di vivere con grande emozione l’inizio di questa sua nuova avventura, aggiungendo di aver già guidato delle Ferrari, ma costruite per gli altri, mentre questa è stata fatta per me e per Charles.” E poi ecco la frase ad effetto:” Non si tratta di vincere l’ottavo titolo, per me sarebbe il primo, il mio primo Mondiale con la Ferrari, vorrebbe dire entrare nella storia di questa squadra”. Ma non solo, parti di questi discorsi sono state pronunciate in italiano, lingua che il britannico si sta sforzando di imparare, a differenza di altri fenomeni arrivati in Italia ricorsi all’interprete. Hamilton ha precisato infatti che ha sempre voluto apprendere un’altra lingua, di volersi integrare nel nostro paese anche se non mancano delle difficoltà, però il frequentare assiduamente lo stabilimento gli permette di fare esercizio continuo. Un modo di presentarsi particolarmente apprezzato sia dai supporters, che dal personale di Maranello e che contribuisce a fare squadra. Un aspetto che lo accomuna a Kaiser Schumi. Entrambi non hanno mai criticato i loro uomini pure nei momenti di debacle. Secondo la loro filosofia, si vince e si perde tutti insieme e questo sposta dalla loro parte gli equilibri nel box. Insomma, gli ingredienti per il successo ci sono e se ciò si materializzasse “Hammertime” e la Rossa riscriverebbero la storia. E’ doveroso usare il condizionale visto che per ora non ha ancora parlato la pista e poi c’è il fattore tempo. Schumacher siglò tre successi nel ’96, sfiorò il titolo nel’ 97 e nel ’98, per centrarlo nel 2000 e da li in poi inanellò il ciclo d’oro sino al 2004. Alonso e Vettel vinsero il primo G.P. al loro 1° anno in rosso, ma il mondiale non lo videro mai. Sir Lewis s’è già sbilanciato affermando che il Cavallino ha tutto per puntare all’iride, idem Leclerc che si sente pronto per lottare al vertice. Non resta quindi che attendere i test collettivi in Bahrain che si terranno dal 26 al 28 febbraio prossimo, che ci forniranno un primo quadro delle forze in campo prima dell’esordio sul cittadino di Melbourne il 16 marzo.