Published on Ottobre 6th, 2023 | by Massimo Campi
0La tragedia di Cevert
Di Carlo Baffi – immagini © Raul Zacchè/Actualfoto
Il 6 ottobre 1973, sul tracciato statunitense di Watkins Glen, l’enfant prodige francese perdeva la vita in un pauroso incidente nel corso delle prove al volante della Tyrrell. Si troncava bruscamente la carriera di un pilota pieno di vita, amante della musica e dello sport, famoso per lo charme e l’aspetto da divo hollywoodiano.
La stagione ‘73 del Campionato Mondiale di Formula Uno sarà ricordata come una delle più cruente della storia. Erano anni in cui la sicurezza presentava parecchie falle sia per quanto concerne le monoposto, che per i tracciati dove le vie di fughe erano ridotte, o addirittura inesistenti, con la vegetazione a ridosso delle barriere. Tra gli incidenti verificatisi durante quell’annata c’è la spaventosa carambola di Silverstone con ben dieci vetture coinvolte in cui fortunatamente nessun pilota perse la vita. L’unico ad avere la peggio fu il triestino Andrea De Adamich rimasto prigioniero delle lamiere per oltre 52 minuti, riportando seri danni agli arti inferiori che lo tennero lontano dalle competizioni per alcuni mesi. Passano solo due settimane e a Zandvoort in Olanda, l’esordiente 25enne Roger Williamson, promessa dell’automobilismo d’oltre Manica, perisce tra le fiamme all’interno della sua March. Drammatici e vani sono i tentativi di salvataggio da parte del suo connazionale David Purley. Un atto di raro coraggio, che purtroppo non trovò la collaborazione del personale di servizio in pista. Purtroppo la lista non era ancora chiusa. L’ennesima tragedia si sarebbe compiuta nel corso dell’ultimo appuntamento in calendario, il Gran Premio degli Stati Uniti. Uno schianto terribile che costerà la vita a François Cevert, di anni 29, compagno e grande amico di Jackie Stewart. Quando il Circus sbarca nell’impianto situato nello stato di New York, il mondiale ha già incoronato il suo Re, è lo scozzese Stewart fresco della sua terza corona conquistata davanti ai due piloti della Lotus, Emerson Fittipaldi (campione uscente) e Ronnie Peterson. Appena dietro, nella classifica piloti, c’è Cevert che occupa la quarta posizione e punta allo status di vice-campione. A differenza di Jackie che ha siglato 5 successi, il francese è giunto una volta terzo e sei volte secondo. Cevert è al suo quarto anno nella massima categoria, in cui aveva debuttato nel 1970 su una March nel Gran Premio d’Olanda. E’ considerato la punta di diamante dell’automobilismo transalpino, nonchè il delfino di Stewart. La prima giornata di prove vede issarsi in vetta Denny Hulme sulla McLaren e Cevert. Sui 5,435 chilometri del “Glen”, che ha iniziato ad ospitare il Circus dal 1961, il francese si trova a suo agio. Ama quei rettilinei veloci ed i curvoni in cui la pista presenta tratti ondulati. E’ una pista da alte medie e tante insidie, con vie di fuga scarse. La mattina del 6 ottobre Cevert è sereno, convinto di poter fare un risultato di rilievo e deciso a riscattarsi dopo il ritiro patito due settimane in prima in Canada a causa di un incidente durante un duello con il giovane sudafricano Jody Scheckter. Nel corpo a corpo, la McLaren è volata sulla Tyrrell ed entrambe sono finite fuori. Per fortuna i piloti sono illesi, ma François è furibondo ed una volta uscito dall’abitacolo seppur claudicante, colpisce il rivale col casco. L’eccessiva esuberanza di Scheckter, colpevole anche di aver innescato la baraonda di Silverstone, era diventata un problema serio per la F.1, al punto che dopo Mosport viene licenziato dalla McLaren. In vista di Watkins Glen, Cevert decide di trascorrere qualche giorno di vacanza alle Bahamas, al Coral Beach Club insieme alla coppia degli Stewart. I medici gli hanno consigliato la sabbia e l’acqua marina per guarire rapidamente il trauma subito alla caviglia. Sono giornate di relax ed alla sera si diletta al pianoforte nella sala da ballo dell’hotel. Intrattiene i clienti con la sonata 8 in C Minore di Beethoven (la sua preferita), deliziando i presenti e soprattutto le signore. Cevert è considerato uno dei piloti più affascinanti del Circus con i suoi occhi azzurri che paiono due fari. Sin da giovanissimo faceva strage di cuori tra le amiche della sorella Jacqueline e più tardi tra le sue tante conquiste figurerà pure la star del cinema Brigitte Bardot. E’ il perfetto stereotipo del driver seducente e la sua continua crescita professionale ne accresce la fama ed il fascino. La frequentazione con Christina de Caraman, la compagna degli ultimi anni (una giovane aristocratica conosciuta nel ’70), gli ha spalancato le porte di un jet-set molto esclusivo, procurandogli alcune critiche della stampa francese. In quel soggiorno balneare sull’Atlantico, François discute con Jackie del proprio futuro rivelandogli di aver ricevuto un’offerta da Enzo Ferrari (si erano fatte avanti anche la Brm e la Shadow). Una chance importante, dal momento che alla Tyrrell vede poche possibilità di emergere. Ovviamente non è a conoscenza che Stewart abbia deciso di appendere il casco al chiodo a fine anno e che Ken Tyrrell, proprietario della scuderia veda in lui l’erede dello “scozzese volante”. Per questo Jackie lo invita a prendere tempo prima di dare l’ok a Maranello. Di li a poco, Stewart e Tyrrell discuteranno dei programmi per il 1974 e del ruolo di prima guida del francese e del suo prossimo compagno. Ma non solo. Da un racconto del tre volte campione, emerge che il venerdì precedente il G.P. degli Stati Uniti, Ken Tyrrell propone a Stewart di concedere a Cevert l’opportunità di vincere la corsa: per il francese si sarebbe trattato della sua seconda affermazione nella massima categoria. La prima l’aveva siglata proprio a Watkins Glen due anni prima sulla Tyrrell. Per Stewart e per qualsiasi altro pilota, rinunciare ad una probabile successo non è certo facile, ma non si rifiuta e chiede al suo patron di ritornare sull’argomento una volta terminate le prove. Come da pronostico le Tyrrell sono competitive. Sono presenti con tre esemplari, perché s’è aggiunta anche quella affidata al neozelandese Chris Amon ormai a fine carriera e reduce da una stagione travagliata. Dopo aver percorso alcune tornate Cevert rientra ai box col quarto crono, il migliore è quello di Ronnie Peterson sulla Lotus. Parla con Tyrrell dicendogli che la vettura è a posto, dopodiché riprende la via della pista pronto a sferrare la stoccata vincente. Percorre quattro passaggi, di cui tre sul tempo di 1’40 ed inizia il quinto giro … quello che malauguratamente non porterà a mai termine. Mancano circa cinque minuti alla bandiera a scacchi ed il transalpino (a detta di alcuni testimoni) affronta la curva 5, alla sommità della salita, quasi un chilometro dopo la finish line, dove si trova la “esse”. La Tyrrell transita ad oltre 200 km/h tenendo la corda a destra del tracciato quando solleva della polvere, un indizio che fa supporre che le ruote siano finite sullo sterrato. L’auto sbanda bruscamente, attraversa la carreggiata in diagonale e s’impenna ruotando intorno al proprio asse piombando sul guard-rail di sinistra quasi capovolta. Ricade strisciando per parecchi metri sulle barriere trasformatesi in lame fino a spezzarsi in due tronconi. Cevert, intrappolato nell’abitacolo non ha scampo e muore sul colpo. La zona circostante della pista è disseminata di detriti e dai resti della vettura s’innesca un principio d’incendio. Ovviamente scattano i soccorsi, ma per lo sfortunato pilota risulteranno inutili. Sono le ore 11:50 locali, le 16:50 in Italia. Una volta giunti sul luogo dello schianto, i colleghi fermano le rispettive monoposto ed accorrono per dare aiuto. I primi sono Schekter, il cognato Beltoise (marito di Jacqueline), Fittipaldi ed Amon: tutti rimangono scioccati davanti all’orribile scenario. Sopraggiunge anche Stewart che alla vista delle bandiere gialle agitate dai commissari di percorso e delle parti carrozzeria blu sparse sull’asfalto intuisce che ad una Tyrrell sia successo qualcosa. Il suo pensiero corre subito ad Amon, forse per la sua fama di pilota estremamente sfortunato, ma quando lo vede camminare a bordo pista realizza che il malcapitato è l’amico fraterno. Una volta constato il dramma, lo scozzese torna ai box sconvolto dove incontra la moglie Hellen e la consorte di Tyrrell, disperate. Jacky Ickx è appena rientrato e piange seduto nell’abitacolo della sua Iso. Sono momenti di estremo dolore, sebbene tutti siano consapevoli dei rischi elevatissimi presenti negli sport motoristici. Eppure i piloti tendono sempre a credere di essere immuni da eventi nefasti, della serie:”…tanto non può toccare a me.” Quasi una forma psicologica di autodifesa. Ken Tyrrell, informato da Scheckter che si trovava dietro a Cevert prima del botto, è distrutto così come Derek Garner, il progettista della monoposto. L’ultimo pilota rimasto ferito in un incidente sulla Tyrrell, risale al 13 settembre 1964: si tratta di John Love nel G.P. di Albi, dove si ruppe un braccio. Intanto ai box regna il caos e ci si interroga sulle cause della sciagura. Si ipotizza che la traiettoria troppo larga che ha portato le ruote a contatto con un leggero rialzo abbia favorito dapprima la digressione e poi il decollo dell’auto. Qualcun altro si chiede se abbia influito il recente problema fisico patito da Cevert dopo il Canada. Mike Hailwood pilota inglese della Surtees rivela:” Prima dell’incidente ho visto la Tyrrell compiere balzi irregolari.” Hulme invece sostiene che dal retrotreno spuntavano alcune fiammelle. Insomma tante ipotesi. L’unico elemento certo riguarda il punto dell’uscita di strada: un tratto molto impegnativo, teatro in passato di altri schianti. Il venerdì era finito fuori Graham Hill:” Se non avessero messo una nuova barriera di protezione in quella curva – spiega l’inglese – l’incidente mi sarebbe costato caro.” Proprio lì nel 1969, il due volte iridato inglese, complice un testacoda venne sbalzato fuori dalla Lotus e si fratturò entrambe le gambe. Le indagini sui motivi della disgrazia sarebbero comunque proseguite ed una volta in patria, Ken Tyrrell incaricherà una società specializzata nella ricerca delle cause dei disastri aerei, di far luce sugli eventi. Tuttavia non emergeranno elementi significativi. A detta dei periti, la velocità elevata del francese avrebbe favorito un probabile sbaglio, ma non si esclude un’eventuale foratura del pneumatico posteriore destro. Circostanza che però non ha una controprova dal momento che la gomma è andata distrutta. La relazione non parlerà nemmeno di guasti meccanici. L’assenza di tracce sulla pista che potrebbero ricondursi ad una frenata, o ad una decelerazione, farebbero pensare che Cevert avesse tutto sotto controllo. Da qui l’impressione che alla base dello schianto ci sia stato l’errore umano.
Ritornando a quei momenti dolorosi, il corpo di Cevert, una volta estratto, viene trasportato nella sede dell’impresa di pompe funebri sita nei pressi dell’autodromo. E la domenica della gara verrà celebrata una messa davanti al box Tyrrell, dove i marinai dell’esercito americano suonano la Marsigliese. La salma sarebbe poi partita alla volta della Francia per i funerali celebrati l’11 ottobre nella chiesa di Saint-Pierre-de-Neuilly, dove verrà eseguita la “Patetica” di Beethoven tanto cara al defunto. Stewart particolarmente scosso dalla perdita di François, decide di non partecipare alla corsa in accordo con Tyrrell che non schiera la terza vettura.” Non so cosa sia avvenuto, se sia trattato di un guasto, o di qualcos’altro. Ho vissuto momenti simili altre volte in passato – spiegherà lo scozzese – ho perso carissimi amici e non è facile superare lo choc.” Da quel giorno, ogni 6 ottobre, Jackie invierà i fiori alla madre di François finché ella sarà in vita e successivamente li farà recapitare sulla tomba dello sfortunato driver. La gara ha luogo in un’atmosfera irreale e vince Peterson davanti a James Hunt (March-Ford), giovane promessa britannica al suo primo anno di F.1. Terzo giunge Carlos Reutemann sulla Brabham-Ford. Nella graduatoria finale dei costruttori, la Tyrrell si piazza seconda dietro alla Lotus. La luminosa carriera del tre volte iridato Stewart si concluse su quel triste palcoscenico con 99 G.P. all’attivo, 27 vittorie, 43 podi e 17 pole. L’avventura di Cevert invece si è interrotta prima, proprio mentre era prossima la grande svolta. Nato a Parigi il 25 febbraio del ’44, François Albert Cevert era cresciuto a Neuilly, un centro situato nella regione dell’Ile-de-France. La sua era una famiglia agiata in cui il padre faceva il gioielliere. Un uomo dall’infanzia difficile, fuggito coi genitori ai primi del ‘900 dalla Russia dei pogrom antisemiti; il suo cognome era Goldenberg. Cevert era invece quello di sua moglie Huguette, madre di François. Durante l’occupazione nazista della Francia, papà Charles entrato nella resistenza, fu costretto a vivere in clandestinità, da qui l’esigenza di registrare all’anagrafe i tre figli con il cognome materno per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi. Fin da piccolo François dimostrò un grande interesse per lo sport come il basket, la ginnastica e lo sci. Non eccelleva negli studi, ma in compenso riusciva sempre a spuntarla negli esami e nelle verifiche. Era molto legato alla sorella, la quale fu proprio lei a trasmettergli la passione per i motori. Si era infatti fidanzata con Jean-Pierre Beltoise, dapprima pilota motociclistico e poi di F.1. All’età di 14 anni François, si divertiva ad elaborare la Vespa della madre e più tardi scorrazzava in sella a cilindrate più potenti. Ancora minorenne, cercò di prendere parte ad una gara motociclistica nei pressi di Parigi, dove venne respinto perché privo dell’autorizzazione dei genitori. Provò a cimentarsi sui kart, ma la passione per le auto lo spinse a seguire un corso a Monthlery e poi la scuola di guida al circuito Bugatti di Le Mans. Animato dal forte spirito per la competizione e dalla voglia di primeggiare, iniziò a bruciare le tappe. Si aggiudicò il prestigioso “Volante Shell” nel ’66 avendo la meglio su Patrick Depailler (un’altra promessa d’oltralpe) e sbarcò in F.3 siglando il suo primo successo a bordo di una Tecno. Due anni dopo era campione nazionale e venne ingaggiato dall’azienda bolognese dei fratelli Pederzani per partecipare al campionato di F.2 in cui s’impose a Reims precedendo un tale… Stewart. Rimase alla Tecno fino al ’70 e grazie alle sue performances esordì in F.1. nel G.P. d’Olanda su una March della scuderia Tyrrell: era il 21 giugno di quel medesimo anno. La sua aggressività gli procurò una ramanzina da Mr. Tyrrell, che però vide in quel giovane notevoli qualità, quelle che gli permisero di arpionare il suo primo punto iridato nel suo sesto round stagionale, in Italia. Così nel Mondiale successivo, il parigino fu piazzato al fianco di Stewart (i due si erano conosciuti durante una gara di F.2 sul circuito londinese di Crystal Palace) ed i risultati non tardarono. Nel 1971, prima di cogliere la sua prima affermazione a Watkins Glen, fu uno dei protagonisti del famoso arrivo al fotofinish di Monza, con cinque monoposto racchiuse in un solo secondo. Cevert arrivò terzo preceduto da Peterson e dal trionfatore Peter Gethin. L’anno successivo non gli avrebbe riservato grandi soddisfazioni per via delle troppe uscite di strada sia al volante dei prototipi Matra, che delle monoposto Tyrrell di F.1. Aveva iniziato bene il ’73, salendo sul secondo gradino del podio in Argentina dietro a Fittipaldi e davanti a Stewart. Avrebbe conseguito altri 5 secondi posti ed un terzo. L’influenza di Jackie si faceva sentire non solo sotto il profilo agonistico, ma anche manageriale. Il francese selezionava attentamente le sue relazioni, utili per il prosieguo della carriera in pista e fuori. Cevert stava maturando, nutriva una grande fiducia in sé stesso e guardava con fiducia al futuro. Ignaro che un destino cinico e baro lo stesse attendendo al varco, alla vigilia del suo 47esimo Gran Premio. In quel tragico sabato, poco prima di scendere in pista, Cevert si rivolse ad uno dei suoi meccanici, un giovane messicano di nome Jo Ramirez destinato a fare tanta strada nel paddock, dicendogli che avrebbe siglato un gran tempo. Sottolineò che guidava la Tyrrell numero 6 col telaio 006, che aveva il motore Ford-Cosworth 66 e che quel giorno di ottobre era il 6. Della serie: si sentiva baciato dalla fortuna. Ma c’è dell’altro. La sua storica fidanzata, Anne Van Malderen meglio nota come “Nanou”, raccontò che all’età di vent’anni aveva accompagnato la madre da una veggente la quale dopo averla fissata le predisse che il suo matrimonio non sarebbe durato perché avrebbe incontrato un ragazzo in riva al mare con bellissimi occhi azzurri e con lui avrebbe vissuto anni felici. Era il 1959, la giovane si sposò ed ebbe un figlio, ma nel ’64 conobbe Cevert a Saint-Tropez e nacque una relazione intensa. Anne supportò la scalata del giovane pilota e condivise tanti sacrifici. Quando François decise di concorrere per il “Volante Shell”, “Nanou” ritornò dall’indovina curiosa di sapere il destino del suo amante. Le mostrò una foto e dopo un lungo silenzio si sentì dire che la prova sarebbe stata superata e seguita da una brillante carriera. Per contro il successo avrebbe separato i due e quel giovane non avrebbe raggiunto il trentesimo anno di età. Incuriosito da quelle parole, il pilota volle conoscere l’autrice di quella sinistra profezia che gli venne ripetuta parola per parola. Cevert sdrammatizzò il tutto, dicendo che prima della fatidica data sarebbe diventato campione del mondo e così sarebbe morto all’apice della gloria. Quando si dice umorismo macabro. Malauguratamente la previsione si avverò pochi mesi prima del 30° compleanno di François. Orfana di Stewart e Cevert, la Tyrrell affrontò il campionato 1974 con l’aggressivo Scheckter e Depailler classificandosi terza tra i costruttori. Da li in avanti però iniziò un lento declino fino al 1998, la sua ultima stagione in F.1. L’impianto di Watkins Glen ospitò il G.P. degli Stati Uniti sino al 1975 ed il G.P. degli Usa Est dal ’76 al 1980, facendo registrare nel 1974 un altro decesso: quello dell’austriaco Helmuth Koinigg. Si trattò dell’ennesimo fatale ed agghiacciante impatto contro le barriere. Il giorno, era ancora il 6 ottobre.