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domenica 13 Luglio 2025

E l’ex Presidente volò oltre Manica

 

Di Carlo Baffi

Luca di Montezemolo, uomo simbolo nella storia della Ferrari, entra nel consiglio d’amministrazione del McLaren Group Holdings che opera nell’automotive.

E’ proprio vero che la F.1 è sempre pronta a riservare colpi di scena eclatanti. Qualche esempio? All’inizio di febbraio 2024, irruppe la notizia del passaggio di Lewis Hamilton dalla Mercedes alla Ferrari. Un fulmine a ciel sereno dal momento che il legame del sette volte campione inglese con la “Stella a Tre Punte” pareva inossidabile. Ed è di questi giorni l’accordo che vede Luca di Montezemolo approdare nelle stanze dei bottoni del Gruppo McLaren. Uno scoop in grande stile realizzato da “RMC Motori” nel fine settimana del G.P. d’Austria, 11° round del calendario di F.1. Nella sorpresa generale l’ex numero uno del Cavallino ha compiuto il fatidico salto della barricata, legando il suo nome al McLaren Group Holdings Limited che controlla McLaren Automotive, che a sua volta detiene una partecipazione di minoranza della scuderia dominatrice del campionato. Nel dicembre 2024 infatti, il settore dell’auto è stato acquistato dal fondo sovrano di Abu Dhabi dividendosi da quello relativo alle competizioni in pista, gestito invece dalla Bahrain Mumtalakat Holding Company. Però, al di là di questi importanti risvolti finanziari, l’accostamento di Montezemolo al nome McLaren ha fatto scalpore ed è stato oggetto di qualche battuta ironica. Questo perchè parliamo di una squadra che per anni è stata una spina nel fianco del Cavallino, un’avversaria che il popolare manager bolognese fronteggiò in diverse battaglie in pista e fuori durante la sua lunga permanenza a Maranello. Se la ritrovò nemica già nel lontano 1974, quando lui era da poco approdato alla corte di Enzo Ferrari. La Rossa era rinata dopo anni bui e con Clay Regazzoni, affiancato dal giovane Niki Lauda, si giocò il titolo piloti sino all’ultimo round contro Emerson Fittipaldi sulla McLaren-Ford Cosworth M23 progettata Gordon Coppuck. Ebbe la meglio il brasiliano sul filo di lana, ma l’anno dopo (mezzo secolo fa), il Cavallino si prese la meritata rivincita a Monza. Nella gara di casa, la 312T ideata da Mauro Forghieri s’impose con Regazzoni, davanti a Fittipaldi e Lauda, il quale riportò la corona iridata a Maranello dopo 11 anni. Memorabile l’immagine dell’allora giovane direttore sportivo al muretto box che freme durante gli ultimi giri per poi esplodere di gioia al taglio del traguardo dei suoi drivers a cui segue l’abbraccio con Forghieri. Quel trionfo sarebbe stato bissato anche nel ’77, sempre con Lauda. Lasciata la Ferrari per svolgere altri incarichi di grande rilievo, Montezemolo tornò a Maranello nel 1991 in qualità di Presidente, con il delicato compito di riportare il Cavallino al successo. Una corsa ad ostacoli non breve, ma che alla fine riservò grandi soddisfazioni grazie all’innesto di figure come Todt, Brawn, Byrne, Martinelli e non ultimo l’ingaggio della star emergente Michael Schumacher. Nel triennio 1998-2000, la lotta serrata per la leadership fu combattuta ancora una volta contro la McLaren, per l’occasione motorizzata Mercedes. Una lotta dai toni a volte aspri, dal momento che sul fronte opposto c’era un manager che non contemplava la parola sconfitta, Ron Dennis. Come dimenticare la collisione a Spa ’98 tra Schumacher e Coulthard sotto una pioggia battente con tanto di rissa sfiorata ai box? Non mancarono le polemiche circa un presunto rallentamento improvviso dello scozzese per eliminare il diretto contendente al titolo del compagno Mika Hakkinen (finito ko nei primi giri). L’anno seguente, la guerra raggiunse il vertice della tensione in Malesia, con le Rosse di Irvine (in corsa per la corona) e Schumacher che passarono dalle stelle alle stalle. L’iniziale doppietta si trasformò in una squalifica per un’irregolarità delle dimensioni dei deflettori anteriori montati sulla F399. Un colpo basso che avrebbe consentito ad Hakkinen di bissare matematicamente il successo finale ottenuto già nel ’98. Il clan del Presidente però fece ricorso e grazie ai propri legali venne dimostrato che la misurazione dell’appendice aerodinamica era stata effettuata in modo errato. Risultato: sentenza ribaltata ed assoluzione, con Irvine nuovamente primo in classifica ad una gara dalla fine. Una chance enorme per l’irlandese che purtroppo sciupò tutto a Suzuka per la gioia del binomio Hakkinen-McLaren. La Ferrari si consolò con il titolo costruttori ed in occasione del cenone di Natale del 21 dicembre, Montezemolo ironizzò sulla penalità malese regalando ai media, invitati come di consueto, un cadeau originale. Ovvero la riproduzione a grandezza naturale della bandella incriminata posta su una base in carbonio dov’era posizionato un calibro. Il richiamo allo sbaglio commesso dai verificatori era evidente. Un’idea geniale, pari a quella dell’anno prima: nel classico cesto c’era una bottiglia di acqua minerale di Spa in memoria dell’impatto tra Schumacher e Coulthard nel diluvio. Il riscatto Rosso era ormai prossimo ed arrivò puntuale nel 2000 con Schumacher Campione del Mondo (21 anni dopo Jody Scheckter, l’ultimo ferrarista iridato) ai danni della solita McLaren del finlandese volante. Manco a dirlo, il palcoscenico era sempre il veloce tracciato nipponico. L’ennesimo scontro tra la Ferrari di Montezemolo e la McLaren di Dennis si sarebbe consumato nel 2007, ma a differenza dei precedenti oltre alla pista si spostò nelle aule di tribunale. Dopo i primi mesi, in cui le Rosse di Raikkonen e Massa dovevano vedersela con le potenti “Frecce d’Argento” di Alonso e del giovane fenomeno Hamilton, deflagrò la famosa spy-story. Una squallida vicenda di spionaggio industriale che coinvolse i vertici della scuderia anglo-tedesca (insieme ad un tecnico della Rossa) e che rappresenta uno dei maggiori scandali avvenuti nel Circus (insieme al crashgate di Singapore 2008). Riconosciuta colpevole, la McLaren-Mercedes fu esclusa dalla graduatoria costruttori, punita con l’ammenda astronomica di 100 milioni di dollari e finì per esser dilaniata da una faida interna tra i piloti. Di questa situazione se ne avvantaggiò Raikkonen, sostituto di Schumi, che si laureò iridato. Anche in quell’occasione Montezemolo salì sulle barricate essendo parte lesa, in particolare dopo la prima sentenza del 26 luglio 2007, in cui pur avendo appurato la responsabilità dell’illecito, la McLaren non subì alcuna sanzione per mancanza di prove. Un verdetto che fece infuriare il Presidente che ritenutosi offeso tuonò:” Questa storia non finisce qui.” Detto fatto, con il seguito sopracitato. Montezemolo rimase al timone della Ferrari sino all’ottobre del 2014 e dopo una lunga assenza dagli autodromi varcò nuovamente i cancelli del paddock in occasione del G.P. del Bahrain dell’aprile scorso (11 anni dopo) in qualità di ospite del primo ministro e Crown Prince Salman bin Hamad Al-Khalifa. Per combinazione, proprio nella corsa di casa del fondo sovrano che detiene la maggioranza delle quote della McLaren. Incalzato dai media sulla crisi della Ferrari, l’ex Presidente parlò di una squadra che a volte manca di leadership, augurandosi di rivederla presto sul podio. Col senno di poi quella riapparizione era probabilmente il preludio al sodalizio di oggi. All’Ansa Montezemolo ha comunque precisato che il suo cuore è e resterà sempre Rosso.” Sono diventato membro del consiglio di amministrazione di McLaren Automotive che produce vetture stradali e non si occupa di Formula Uno.” In sostanza Montezemolo non c’entra nulla con la categoria regina, anche se forse lo potremmo rivedere nell’hospitality del team papaya risorto grazie all’abilità di un altro ex uomo Ferrari, Andrea Stella. Trattasi dell’attuale Team Principal della McLaren, dove approdò nel 2014 dopo una brillante carriera a Maranello iniziata nel 2000.

immagini McLaren Press

 

 

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