Storia

Published on Ottobre 3rd, 2018 | by Massimo Campi

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Honda, il debutto ed il primo stop in F1

Vettura e motori fatti in casa, i tecnici giapponesi vogliono conquistare il mondo delle quattro ruote, ma l’impresa si rivelerà molto più difficile del previsto

I giapponesi e la Formula Uno, un connubio che darà grandi risultati negli anni ’80, ma la storia del sol levante con le quattro ruote inizia negli anni ’60, quando la Honda è già la regina delle due ruote, dove sta conquistando titoli mondiali con le sue pluricilindriche tecnologiche. Il salto nel mondo dell’automobile sembra una logica conseguenza, in Giappone si studiano i piano per produrre auto e già che ci sono decidono di debuttare in F.1 per farsi pubblicità. Si studiano diverse soluzioni che vanno da un V8 ad un V16, ma alla fine ha la meglio l’ingegnere Yoshio Nakamura, progettista proveniente dall’aviazione che opta per un V12 di 1,5 litri montato trasversalmente su un telaio realizzato direttamente in fabbrica. Vengono presi diversi contatti: Jack Brabham, Phil Hill, i vertici della Lotus, ma con nessuno riesce l’intesa ed i capi giapponesi scelgono di ingaggiare un pilota non di grido, preferibilmente americano (gli USA sono il principale mercato Honda in cui fare pubblicità). La scelta ricade su Ronnie Bucknun, onesto pilota di 24 anni, che aveva guidato fino a quel momento vetture turismo in gare americane per appassionati. Bucknum svolge durante la settimana l’attività di geometra a Glendale, in California e dopo la telefonata ricevuta da un giapponese di nome Oakamoto per conto della Honda si trovò improvvisamente la vita cambiata. A Sukuka iniziarono i collaudi della nuova RA270, vennero pubblicate varie foto in tutto il mondo e la pubblicità ebbe un impatto senza precedenti. La stagione 1964 ebbe inizio, ma gli ingegneri Honda continuavano a modificare la vettura per cercare di risolvere gli innumerevoli problemi tecnici di una nuova realizzazione, mentre tutti aspettavano di vedere la nuova tecnologia  giapponese sulle piste del mondiale. L’evoluzione è la RA271 ed il 2 agosto 1964, la Honda debutta sul tracciato del Nurburgring.

1964, l’anno del debutto

La RA271 aveva una anima più da moto che da auto: il motore era un 12 cilindri montato trasversalmente con l’alimentazione composta da 12 carburatori A colpire guardandola ancora oggi, oltre alla livrea dorata, sono gli scarichi che escono singolarmente diritti da ogni cilindro e donano al posteriore l’inquietante la forma di una batteria antiaerea. Durante le verifiche iniziano i primi problemi con i commissari tecnici bocciano la vettura: lo sfiato dei vapori dell’olio scarica direttamente sull’asfalto. Tra i meccanici giapponesi, in tuta e guanti bianchi c’è il panico. La grande tecnologia impiegata, composta da leghe leggere, parti in titanio, male si sposa con una soluzione provvisoria da inventare. Un fotografo diede l’idea fissando una lattina di coca cola vuota al tubo. Le verifiche vennero superate, ma lo sconforto serpeggiava di già tra i giapponesi per non avere previsto una soluzione tecnica adeguata in fase di progettazione. Ronnie Bucknum riuscì comunque a conquistare un posto nell’ultima fila dello schieramento. L’avventura sul tracciato tedesco dura dodici giri, fino a quando Bucknum non si ferma con il motore a pezzi. Monza, 6 settembre, alla Honda si sono rimboccati le maniche ed a settembre si ripresentano su campi di gara con una nuova alimentazione ad iniezione indiretta e l’erogazione del V12 migliora decisamente. Bucknum è decimo in prova, in gara si ritira per un problema ai freni. L’ultima gara della stagione 1964 è a Watkins Glen dove Bucknum ottieme tempi decenti sul giro, ma si ritira dopo 51 giri per problemi di surriscaldamento al motore.

1965, la RA272 di 1,5 litri conquista la prima vittoria

la Honda fa nuovamente la sua comparsa sulle piste il 30 maggio, in occasione del GP di Montecarlo. La nuova vettura, la RA272 è una evoluzione della RA271, modificata nelle sospensioni, nei freni, nel sistema di raffreddamento e monta le gomme Good Year al posto delle Dunlop. La potenza è stimata attorno ai 220 cv a 12.000 giri. I piloti sono due, oltre a Ronnie Bucknum è ingaggiato Richie Ginther. Subito ci sono problemi nelle prove, si rompe un giunto su una vettura, sull’altra l’alimentazione fa le bizze ed i due si ritrovano appaiati in ultima fila. Ginther rompe subito un semiasse al primo giro, Bucknum si ferma con il cambio a pezzi dopo 33 tornate. A Spa, sotto il diluvio, Ginther si ferma dopo soli 10 giri con il motore rotto, ma Bucknum resiste fino alla fine, arriva sesto ed è il primo punto mondiale per la casa del sol levante. Ritiro per entrambe le vetture anche a Clermont Ferrand, ma a Silverstone Ginther, unico al via, sfodera tutta la sua classe nelle prove e conquista il terzo tempo, partendo in prima fila accanto a Jim Clark e Graham Hill. Scatta fulmineo, prende il comando della gara, ma dopo 10 giri le solite noie all’alimentazione lo costringono alla resa. Ginther è di nuovo in prima fila a Zandvoort, ripete il copione della gara precedente scattando in testa, ma un testacoda nel tentativo di resistere a Clark e Hill lo fa retrocedere, finirà comunque sesto battendo Surtees.

I tecnici giapponesi visti i risultati incoraggianti, decidono un ulteriore sviluppo e si ripresentano a settembre a Monza, di nuovo con due vetture. La RA272 ha un nuovo musetto, il telaio alleggerito ed il motore è inclinato più avanti. La macchina è più bilanciata, ma Bucknum in gara rompe il motore e Ginther finisce solo 14°. A Watkins Glen Ginther è nuovamente in prima fila, ma ha un incidente con la BRM di Stewarth e dopo avere ripreso la pista e rimontato diverse posizioni, finisce 7°, Bucknum è 13°. Il 24 ottobre 1965 in Messico arriva il grande giorno per la Honda. È l’undicesima gara dei giapponesi, l’ultima prova stagionale ed anche l’ultimo GP per le vetture di 1,5 litri. La RA272 ha un passo più lungo, Ginther scatta dalla seconda fila, velocissimo, prende la testa della gara e non la molla più fin sotto la bandiera a scacchi, Bucknum è quinto: un trionfo!. È la prima vittoria della Honda in F.1 ed anche la prima vittoria della Good Year.

1966, la nuova F.1 tre litri

Con la stagione 1966 la F.1 inaugura il nuovo regolamento ed i propulsori diventano di tre litri di cilindrata. La maggioranza dei costruttori è impreparata al cambiamento ed anche la Honda dedica la stagione allo sviluppo ed alle prove del nuovo motore. Si presenta per la prima volta al via a Monza, il 4 settembre con la nuova RA273, progettata dal trio di ingegneri Nakamura, Irimagiri, Takeda. Il motore è un V12 a 90°, quattro assi a camme in testa, iniezione indiretta ed una potenza di 380 cv a 10.000 giri. Il telaio è un classico tubolare, ma la vettura è molto pesante, oltre 720 kg. Il motore comunque sopperisce al problema peso, tanto che Ginther riesce ad insidiare la Ferrari di Scarfiotti e prendere il comando della gara fino a quando si fora una gomma ed esce di pista al 16° giro in piena velocità al curvone. Lo schianto è micidiale, la Honda è distrutta e Ginther riesce a cavarsela con la frattura di una clavicola. A Watkins Glen, in ottobre, Ginther ancora in convalescenza non si classifica, Bucknum si ritira per problemi al motore. A Città del Messico Ginther è di nuovo in forma, è terzo nelle prove, combatte per tutta la gara ed arriva quarto sul filo di lana con Hulme, ma ottiene il giro più veloce in gara, concludendo così il suo periodo con i giapponesi.

1967, arriva Surtees

La stagione mondiale inizia il 2 gennaio a Kyalami, una sola vettura al via per John Surtees, mentre Bucknum ritorna a gareggiare con le ruote coperte e Ginther passa alla Eagle di Dan Gurney. L’inglese è terzo al debutto con i giapponesi, ma per i prossimi gran premi prevarranno vari problemi meccanici sulla classe dell’ex campione del mondo. Monaco, Spa e Zandvoort si concludono con ritiri per varie noie al motore, riesce ad arrivare sesto a Silverstone distaccato di due giri dal vincitore Clark. Migliora la situazione al Nurburgring con un quarto posto conquistato sfruttando tutta la classe del grande campione, ma Surtees preme i tecnici giapponesi per risolvere, oltre ai vari problemi di affidabilità quello del peso. La vettura pesa ancora circa 700 kg, ovvero due quintali sopra il peso minimo consentito ed ha quindi problemi di guidabilità causati dalla grande massa. John Surtees è da sempre in contatto con Erik Brodley della Lola e viene commissionata alla factory inglese la realizzazione del nuovo telaio.

A Monza, il 10 settembre, fa il suo debutta la RA300. La monoposto utilizza il V12 giapponese alleggerito, accoppiato al telaio derivato dalla F.Indy. E’ subito battezzata “Hondola”, il motore ha anche una nuova alimentazione, le sospensioni sono rinforzate, le gomme Firestone prendono il posto della Good Year. In prova Surtees migliora di 2,1 secondi il tempo di Ginther dell’anno prima. Jim Clark con la Lotus prende saldamente il comando della gara, ma all’ultimo giro finisce la benzina. Jack Brabham e John Surtees lo sorpassano, l’arrivo è in volata e per due decimi di secondo la Honda transita per prima sotto la bandiera a scacchi. E’ nuovamente trionfo per i giapponesi. La stagione si conclude con un ritiro a Watkins Glen ed un quarto posto a Città del Messico.

1968, la RA301 e la fine dell’avventura

Si inizia ancora la stagione mondiale il 1° gennaio a Kyalami ed è l’ultima gara per la RA300 che arriva ottava sempre con Surtees. In Spagna debutta la RA301, versione aggiornata della vettura precedente con monoscocca integrale alleggerita ed il V12 cha ha raggiunto i 420 cv di potenza. Problemi al cambio costringono al ritiro Surtees sia in Spagna che a Monaco.

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A Spa l’inglese è al comando quando si rompe una sospensione e si ritira nuovamente a Zandvoord per problemi elettrici causati dalla pioggia. I tecnici telaisti giapponesi però non sono stati a guardare i risultati ottenuti dal telaio Lola ed hanno continuato a lavorare su una nuova vettura, rivoluzionaria ed a Rouen, il 7 luglio ci sono due honda diverse in gara. Accanto alla RA301 “Lola” di Surtees c’è la nuova RA302 affidata a Jo Schlesser, un pilota di ormai 40 anni che finalmente corona il suo sogno di debuttare su una monoposto di F.1. la RA302 monta un V8 di 120° raffreddato ad aria, in dinamica (senza alcuna ventola) mediante delle prese d’aria laterali al motore. Anche il telaio è rivoluzionario, con un passo molto corto, costituito da due travi longitudinali che funzionano anche da serbatoi il tutto realizzato con grande impiego di leghe di magnesio. Voluta da Soichiro Honda, progettata e realizzata dall’ing. Nakamura è una vettura definita “sperimentale”. Il suono del V8 sembra quello di una moto, al via la domenica piove, al secondo giro la RA302 di Schlesser esce di strada alla Virage des Six Fréres, con la vettura che va a sbattere contro un terrapieno nei pressi della pista, ferisce 15 spettatori, si rovescia e prende immediatamente fuoco, alimentato dal magnesio che è altamente infiammabile. Il francese muore tra le fiamme, Surtees con la sua RA301 arriva secondo alle spalle della Ferrari 312 di Ickx. La tragedia decreta la fine prematura della RA302, Surtees la proverà successivamente, ma si rifiuterà di correre con questa vettura troppo scorbutica e pericolosa preferendo la più affidabile e sincera RA301.

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La stagione 1968 continua con risultati altalenanti e veri ritiri per Surtees. A Monza arriva Hobbs come secondo pilota, ma finirà con un ritiro, mentre Surtees, autore della pole position, arriva sul gradino più basso del podio. Ultima gara della stagione a Città del Messico, Surtees abbandona al 18° giro per surriscaldamento del motore. Jo Bonnier sale sulla seconda vettura, si piazzerà quinto ad un giro. I giapponesi gettano la spugna, si ritirano dalle gare automobilistiche, ma torneranno quindici anni più tardi, nel 1983, come motorista e con ben altri risultati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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