Di Carlo Baffi
E’ triestino di nascita, ma milanese di adozione. Andrea De Adamich è stato uno dei piloti italiani di maggior risalto a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Un pilota completo capace di mettersi in evidenza a 360 gradi nel motorsport: dalle ruote coperte alle monoposto, fino a quelle di Formula Uno. Nato il 3 ottobre del 1941 nel capoluogo friulano e cresciuto in una famiglia agiata di origini vicentine, comincia a correre quando non è ancora diciannovenne a bordo di una Triumph TR3, regalatagli dai genitori per il conseguimento della maturità scientifica. Si cimenta con un amico nelle autosciatorie, ma nel ruolo di cronometrista. Non avendo ancora la maggiore età (che a quei tempi si acquisiva a ventun anni) per correre era necessario il consenso del capofamiglia. Allora il giovane convince la madre e da li ha inizio la sua carriera. Debutta nella Castell’Arquato – Vernasca, piazzandosi al 3° posto. Seguono altre gare come la Bobbio-Monte Penice, la Trapani-Monte Erice e una corsa in salita a Lumezzane nei pressi di Brescia, in cui gareggia al volante di una monoposto. Ed è proprio quest’esperienza a convincere De Adamich di puntare sulle ruote scoperte. Si presenta così a Vallelunga dove vince su una Abarth 850 preparata da Trivellato.
Il passo successivo è l’iscrizione al Jolly Club di Mario Angiolini, che gestisce le Alfa Romeo turismo e le GT della Scuderia Sant Ambroeus. Anche qui i risultati non mancano e sono il preludio alla prima grande svolta che giunge nel 1964. Ossia quando De Adamich, ancora studente al Politecnico di Milano, si vede offrire un contratto dall’Autodelta di Carlo Chiti. Da gentleman driver diventa pilota professionista e nel ‘65 conquista il Campionato Italiano di F.3, grazie ad un rendimento costante che lo porta sempre a punti. Il ’66 è ancora targato F.3 (con alcune affermazioni), ma l’impegno con il Biscione lo vede impegnato nel Campionato Europeo Turismo, in cui vince il titolo. Un titolo che bissa l’anno dopo ed a cui si aggiunge il trionfo a Vallelunga (sempre su una vettura del Portello) nella Coppa Bettoja. E proprio in seguito a queste affermazioni ecco la seconda svolta: la chiamata da Enzo Ferrari. De Adamich si cala nella rossa di Chris Amon a Modena per un test, ma complice una posizione di guida scomoda si trova in difficoltà. Poi una volta sistemato il sedile le cose migliorarono e fa registrare ottimi tempi che lo portano al debutto in F.1 nel Gran Premio del Sud Africa il primo gennaio del 1968. Si qualifica col quinto tempo su 23 iscritti, ma al 13esimo passaggio si ferma dopo essersi girato su una macchia d’olio. Sarà il suo unico GP di F.1 di quell’anno, perché il destino è in agguato. Il 17 marzo, nel corso della seconda sessione di prove della Race of Champions a Brands Hatch, gara non valida per il mondiale, la sua Ferrari sbanda, esce di pista alla curva del Paddock ed urta un paletto a oltre 160 km/h.
Uno schianto terribile che innesca un incendio. Grazie al cielo, i soccorsi sono tempestivi ed il pilota viene estratto dall’auto privo di sensi e ferito al volto. Trasferito all’ospedale gli viene riscontrata la lesione ad una vertebra cervicale. Ingessato fino al collo, De Adamich resta gioco forza lontano dalle competizioni per qualche mese. A fine ottobre, finalmente torna in pista a Vallelunga in occasione del G.P. Roma di F.2 in cui giunge secondo alle spalle del compagno Tino Brambilla, anch’egli sulla Ferrari. A dicembre è protagonista nella 17esima Temporada Argentina al volante della Ferrari Dino 166 di F.2. S’impone davanti a Jochen Rindt (Brabham BT23C- Cosworth), vincendo 2 prove su 4. Nel 1969, concluso il rapporto con il Cavallino con qualche polemica di troppo, De Adamich gareggia coi prototipi dell’Alfa Romeo. Sui vari modelli della 33 dell’Autodelta coglie successi importanti come alla “200 Miglia di Buenos Aires” del 1970 e la stagione seguente nella “1000 Km di Brands Hatch” e la “6 Ore di Watkins Glen”. Nel frattempo, è proseguita la sua avventura nella massima serie. Il 1970 lo vede al via su di una McLaren spinta da un motore Alfa da 8 cilindri e a Monza, nel G.P. d’Italia, termina ottavo dopo esser scattato col 13esimo tempo. Insieme al dodicesimo posto conquistato nel G.P. d’Austria, saranno gli unici due piazzamenti di rilievo conseguiti nel corso di un Campionato incolore. Per De Adamich saranno in salita anche i mondiali ‘71 e ‘72, precisamente con una March-Alfa e una Surtees-Ford sponsorizzata Pagnossin, la nota fabbrica di ceramiche il cui titolare è un suo parente. Fortunatamente però, c’è anche spazio per qualche soddisfazione.
Il 1 maggio del ‘72, sulla Ts9B, il pilota triestino è autore di una gara capolavoro a Jarama in Spagna, dove giunge quarto alle spalle delle Ferrari di Regazzoni e Ickx ed alla Lotus del vincitore Emerson Fittipaldi. Nel 1973, De Adamich disputa solo una gara con la Surtees (GP Sud Africa), per poi passare alla corte di Bernie Ecclestone sulla Brabham, con la quale sigla un ottimo quarto posto in Belgio a Zolder. Ed arriviamo al drammatico 14 luglio. In programma c’è il GP di Gran Bretagna a Silverstone, una pista dove De Adamich è di casa dal momento che s’è trasferito oltre Manica da due anni. Il pilota è parecchio fiducioso perché dispone del nuovo modello BT42, progettato dal giovane e geniale Gordon Murray. De Adamich parte dall’ottava fila col 20° tempo. Al termine del secondo passaggio, Scheckter che è in seconda posizione si gira al curvone Woodcoote, sbatte contro le barriere e rimbalza in pista mentre sopraggiunge il gruppo degl’inseguitori.
Il triestino è in mezzo al mucchio selvaggio, cerca di trovare un varco, ma si trova di fronte la BRM di Beltoise, finita di traverso dopo essere stata colpita da un’altra monoposto. L’urto è violentissimo, a cui ne segue un secondo altrettanto rovinoso contro il guard-rail esterno. Quando la Brabham arresta la sua corsa, De Adamich è cosciente. Avverte il rumore della pompa della benzina ed ha la prontezza di riflessi di spegnere l’interruttore. Si slaccia le cinture, ma quando fa per alzarsi è bloccato da dolori lancinanti. Non può muoversi, ha le gambe fratturate. Le operazioni di soccorso durano una cinquantina di minuti, in cui la squadra di estrazione deve provvedere a tagliare le lamiere con le cesoie facendo attenzione a non toccare i serbatoi laterali, dove ci sono circa 200 litri di carburante. Il pilota intanto è sempre bloccato e per lenire la sua sofferenza gli viene somministrata la morfina. Un’esperienza tremenda che porrà fine alla carriera in F.1 di De Adamich. Tornerà alle competizioni nel 1974, ancora sulle vetture del Portello nel Mondiale Marche.
Al volante dell’Alfa 33TT 12, si aggiudica sia il mondiale prototipi che l’assoluto italiano. Ma la sua condizione fisica non è più come quella di prima e così matura la decisione di smettere. Non lascia però l’ambiente delle competizioni a cui è troppo legato. Per De Adamich prende così il via una nuova avventura, nella veste di imprenditore nel campo dell’abbigliamento. Grazie agli ottimi rapporti con la Marlboro, crea una linea di abiti griffati con il popolare logo delle sigarette. L’attività prende subito piede e prosegue in crescendo sino al 1984, quando la severità delle normative antifumo che limitano la pubblicità e l’esposizione dei marchi di sigarette, inducono De Adamich a passare il testimone. L’esperienza imprenditoriale maturata, consente all’ex pilota di creare nel 1990 il Centro Internazionale di Guida Sicura con sede presso l’autodromo Riccardo Paletti di Varano de’ ‘Melegari. Un’iniziativa nata con la collaborazione di Alfa Romeo e gruppo Fiat.
Nel frattempo De Adamich continua a frequentare il Circus, ma sotto il profilo giornalistico. Per le reti Mediaset svolge il ruolo di telecronista dei Gran Premi e quello di conduttore della popolare rubrica motoristica “Grand Prix”. Nella vita privata De Adamich è padre di tre figli, due dei quali Gordon e Cora hanno intrapreso la carriera di piloti, vincendo il Campionato Italiano Turismo rispettivamente nel 1998 e 2001.
Immagini © Raul Zacchè/Actualfoto – Massimo Campi – Archivio