Published on Giugno 22nd, 2024 | by Massimo Campi
0F1 Jarama 1974: la svolta Ferrari!
Di Carlo Baffi
Sulla pista spagnola, grazie ad una perentoria doppietta con Lauda e Regazzoni, il Cavallino centra il primo trionfo del suo nuovo corso che porterà alla rinascita dopo un periodo opaco.
Il 28 aprile 1974 può considerarsi la data ufficiale che suggella l’uscita dal tunnel della Ferrari, per quanto concerne la F.1 della seconda metà degli anni ’60 ed i primi anni ’70. Gli ultimi titoli piloti e costruttori risalivano al 1964 conquistati con la 158 condotta da John Surtees (campione del mondo), Lorenzo Bandini e Ludovico Scarfiotti. Allora la Scuderia era diretta da Eugenio Dragoni, che proprio giovedì 25 aprile (tre giorni prima della corsa iberica) era scomparso improvvisamente a 65 anni durante la “1000 KM” di Monza. Se nelle gare endurance le Rosse erano riuscite a mantenere alto il prestigioso blasone, nella categoria regina erano in piena crisi, incapaci di contrastare l’offensiva delle scuderie d’oltre Manica, quali Lotus Brabham e Tyrrell. Una situazione che non poteva continuare e che indusse sia il grande Enzo Ferrari, che i vertici Fiat (dal 1969 nelle stanze di bottoni di Maranello), a trovare delle soluzioni. Al termine del 1973, anno in cui la Rossa era sprofondata al sesto posto tra i costruttori con solo 12 punti all’attivo e nessuna vittoria e nemmeno un podio all’attivo, ebbe inizio una vera e propria rivoluzione copernicana che interessò piloti e quadri dirigenziali.
Rinnovamento – Il nuovo programma, in cui l’attività si concentrava quasi esclusivamente sulla Formula Uno, prevedeva che al vertice del settore tecnico tornasse Mario Forghieri, mentre nel ruolo di direttore sportivo fu chiamato un giovane avvocato, Luca Cordero di Montezemolo. I piloti Jacky Ickx ed Arturio Merzario non vennero confermati ed al loro posto furono scelti Clay Regazzoni, che vantava un trascorso a Maranello nel triennio ’70-’72 ed il 24enne Niki Lauda. Parliamo di un promettente austriaco messosi in evidenza con la March prima e la B.R.M. poi, che mostrò subito le sue doti di grande collaudatore in grado di trasferire le sensazioni derivate dalla sua sensibilità di guida a tecnici e meccanici.
Parte il mondiale – Dalla mente del vulcanico Forghieri scaturì la 312B3 che nei primi due appuntamenti stagionali salì sul podio. All’esordio, in Argentina fu 2^ con Lauda e 3^ con Regazzoni, che due settimane dopo giunse alle spalle del vincitore Emerson Fittipaldi sulla McLaren. Nel terzo round, in Sudafrica, Lauda ottenne la pole, ma per via di un calo del motore si sarebbe classificato solo 16°, mentre Regazzoni avrebbe alzato bandiera bianca sempre a causa del propulsore. Una battuta d’arresto che smorzava un po’ l’entusiasmo dopo il brillante inizio. Così alla vigilia del Gran Premio di Spagna, 4^ gara stagionale e prima europea, la graduatoria piloti vedeva al comando Regazzoni, ma con un solo punto in più sugli inseguitori, Hulme, Fittipaldi, Reutemann ed Hailwood. Il Cavallino accusava dieci lunghezze di ritardo dalla capolista McLaren ed era quindi d’obbligo una pronta reazione.
Vamos! – Lo scenario era quello del tracciato permanente di Jarama, situato a pochi chilometri da Madrid e che si sviluppava lungo i suoi 3,404 km da percorrere 84 volte per una distanza complessiva di 285 km e 936 metri. Una pista molto impegnativa con curve in successione che rendevano complicati i sorpassi e che non riscuoteva i favori da parte dei piloti. Infatti, nessuno dei lavori richiesti da questi ultimi in occasione delle prove libere delle settimane precedenti era stato stato eseguito. La questione riguardava il fissaggio al terreno dei guard-rail, al fine di evitare che una macchina potesse incastrarsi sotto: mica poco. Dopo le prime libere che videro svettare la Lotus di Ronnie Peterson con le Lauda e Regazzoni alle spalle, l’austriaco piazzò la zampata il sabato siglando la sua seconda pole stagionale col tempo di 1’18”44 alla media di 156,241 km/h. Prestazione che migliorava quella fatta registrare da Peterson il venerdì in virtù della quale Ronnie restava secondo griglia. Terzo era Regazzoni a soli tre decimi dallo svedese, che occupando la seconda fila aumentava le speranze del Cavallino. “Abbiamo raggiunto il primo traguardo – spiegava Montezemolo – adesso speriamo di completare l’opera con una bella e credo meritata vittoria. Se domani in gara avremo quel pizzico di fortuna necessario, nessuno potrà starci davanti, soprattutto se i nostri piloti effettueranno una buona partenza.”
Dunque un sabato targato Ferrari e segnato da parecchie uscite di pista. Ne seppero qualcosa, Vittorio Brambilla (già reduce da un contatto contro le barriere il giorno precedente), complice un guasto ai freni, volava contro il guard-rail distruggendo la sua March, Depailler (Tyrrell), Beltoise (BRM) e François Migault, che alla Curva Ascari dopo una sbandata finì contro un palo con la sua BRM. Nell’urto il suo casco si fracassò, ma fortunatamente il francese riportò solo delle abrasioni sul collo. Senza contare che il venerdì si erano vissuti momenti di paura con Denis Hulme, la cui McLaren investì un commissario di percorso che cercava di segnalare una macchia d’olio. Se la macchina del neozelandese si sfasciava contro le protezioni, l’addetto ai lavori finiva in ospedale con la tibia sinistra fratturata ed un serio trauma cranico. Tra le note positive c’era da sottolineare l’impresa di Merzario, che reduce dal trionfo nella “1000 KM” monzese con l’Alfa Romeo 33 TT in coppia con Andretti, siglò un sorprendente settimo crono piazzando la sua Iso-Ford in quarta fila. Causa una pioggia insistente che flagellò Jarama dalla notte, il via venne ritardato di 25 minuti e Peterson fu lestissimo a prendere la testa. Lauda ostacolava Regazzoni che restava terzo, seguito da Ickx (Lotus), Fittipaldi e Merzario. Dopo una ventina di passaggi l’acquazzone si esaurì e con la pista che andò via via asciugandosi, ebbe inizio il valzer dei cambi gomme destinato a stravolgere la classifica. Fu allora che entrarono in azione i rapidissimi meccanici di Maranello, capaci di sostituire le coperture da bagnato con le slick in tempi record: se per Regazzoni ci misero 52”, per Lauda scesero a 49”. Per contro i concorrenti rivali rimasero fermi per quasi 2 minuti. Al ventesimo giro il capofila Peterson andò ai box, lamentando anche un problema meccanico visibile da un fumo azzurro che usciva dal tubo di scarico di sinistra. Lauda si ritrovò così davanti a tutti e si sarebbe fermato due passaggi dopo insieme a Merzario che occupava la terza piazza. Sarebbe quindi transitato primo Ickx, ma quando cambiò le gomme alla tornata 24, proprio mentre si registrava l’abbandono di Peterson per problemi al motore (mancanza di pressione nel circuito dell’aria) al box Lotus accadde di tutto. Dapprima le pastiglie dei freni restarono attaccate al disco, poi alla ripartenza, un meccanico si scordò la chiave per avvitare il bullone delle ruote, che il pilota seminò per la pit-lane. Ma non è finita: per rimettere in moto l’auto, venne azionato accidentalmente l’estintore automatico che inondò i garages di un odore acre e fastidioso. Della serie, cronaca di una giornata storta culminata col ritiro. Tribolazioni che permisero alla Ferrari n°12 del viennese di balzare al comando, scortato dalla gemella n°11, per la gioia dei tanti ferraristi presenti tra gli oltre settantamila spettatori sulle tribune.
Brivido – Intanto la gara proseguì con le posizioni stabilizzate e con un indomito Merzario che cercava di portare a casa un preziosissimo quarto posto; quasi una rivalsa nei confronti del Cavallino che l’aveva disarcionato. Peccato per lui che alla tornata 38, nell’affrontare la curva che immette sulla salita “Pegaso”, dopo il cedimento dell’ala anteriore, saltò su un cordolo e dopo esser decollato per circa 7-8 metri finì oltre il guard-rail, rimpiombando in mezzo ad un gruppo di giornalisti e fotografi. Un incidente bruttissimo che fortunatamente non ebbe tragiche conseguenze: pilota illeso e alcuni dei presenti leggermente feriti. “Ringrazio Dio per l’aiuto che mi dato” disse il driver comasco una volta fuori dall’abitacolo.
Tripudio – Le fasi finali, con il tandem formato dalle 312B3 al comando, furono vissute con grande trepidazione al box Ferrari. Il timore di un guasto improvviso, o di qualche altro imprevisto rese quei minuti interminabili. Luca di Montezemolo attese l’arrivo dei suoi cavalieri rossi sulla finish line accanto al direttore di gara ed una volta calata la bandiera a scacchi si abbandonò ad un gran balzo di gioia. Lauda trionfò dopo 2 ore e 29” alla media di 142,396 km/h, con Regazzoni a 35” e Fittipaldi (McLaren-Ford) ad un giro. Siglò anche il giro più veloce in 1’20”8 alla tornata 47. Per l’austriaco si trattava della prima vittoria in Formula Uno, un’affermazione importante perché la 50^ del Cavallino nella categoria regina e perché mancava dal G.P. di Germania del 1972. Anche allora fu doppietta: primo Ickx “il conte delle Ardenne”, secondo Regazzoni. Un digiuno lunghissimo per la Scuderia italiana. Niki fu portato in trionfo dai suoi meccanici e dopo la festa, telefonò a Maranello per ringraziare il Commendatore, poche parole così come quelle rivolte ai giornalisti:” Nessun problema, la macchina è andata benissimo.” Più loquace Regazzoni che sottolineò:” Sarei riuscito a prendere il comando in partenza se Lauda non mi avesse involontariamente ostacolato. Comunque – proseguì il ticinese – ho potuto tenere dietro Ickx che sotto la pioggia era l’avversario più pericoloso. Sono contento di aver mantenuto la testa della classifica e ciò mi basta.” Clay era infatti il leader con 16 punti, uno un più di Lauda, 3 su Fittipaldi e 6 su Hulme. La McLaren mantenne il primo posto tra i costruttori, ma la Ferrari si portò a 5 lunghezze. “Siamo la miglior squadra del mondo” dichiarava un euforico Montezemolo e Forghieri, più pragmatico puntualizzava:” Questo è il risultato di sei mesi di continue pazienti prove.” Commossi anche gli ingegneri Caliri e Rocchi. Un lavoro durissimo e certosino che stava dando i suoi frutti. Nel corso dell’anno di materializzarono le vittorie di Lauda a Zandvoort e Regazzoni sul temibile Nurburgring e Niki ottenne altre 7 pole confermando il potenziale della 312B3 che alimentò la sua fame di gloria. Un atteggiamento plausibile per un driver emergente, ma che finì per entrare in rotta di collisione col compagno ben più esperto che confidava di essere la punta del team. Sorse una rivalità scomoda che con i troppi ritiri dovuti ai problemi di gioventù della monoposto finì col favorire l’ascesa di Fittipaldi che contese la corona iridata a Regazzoni fino all’ultimo round negli Stati Uniti. Il 6 ottobre, i due si presentarono a Watkins Glen con 52 punti e dopo i 59 passaggi della corsa, il brasiliano potè festeggiare la conquista del suo secondo titolo mondiale nonostante un sudato quarto posto. Regazzoni invece, visse un fine settimana travagliato conclusosi con un anonimo 11° posto, venendo sopravanzato in graduatoria dal diretto rivale per 3 punti. La McLaren si aggiudicò anche il campionato costruttori precedendo la Ferrari di 8 punti. Un finale amaro per il Cavallino, che però doveva guardare avanti perchè la strada per il riscatto era tracciata. Dominio – Nel 1975, con l’arrivo della nuova Ferrari 312T, la Rossa non ebbe rivali. Lauda conquistò la sua prima iride e arrivò anche il titolo marche. Solo un drammatico incidente al Nurburgring impedì all’austriaco di bissare il trionfo nel ’76 (lo perse di una sola lunghezza a favore di James Hunt), ma l’anno dopo Niki si riprese lo scettro di Re del Circus. Malgrado si trovasse all’apice del dominio, i persistenti contrasti con Enzo Ferrari indussero Lauda ad emigrare alla Brabham-Alfa Romeo di Bernie Ecclestone, ingolosito dal lauto compenso offertogli dallo sponsor Parmalat. La risposta del “Grande Vecchio” non si fece attendere con l’ingaggio del sudafricano Jody Scheckter e di un giovane canadese con trascorsi nelle gare di motoslitte, tale Gilles Villeneuve. Praticamente una scommessa, con cui il Commendatore voleva dimostrare che su una Ferrari competitiva poteva vincere anche un perfetto sconosciuto. Scheckter si laureò iridato nel 1979, mentre Villeneuve fu campione di emozioni infiammando il cuore dei tanti fans diventando un mito indelebile. Il ciclo vincente della serie T si sarebbe esaurito con la 312T4 (del ‘79), il modello successivo denominato 312T5 fu un flop imbarazzante ed avrebbe ceduto il passo alla prima Ferrari Turbo della storia. Era il 1981 ma questa è un’altra storia.