Published on Novembre 20th, 2021 | by Massimo Campi
0Porsche 917, una sigla per tante vetture
La Porsche 917 è nata nel 1969 ed ha vinto gare e campionati fino al 1974 con diversi modelli nati dalla variante del modello base
Con l’abbassamento a 25 esemplari come numero minimo di vetture sport da produrre, nel 1969 in casa Porsche prende definitivamente il via il progetto 917, la vettura destinata ad imporre il marchio tedesco nelle grandi gare di durata. Il 20 aprile 1969 i commissari della Commissione Sportiva Internazionale visionano le vetture nel cortile della fabbrica tedesca, ha così inizio una nuova grande avventura che ben presto avrebbe visto le vetture tedesche rivaleggiare e battere le Ferrari, ma anche dominare il mondo americano, conquistando due titoli mondiali, nel 1970 e 71, la serie Can-Am e l’Interserie.
Il debutto della nuova vettura è poche settimane dopo, a Spa, il 15 maggio, ma non è dei più promettenti. Gerhard Mitter si ritira con una valvola a pezzi. Ritornato ai box, il pilota tedesco si rivolge a Rico Steinemann, il Direttore Sportivo della squadra tedesca e il giudizio sulla 917 è molto negativo: “non sta assolutamente in strada, Geschwur: un’ulcera!” La 917 ha una grande potenza, ma è molto difficile da controllare. Il resto della stagione 1969 è dedicato allo sviluppo della vettura, ma tutto cambia a fine stagione, dopo avere conquistato il primo titolo mondiale con le affidabili 908 di tre litri. La casa tedesca ha speso ingenti capitali, ed i nuovi costi richiesti per sviluppare la 917 non sono più sostenibili. Steinemann allora si accorda con John Wyer e con Grady Davis, il presidente della casa petrolifera Gulf, per creare una nuova struttura che faccia correre le Porsche nelle stagioni successive. Intanto la Porsche guarda il mondo oltreoceano, la vettura è potente e l’importatore americano, che commercia la granturismo tedesche assieme alle Audi, sollecita i vertici tedeschi per avere una 917 in gara nella serie Can Am, il campionato più famoso degli Stati Uniti. Nella Can Am si corre praticamente senza regole, con mostri che montano i V8 Chevrolet con “cilindri grossi come fiaschi” come diceva spesso Enzo Ferrari. La 917 viene realizzata in versione spider ed inviata in America con Jo Siffert. La Porsche 917 PA (Porsche-Audi, dal nome dell’importatore dei marchi) mostra subito i suoi limiti: il 12 cilindri boxer di Stoccarda raggiunge i 580 cv ma è in debito di almeno 150 cv rispetto alla concorrenza McLaren e Lola. La 917 in versione standard, dopo i deludenti risultati a Spa e Le Mans, ottiene la prima vittoria nella 1000 Km di Zeltewg con Siffert/ Ahrens e dopo questa vittoria la Porsche inizia il nuovo lavoro di sviluppo con l’equipe di John Wyer. Da una comparazione tra le due versioni, aperta e chiusa, appare subito evidente che la versione spider utilizzata da Siffert in America è molto più stabile della versione standard a coda lunga. La carrozzeria chiusa, con la coda allungata, è portante alle alte velocità rendendo la vettura inguidabile e pericolosa. Non a caso John Wolfe perde la vita a Le Mans con la sua 917 privata durante i primi giri di gara, ed i piloti ufficiali sono spesso terrorizzati quando devono entrare nell’abitacolo. La 917 nelle mani del team inglese cambia completamente l’aerodinamica, viene accorciata la coda, non è più portante alle alte velocità e diventa quella terribile macchina da guerra che dominerà le corse per due anni, fino a quando i nuovi regolamenti ne impediranno la partecipazione.
Con le nuove modifiche aerodinamiche nasce la 917K (kurtz, corta) ha la coda tronca e lo spoiller posteriore. Il telaio è sempre in traliccio di tubi, il 12 cilindri boxer, inizialmente di 4.5 litri, raffreddato ad aria, ha una potenza inferiore rispetto alla sport di Maranello, la sua diretta concorrente. Però il 12 cilindri di Zuffenhausen ha una gran coppia ed il telaio, seppur meno rigido, si adatta meglio alle piste del tempo, con superfici asfaltate che non sono propriamente dei biliardi. Un altro fattore erano le condizioni atmosferiche: nelle gare di durata degli anni ’70 la variabilità era spesso uno degli elementi da considerare ed il telaio della Porsche, più morbido, ha una tenuta di strada migliore in caso di pioggia ed asfalto umido. La Porsche domina la scena mondiale nel 1970, con la 917K e con la piccola 908 che vince alla Targa Florio ed al Nurburgring. Per la 24 Ore di Le Mans compare la nuova versione a coda lunga, la 917LH ma a vincere sarà nuovamente una 917K, quella di Hans Hermann e Richard Attwood, la più regolare in gara dopo il ritiro delle altre vetture sulla carta più veloci. La 917K viene modificata per il 1971 con l’aggiunta delle due grandi pinne al posteriore per renderla più stabile alle alte velocità.
Nelle gare mondiali la Porsche si impone sulla concorrenza, che veste il blasone del cavallino rampante, ma rimane ancora aperta la questione americana, dove la 917 ha fatto solo magre figure. Ci vuole più potenza per contrastare i potenti V8 americani ed a Zuffenhausen, all’inizio del 1970, si sperimenta un nuovo motore a 16 cilindri costituito da due unità della 908, tre litri, unite assieme e montate sulla 917 Spider. La cilindrata è maggiorata a 7,2 litri, la potenza sale a 850 cv, ma l’unità è difficile da mettere a punto e comunque l’incremento di potenza non è giudicato sufficiente per essere veramente competitivi. In Germania si sperimenta una strada alternativa: la sovralimentazione con il turbocompressore comandato dai gas di scarico. Il 12 cilindri boxer di 4,5 litri viene equipaggiato con due turbine, una per bancata ed il risultato è molto incoraggiante tanto che viene abbandonata la versione a 16 cilindri aspirata.
La 917K con le pinne, gestita dal Team Gulf/Wyer e dalla Martini Racing è la regina del mondiale 1971. Per vedere innovazioni della sport tedesca bisogna aspettare la 24 Ore di Le Mans, con la versione 917LH (Langheck, coda lunga, passo lungo) del 1971, ma anche con la nuova 917/20 una versione sperimentale realizzata in collaborazione con l’azienda francese S.E.R.A., specializzata in studi aerodinamici. La vettura era uno studio in vista di una futura realizzazione per la nuova vettura Can Am ed rappresentava una unione tra la versione K a passo corto e la LH a passo lungo. Più corta della versione a coda lunga, la 917/20 recuperava superficie aerodinamica tramite un allargamento della carrozzeria. Nella coda non c’è lo spoiller della LH ma due pinne ed un nolder pronunciato. Il telaio a traliccio in tubi è realizzato in lega di magnesio, una soluzione altamente pericolosa in caso di incendio. Il motore era il classico 12 cilindri boxer di 4,9 litri, raffreddato ad aria e la configurazione aerodinamica appariva più tozza rispetto alla tradizionale 917, sia in versione K che LH. I tecnici tedeschi decisero di verniciarla di rosa, e sulla carrozzeria furono disegnati i tagli della carne, con tanto di indicazioni del tipo “lombata”, “costolette”, “prosciutto”. Questa caratteristica livrea, unitamente alle forme meno aggraziate, le fecero guadagnare il soprannome di “Der Truffeljäger” (la cercatrice di tartufi), “Maialino rosa”, o “Pink Pig”. Nelle mani di Willy Kauhsen e Reinhold Joest fece registrare il miglior tempo delle prequalifiche della 24 Ore del 1971, ma non riuscì a ripetere l’exploit nel corso delle qualifiche ufficiali, la 917/20 in gara occupò stabilmente le posizioni di testa. Mentre era in sesta posizione, in pieno recupero sulle vetture di testa, un guasto ne interruppe ogni velleità. Dopo questa esperienza il maialino rosa fece il suo ingresso nel museo della casa, ma diverse soluzioni della 917/20 servono come base per le future vetture Can Am.
Intanto a Le Mans nel 1971 vince la 917 n°22 della Martini Racing. La vettura ha una livrea bianca con i colori dello sponsor italiano, carrozzeria in versione “K” corta con le caratteristiche pinne di squalo per stabilizzare aerodinamicamente alle alte velocità. Ha il motore 5 litri, con 600 cv, ma il telaio è il primo speciale realizzato con i tubi in lega di magnesio, come quello della 917/20. È così leggera che per raggiungere il peso minimo di 800 kg vine montato un nuovo serbatoio dell’olio da 55 litri al posto di quello solito da 20 litri. Uscita dal reparto corse di Zuffenhausen il 5 giugno viene testata durante le prove della 24 ore dove percorre 522 km senza nessun inconveniente. Vince la 24 Ore di Le Mans con Gijs Van Lennep ed Helmuth Marko percorrendo 5.335,18 chilometri alla media di 222.3 km/h, due record che rimarranno imbattuti per ben 39 anni. La 917 Martini vince anche “l’index of performance” ovvero il riconoscimento per il minor consumo in rapporto alla cilindrata.
Dopo la fine delle vetture sport di 5 litri nel mondiale, la Porsche indirizza le risorse per la conquista del mercato americano. Nasce la nuova 917/10, basata sul telaio della 917 spider, il 12 cilindri boxer di 5 litri raffreddato ad aria, sovralimentato con il turbocompressore che permette di sviluppare una potenza di 850cv in assetto da gara, e ben 1.200cv in assetto da qualifica, ottenuti con l’aumento della pressione di sovralimentazione. Il telaio è composto da un traliccio in tubi di alluminio e la spider tedesca pesa solamente 767 Kg con un rapporto peso/potenza pari a 0,635 kg/cv. In America nel 1972 viene incaricato il Team Penske per la gestione in pista della belva di Stoccarda. Mark Donohue è il pilota caposquadra, con Gorge Follmer come compagno di squadra. Donohue “Capitan Nice”, come era soprannominato nell’ambiente, era l’uomo destinato allo sviluppo della vettura, Quando gli ingegneri della Porsche gli chiesero se la bastava la potenza rispose: «Sarà abbastanza potente solo quando riuscirò a lasciare i segni degli pneumatici in accelerazione per tutto un rettilineo fatto nella marcia più alta»!
Durante un test all’inizio stagione la 917/10 di Donohue perse il cofano posteriore in piena velocità, lo schianto fu tremendo, Donohue se la cavò con una brutta frattura ad una gamba e dovettero lasciare la sua vettura a Gorge Follmer che vinse il campionato Can Am 1972 vincendo cinque delle nove gare in calendario, e lanciando la Porsche come leader della serie. “Ogni volta che lo vedevo in pista mi sentivo come se stesse andando a letto con mia moglie” commentò così Mark Donohue la vittoria del compagno di squadra. Anche in Europa si corre una categoria analoga a quella americana, l’Interserie, e la Porsche 917/10 è la protagonista con Leo Kunnunen. Nonostante le prestazioni e la grande potenza della 917/10, i tecnici di Stoccarda sono al lavoro per progettare la nuova arma, la 917 turbo definitiva, più potente e più veloce di tutte. Roger Penske ha bisogno di una nuova vettura per arginare i progressi degli avversari attratti dai sostanziosi premi della serie americana. Porsche sa che il mercato oltreoceano è particolarmente ricco per le granturismo, una nuova vittoria nella serie più seguita è un grande veicolo pubblicitario. A Stoccarda i lavori fervono alacremente, la tecnologia non manca ed a novembre del 1972 la nuova Porsche 917/30 muove i primi passi sulla pista di collaudo di Weissach affidata al pilota ingegnere pilota Mark Donohue.
La 917/20, il maialino rosa che ha corso a Le Mans nel 1971, serve come base per la nuova vettura Can Am del 1973. La 917/30 ha un nuovo telaio in lega leggera realizzato con speciali tubi in lega di magnesio. Il motore è il dodici cilindri boxer raffreddato ad aria sovralimentato con due turbocompressori, uno per bancata. La cilindrata varia a seconda delle varie evoluzioni, da 4,5 litri, a 4995 cc ed anche a 5,4 litri. L’albero motore è al cromo molibdeno, cilindri con camicie trattate al Nikasil, uni speciale trattamento superficiale con particelle di nickel e carburo di silicio. Le bielle sono in titanio ed i due turbocompressori della Kuhnle, Kopp & Kaush assicurano la mostruosa potenza in configurazione full power di ben 1.580 cv, ma per garantire l’affidabilità viene limitata a solamente 1300 cv. in qualifica ed i 1100 in gara. Il passo è allungato e l’aerodinamica evoluta con una coda più lunga, mentre viene anche migliorato l’effetto suolo. La vettura pesa 817 Kg e la mostruosa potenza consente di accelerare da 0 a 100 in 1,9 secondi, a 160 in 3,9, a 320 in 10,9. La coppia è impressionante, si parla di 100 kgm a 6.400 giri/minuto ed a scaricarla a terra ci pensa una trasmissione a 4 marce, con frizione multidisco e differenziale autobloccante.
La 917/30 è l’arma definitiva della Porsche in America nel 1973. Le prime due prove stagionali a Monsport Park e Road Atlanta vedono ancora la vittoria della 917/10, rispettivamente con Charlie Kemp e Gorge Follmer, ma dalla terza prova, a Watkins Glen, inizia il dominio della 917/30 “Turbopanzer” di Mark Donuhue che domina tutte le restanti sei prove ed il campionato. A fine stagione le autorità americane cambiano le regole delle vetture Gruppo 7 che corrono nella Can Am, proprio per limitare le prestazioni ed il dominio della casa tedesca. Approfittando della crisi petrolifera vengo imposte delle regole per i consumi e la 917 deve essere depotenziata per potere correre. Nel 1974 la 917/30 fa una sola apparizione con Brian Redman che domina la gara fino a quando non deve vistosamente rallentare per non rimanere a secco ed arriva secondo. La Porsche decide di non correre più in America, le vittorie sono state ampiamente sufficienti ad affermare il marchio di Stoccarda oltreoceano, rimane comunque la Interserie europea dove può ancora correre la 917/30. Già nel 1973 la 917/30 fa la sua apparizione nelle gare del vecchio continente conquistando una vittoria ad Hockenheim e dimostrando di essere più veloce delle 917/10 che corrono nella serie.
Dotata del motore di 4.494 cc biturbo, la 917/30 con i colori ufficiali Porsche e livrea Martini Racing, viene affidata ad Herbert Muller per correre nella Interserie. Il motore limitato dalle nuove regole per le vetture Gr.7 eroga solamente 850 cv a 8.000 giri/min. con una coppia di 84.9 Kgm a 6.600 giri/min. il pilota svizzero ottiene un secondo posto a Silverstone, ed a Kassen Calden. Vince al Nurburgring ed a Casale Monferrato. Nell’ultima gara del campionato la 917/30 ufficiale ottiene la vittoria con Leo Kinnuen ad Hockenheim. Con il punteggio ottenuto, e la vittoria del finlandese, Herbert Muller riesce a vincere il Campionato Interserie 1974, con un solo punto di vantaggio sulla McLaren M20-3 di Helmut Kelleners che monda il V8 Chevrolet aspirato di 8.3 litri. Muller ha partecipato solo a cinque delle sei prove in calendario, ed il titolo sarà l’ultimo per la fantastica 917/30. La potente spider Porsche fa la sua ultima apparizione in aprile del 1975 conquistando la vittoria ad Hochenheim, sempre pilotata da Herbert Muller .
La Porsche 917, nata nel 1969, con il suo 12 cilindri boxer raffreddato ad aria di 4,5 litri, in cinque anni si è evoluta in varie versioni. La cilindrata è arrivata a 5,4 litri e la potenza si è praticamente triplicata con la tecnologia turbo. Della vettura iniziale rimane la tecnologia di base, il motore ed il telaio sempre a traliccio di tubi, anche se l’aerodinamica ha subito uno sviluppo notevole per reggere le prestazioni sempre più mostruose. L’ultimo acuto della favolosa storia 917 nella versione “Turbopanzer” si svolge nuovamente in America, con “Capitan Nice” alla guida. Nel 1975 scende in pista in versione “full power” sul superspeedway di Talladega e conquista il record mondiale di velocità media in circuito. La 917/30 vola a 356 Km/h di media con punte massime sui rettilinei di 402 Km/h, un record tuttora imbattuto sulla celebre pista dell’Alabama. È l’atto finale della 917, una vettura che ha segnato indelebilmente le storia del motorsport. La Porsche è pronta a nuove sfide e la tecnologia accumulata con la 917 sarà fondamentale per le nuove vetture di Stoccarda, sia quella da competizione che le nuove vetture stradali, con il debutto della 911 Turbo, la prima Granturismo sovralimentata in commercio.
Immagini © Massimo Campi