Storia

Published on Maggio 28th, 2023 | by Massimo Campi

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G.P. di Monaco: gli albori

 

Di Carlo Baffi

Sarà un’edizione speciale quella del prossimo Gran Premio di Monaco in programma domenica 28 maggio: la ottantesima. In tanti anni su quel breve circuito ricavato dalle stradine che si snodano tra gli eleganti buildings del Principato si sono scritte pagine importanti della storia dell’automobilismo sportivo entrate nel mito. In quello scenario anacronistico, soprattutto per le monoposto moderne, sono nate leggende ed imprese caratterizzate da colpi di scena tipici di una città stato divenuta la capitale del gioco d’azzardo. Non a caso la prima anomalia riguarda proprio i primordi, perché tutto partì da due ruote mosse da due pedali. Sembra un paradosso se pensiam, ma è così. Il prologo del Gran Premio di Monaco ebbe come prim’attore un club nato il 26 agosto del 1890 composto da 21 appassionati di ciclismo. Trattasi dello “Sport Vélocipédique de la Principalité”, che subito dopo cambierà il nome in “Monegasque Velocipedic Sport” ed il 28 agosto del 1907 muterà nuovamente in “Sport Automobile et Vélocipédique de Monaco”, allargando il proprio raggio al nascente mondo degli autoveicoli. Sotto la presidenza di Alexandre Noghes, spronato a sua volta dal figlio Anthony, classe 1890, responsabile della distribuzione del tabacco a Monte Carlo ed amico del Principe Luigi II, l’attività di questo club iniziò a crescere ed il primo risultato fu l’organizzazione del Rally Automobilistico di Monaco svoltosi dal 21 al 29 gennaio 1911, evento destinato a divenire un classico di questa categoria. La gara toccava parecchie città europee riscuotendo un notevole successo che fece capire ai promoter di puntare sulle automobili sempre più diffuse. Purtroppo lo scoppio del primo conflitto mondiale interruppe gran parte delle attività sportive nel vecchio continente, che ripreseroj dopo il 1918. Un processo evolutivo che interessò anche il sopracitato “Sport Automobile et Vélocipédique de Monaco” che acquisì definitivamente la denominazione attuale di “Automobile Club de Monaco”: era il 29 marzo del 1925. Il passo successivo fu quello di ottenere il riconoscimento dall’Associazione Club Riconosciuti (AIACR), l’organo che sarebbe divenuto la Federazione Internazionale dell’Automobile, la FIA. Incaricato della missione fu Anthony Noghes promosso al ruolo di Commissario Generale, che però si vide respingere la richiesta; sebbene il club monegasco avesse creato parecchie manifestazioni sportive, queste non si erano tenute sul territorio del Principato. Una doccia fredda che però fece scoccare una scintilla nella mente eclettica di Noghes, in cui prese corpo il sogno di dar vita ad un circuito tre le viuzze della città. A prima vista pareva un progetto irrealizzabile complice la conformità del paesaggio coi suoi saliscendi, le carreggiate strette prive di punti di fuga, la presenza di ciottoli sul selciato per non parlare delle rotaie del tram nel tratto tra La Condamine ed il Casinò. Noghes non si perse d’animo e diede il via ai lavori affidati a due esperti quali Jacques Taffe per la parte tecnica e Louis Chiron per quella sportiva in quanto pilota di talento. Restava da risolvere la delicata questione della copertura economica che richiedeva il supporto de “La Societé des Bains de Mer”, la più antica istituzione monegasca fondata nel 1863 avente come maggiore azionista il Principato e che gestiva le svariate attività in campo turistico, dagli hotels ai ristoranti compreso il gioco d’azzardo. I vertici della società furono lungimiranti e fiutando le potenzialità dell’evento accettarono di finanziare il tutto.

Il 18 ottobre 1928, l’ACM ricevette da Parigi l’ammissione come club nazionale e circa sei mesi dopo il Gran Premio di Monaco non era più il miraggio di un visionario, era divenuto realtà. Tra l’altro Noghes fu pure l’inventore della bandiera a scacchi sventolata a fine corsa. Il layout del tracciato si distribuiva su una lunghezza di 3,180 km da percorrere per ben 100 giri. La partenza ed il traguardo erano posti sul Boulevard Albert 1er, si saliva poi lungo la salita del Beau Rivage dopo aver svoltato alla curva di Saint Devote giungendo così alla piazza del Casinò sita dopo la curva del Massenet. Da li cominciava la discesa verso il Mirabeu per affrontare il tornantino della Stazione e la successiva Curva del Portier passando sotto il ponte della ferrovia. Giunti in prossimità del mare si procedeva verso la zona del porto, transitando sotto una galleria la cui uscita era in prossimità di una chicane prima di svoltare a sinistra alla Curva del Tabaccaio. Da li in avanti si dava gas fino al tornante a gomito del Gasometro per lanciarsi verso la finish line. Un circuito che non sarebbe variato molto negli anni a venire. La prima edizione di quella corsa destinata a divenire leggenda andò in scena il 14 aprile del 1929, guarda caso l’anno di nascita di Grace Kelly, la popolare attrice americana che nel ’56 sarebbe convolata a nozze con il Principe Ranieri III diventando la Principessa Grace. Lo schieramento di partenza fu composto con un’estrazione a sorte per le 16 vetture presenti: 8 Bugatti (le più potenti in quel momento), 3 Alfa Romeo, 2 Maserati, una Delage, una Mercedes SSK ed una Corre La Licorne. Il prima fila c’erano tre Bugatti condotte dai transalpini Philippe Étancelin, Christian Dauvergne e Marcel Lehoux. I piloti italiani erano rappresentati dal trio composto da Guglielmo Sandri (Maserati), Goffredo ‘Freddie’ Zehender (Alfa Romeo) e Diego de Sterlich (Maserati). Nella terza piazza della seconda fila figurava il Barone Philippe de Rotschilde membro della popolare dinastia dei banchieri al volante della francese Bugatti. Più arretrato spiccava il nome del teutonico Rudolf Caracciola, un fuoriclasse destinato a mietere trionfi con la Mercedes. Grande assente Chiron, volato negli Stati Uniti per prendere parte alla 17esima 500 Miglia di Indianapolis. La partenza venne data alle 13 e 30 davanti ad oltre 50mila spettatori assiepati in ogni angolo, incuriositi da uno spettacolo inconsueto e palpitante. Le vetture sfrecciavano tra case, palazzi e marciapiedi. La sicurezza? Bella domanda. A bordo pista erano sistemate balle di paglia, sacchi di sabbia e assi di legno. Non mancavano i muretti in cemento, per non parlare dei lampioni posti sulla salita verso il Casinò, o le bitte presenti sulla banchina del porto: non certo un riparo confortante per evitare di finire in mare. Ma a quei tempi i piloti erano dei temerari che pensavano più alla vittoria che al pericolo. A cogliere il successo fu il britannico Charles Frederick William Grover, conosciuto più semplicemente come “Williams”, partito dalla seconda fila che si impose a bordo di una Bugatti 35B. E dire che non avendo potuto prendere parte alle prove ufficiali perché arrivato nel Principato troppo tardi, fece una ricognizione del percorso il sabato all’alba creando un po’ di scompiglio tra i monegaschi. Le prime fasi videro l’assalto di De Sterlich fermatosi poi per incidente e l’azione di Caracciola che dopo esser balzato due volte al comando, venne penalizzato da un cambio forzato di una ruota anteriore che gli fece perdere circa quattro minuti. Un handicap che favorì il successo di Williams, il quale portò a termine la gara in 3 ore 56’ e 11”, davanti al belga Georges Bouriano (Bugatti T35C) ed a Caracciola (Mercedes), staccati rispettivamente di 1’17”8 e 2’22”6. Williams non sarebbe mai entrato nel gotha del motorsport, a differenza di Caracciola, ma è opportuno aprire una breve parentesi sulla sua storia. Nacque a Montrouge nella regione transalpina dell’Ille de France nel 1903, da padre britannico e madre francese. La sua passione per le auto nacque durante il suo soggiorno dove si trasferì con la famiglia dopo il primo conflitto mondiale. Presa la patente esordì nelle competizioni all’insaputa dei familiari in sella alle moto usando per l’appunto lo pseudonimo di “Williams”.

Negli anni seguenti girò per l’Europa come autista di un facoltoso ufficiale e pittore irlandese, Sir William Neweham Montague Orpen, divenuto famoso come ritrattista nella Londra dei primi anni del XX° secolo. La passione per la velocità non si era affatto sopita, così Williams iniziò a cimentarsi sulle quattro ruote, centrando successi importanti come i due nel G.P. di Francia del ’28 e del ’29. Ovviamente l’apice della sua carriera lo toccò a Monaco, a cui seguirono le affermazioni in Belgio nel 1931 e tre volte (1931-32-33) nel Gran Premio di La Baule nella sua Francia. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale pose fine ai momenti felici, durante l’occupazione tedesca del 1940, Williams entrò in clandestinità e divenne una spia della resistenza d’oltralpe insieme al connazionale e collega Robert Benoist. Un’attività decisamente molto più rischiosa rispetto a quella di pilota. Nel settembre del 1943 infatti, venne catturato e torturato dalla Gestapo e dopo la prigionia a Berlino, fu trasferito nel campo di sterminio di Sachsenhausen, dove venne giustiziato il 12 marzo del 1945. La stessa sorte toccò pure a Benoist, impiccato a Buchenwald l’11 settembre 1944. Sempre riguardo a Williams, circolarono voci secondo cui sarebbe sopravvissuto ed arruolato sotto falsa identità dal servizio segreto di Sua Maestà e deceduto nel 1983 dopo esser stato investito da un automobilista in Francia. Una tesi che però fu sempre smentita dal fratello minore. Dunque una vita movimentata con un epilogo drammatico per il primo vincitore del G.P. di Monaco, la cui impresa del 14 aprile non ebbe però un grande risalto da parte della stampa italiana; solo poche righe in prima pagina de “La Gazzetta dello Sport” il martedì successivo. L’interesse era tutto focalizzato sulla terza edizione della Coppa delle Miglia vinta dal duo Campari-Ramponi su Alfa Romeo-Dunlop, davanti alla O.M. di Morandi-Rosa e l’altra Alfa di Varzi-Colombo. Anche se appena nata, la “Freccia Rossa” stava crescendo d’importanza e sarebbe a breve diventata una classica dell’automobilismo sportivo. Ma nel piccolo Principato dei Grimaldi era appena calato il sipario del primo atto di uno spettacolo che dura tutt’oggi ed è ritenuto il Gran Premio più glamour e blasonato della Formula Uno, che richiama appassionati da tutto il mondo.

 

 

 

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Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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