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mercoledì 19 Marzo 2025

F1 Messico 1986: Il primo sigillo della Benetton

 

Di Carlo Baffi

Nella stagione dell’esordio in Formula Uno come costruttore, la scuderia anglo-italiana centra la sua prima vittoria sul circuito di Città del Messico grazie all’austriaco Gerhard Berger. Sarà l’inizio di una grande avventura.        

La decima edizione del Gran Premio del Messico, disputata il 12 ottobre 1986, passò alla storia per il risultato a sorpresa che ruppe l’egemonia di Williams McLaren e Lotus che stavano dominando in quel Campionato. A trionfare fu infatti la Benetton, la compagine nata dalle ceneri della Toleman nel 1985. Già main sponsors in sport come volley, rugby e basket agli inizi degli anni ’80, l’azienda tessile di Ponzano Veneto fece la sua comparsa nel Circus nel 1983 decorando con i suoi loghi la Tyrrell 011. Seguirono le sponsorizzazioni dell’Alfa Romeo Euroracing e poi quella della Toleman.

Sin da subito colpì la strategia di marketing innovativa della Benetton destinata a far breccia tra i media e tra il pubblico. Ad esempio nel 1985, quando era ancora sponsor della Toleman, se le divise dei meccanici erano colorate con il verde del brand aziendale, le TG185 si distinguevano per una livrea tanto semplice quanto originale. Sul fondo bianco della carrozzeria, spiccavano tante bandierine colorate facendo fede allo slogan “United colors of Benetton” che compariva anche nelle campagne pubblicitarie. Era il preludio all’acquisizione della factory inglese che nel 1986 trasformò il popolare “maglificio” da sponsor a costruttore.

La nuova B186 fu progettata dal quotato tecnico sudafricano Rory Byrne, mentre le redini della scuderia finirono nelle mani del direttore sportivo Peter Collins (un manager australiano) e di Davide Paolini, responsabile del progetto “Benetton Formula”. La monoposto era spinta dal motore 4 cilindri turbo BMW, montava pneumatici Pirelli ed i suoi piloti erano Teo Fabi ed il giovane austriaco Gerhard Berger. Il programma di lavoro prometteva bene e non a caso la Benetton conquistò otto punti iridati dopo le prime tre gare della stagione; nel G.P. di San Marino ad Imola, Berger salì addirittura sul terzo gradino del podio. In Austria ed in Italia spuntarono le prime due pole siglate da Fabi e così si arrivò finalmente al gran giorno, quello del trionfo che avvenne nel bel mezzo del rush finale tra le due Williams-Honda di Nelson Piquet e Nigel Mansell ed il terzo incomodo Alain Prost al volante della McLaren Tag-Porsche.

Nelle qualifiche la pole fu appannaggio di Senna. Per il paulista si trattava dell’ottava pole dell’anno ed insieme ai vertici del suo team aveva realizzato che quello era l’unico modo per stare sotto i riflettori dal momento che in gara la monoposto aveva nell’affidabilità il suo tallone d’Achille. A Città del Messico, col tempo di 1’16”990, Ayrton era stato il più rapido mettendosi alle spalle il connazionale Piquet, Mansell, Berger, Patrese e Prost. Disperse le Ferrari, rispettivamente 12^ quella di Alboreto e 14^ quella dello svedese Johansson.

La F.1 faceva il suo ritorno in Messico dopo una lunga interruzione iniziata dal 1971. La sede della gara era sempre quella dell’Autodromo Hermanos Rodriguez, situata in un parco alla periferia della metropoli. La pista fu ridotta (rispetto a quella originale nata nel ’62) a 4.421 metri, ma restavano alcuni punti peculiari come la Peraltada, l’ampio tornante con il banking e molto impegnativo che dopo le curve in sequenza le “Esses” immetteva sulla finish line.

Al semaforo verde Senna prese il comando dopo aver respinto l’assalto di Piquet. Berger e Prost sopravanzarono Mansell che rimase immobile sulla piazzola per alcuni istanti venendo superato da numerosi avversari e sfilando 18° dopo il primo giro, a 30” dai primi. Da sottolineare che il britannico era debilitato complice la “vendetta di Montezuma”, ossia la gastroenterite. Intanto Piquet aveva scavalcato Senna mettendosi davanti a tutti e Prost dopo un inizio sornione andò all’attacco dalla 7^ tornata passando Berger e mettendosi in caccia dei primi due. Quattro passaggi dopo si registrava l’abbandono di Alboreto tradito dal turbo.Successivamente Mansell ripiegò ai box per cambiare le gomme seguito dai piloti di testa eccezion fatta per Berger che mantenendo le Pirelli d’inizio gara si ritrovò in testa. Le Goodyear dei suoi inseguitori erano in evidente sofferenza complice un asfalto particolarmente abrasivo. Insomma, un fattore favorevole che risulterà la chiave della corsa. Al 40° dei 68 giri previsti, l’austriaco conduceva davanti a Senna, Piquet, Prost, Johansson e Patrese. Tra questi il primo ad andare in crisi fu Piquet che ritrovatosi di colpo senza pneumatici incorse in una sosta supplementare che gli fece perdere posizioni, così come Senna. Una situazione che favorì Prost, il quale si issò in seconda posizione. Nelle fasi conclusive proseguì il calvario di Piquet costretto ad un terzo pit-stop ed arrivarono i ritiri di Johansson e Patrese. Ormai lanciata verso il successo, la Benetton verde e bianca numero 20 di Berger non ebbe alcun problema a transitare vincitrice sotto la bandiera a scacchi. Alle sue spalle si piazzarono, Prost, Senna, Piquet e Mansell riuscito a recuperare posizioni.

Sia per la Benetton che per Berger (prossimo al passaggio in Ferrari), alla loro prima affermazione nella categoria regina, quel 12 ottobre rimase una data indimenticabile. La squadra anglo-italiana chiuse la stagione ’86 come sesta forza, ma era destinata a crescere ulteriormente negli anni a venire.

Massimo Campi
Massimo Campihttp://www.motoremotion.it/
Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.

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