Di Carlo Baffi
E’ già trascorso un decennale dal terribile schianto sulla pista giapponese da cui iniziò il calvario del pilota transalpino, deceduto il 17 luglio 2015 all’ospedale di Nizza.
A vent’anni dal weekend nero del Gran Premio di San Marino ‘84 in cui persero la vita Roland Ratzenberger ed Ayrton Senna, sull’impegnativo circuito di Suzuka si scrisse un’altra pagina drammatica nella storia del Motorsport. Prima di allora non si era più verificato alcun incidente fatale in Formula Uno.
I fatti – E’ il 5 ottobre del 2014, il 41° Gran Premio del Giappone è flagellato da una pioggia insistente, dopo la partenza dietro la safety-car s’è resa necessaria la bandiera rossa ed il restart è avvenuto ancora dietro la vettura di sicurezza. Per la cronaca qualcuno aveva manifestato la perplessità circa la disputa della manifestazione visto il persistere del maltempo, pare pure che la Fia avesse chiesto di anticipare la partenza per evitare il buio, ma dagli organizzatori era arrivato il no e così i semafori s’erano spenti regolarmente alle 15. Solo dopo il decimo passaggio iniziano le ostilità con le Mercedes del poleman Rosberg ed Hamilton (scattate dalla prima fila) davanti a tutti. Sempre in condizioni critiche si giunge al 42° giro quando il tedesco Adrian Sutil esce di strada alla curva 7, la Dunlop. Trattasi di un punto insidioso che si trova dopo le esse che caratterizzano la prima parte del tracciato, con un tornante lungo 300 metri verso sinistra il cui raggio da stretto via via si allarga. Diluvia, La sua Sauber-Ferrari finisce contro le barriere di pneumatici, il tedesco è incolume, ma per rimuoverla si rende necessario l’intervento di una gru. Tutto pare svolgersi celermente, senza intoppi e non entra in azione la safety-car. A segnalare l’episodio provvedono quindi i commissari con le doppie bandiere gialle a cui si aggiunge il messaggio sul display posto sul volante dei concorrenti; un’allerta inequivocabile che impone di rallentare. Malauguratamente però entra in gioco un destino cinico e baro. Nella tornata successiva proprio in quel punto sopraggiunge un’altra vettura, è la Marussia-Ferrari n°17 alla cui guida c’è Jules Bianchi. Il 25enne francese si trova nelle retrovie, probabilmente sta aumentando l’andatura perché attende a breve la ripartenza e complici le condizioni dell’asfalto perde il controllo del mezzo a centro curva. Parte in testa coda, va fuori pista iniziando a rimbalzare sulla ghiaia posta nella via di fuga in leggera discesa ed intraversatasi sul lato sinistro la Marussia s’infila sotto la parte posteriore del muletto.
L’impatto avvenuto a circa 212 km/h è violentissimo al punto che la gru ha un sobbalzo e la Sauber appena sollevata ricade a terra. Il rollbar e la struttura sinistra della MR03 sono letteralmente divelti, la ruota posteriore sinistra si sposta accanto quella destra e sulla parte anteriore del telaio si produce un taglio longitudinale. La cellula di sopravvivenza non subisce danni, ma inizialmente si stima che la decelerazione subita al suo interno dal corpo del pilota avrebbe raggiunto i 50 G. Dalla postazione dei marshalls viene comunicato in direzione gara che il pilota è ferito, da qui l’ordine alla safety-car di entrare in azione per consentire l’intervento dei sanitari. La scena che si presenta ai loro occhi è orribile. Lo stesso Sutil rimasto sul luogo dopo esser sceso dalla Sauber è scioccato e si chiude dietro ad un comprensibile riserbo:” Non dico nulla, ma è qualcosa che non dimenticherò mai più.” Una volta estratto, Bianchi viene trasferito al centro medico dell’autodromo dove è presente il Professor Riccardo Ceccarelli che segue Jules attraverso la nota struttura Formula Medicine. Li si trovano anche il preparatore atletico Andrea Ferrari ed Alessandro Alunni Bravi, stretto collaboratore di Nicolas Todt, il manager del francese.
Le condizioni appaiono subito gravissime, il transalpino viene ricoverato al Mie General Hospital di Yokkaichi e per accelerare i tempi il trasporto viene effettuato in ambulanza anziché con l’elicottero. Dopo i primi accertamenti che evidenziano lesioni cerebrali, i medici optano per un immediato intervento chirurgico. Nel frattempo il Gran Premio è stato interrotto con la vittoria di Hamilton davanti a Rosberg e Vettel passata in secondo piano. Molti addetti ai lavori si recano in ospedale dove nella serata del giorno successivo arriveranno anche i genitori di Bianchi partiti da Nizza, la città dove risiedono.
Bianchi dopo ben 7 settimane, esce dallo stato di come farmacologico per affrontare il viaggio che lo avrebbe riportato al Centre Hospitalier Universitaire della sua Nizza. In quell’occasione la famiglia rende noto:” Jules non è più nello stato di coma artificiale, in cui era stato posto subito dopo l’incidente, ma è ancora privo di coscienza. Respira autonomamente e i suoi segni vitali sono stabili, ma la sua condizione è ancora considerata ‘critica’. La terapia entra ora in una nuova fase riguardante il miglioramento della funzione cerebrale.”
La fine – Purtroppo i tanto attesi progressi non ci sarebbero stati ed il calvario del giovane pilota sarebbe proseguito sino al 17 luglio 2015, quando i familiari annunciarono il decesso via Twitter alle 02:45 del giorno successivo. Dopo nove lunghi mesi calava il sipario su una dolorosissima vicenda che sconvolse tutto il motorismo sportivo.
La svolta – Le accese polemiche sorte sin dalle ore seguenti all’incidente non si placarono. Se l’allora patron del Circus Bernie Ecclestone parlò di sfortuna, nel mirino delle critiche finì il direttore di gara Charlie Whiting per come vennero gestiti quegli istanti di gara. Felipe Massa, al tempo in forza alla Williams-Mercedes, attaccò dicendo che era da cinque passaggi che gridava via radio di fermare la corsa.
La Fia aprì un’inchiesta per volontà del Presidente Jean Todt e si riunì anche lo Strategy Group composto dalle scuderie che presero in considerazione nuovi provvedimenti in materia di sicurezza, che non tardarono ad arrivare e con grandi passi avanti. Dal 2015 fu introdotta la Virtual Safety Car dopo alcune prove effettuate sul finire del 2014. E dal 2018, dopo ripetuti test, la Federazione Internazionale rese obbligatorio su tutte le monoposto l’Halo (furono invece bocciati i cupolini) ossia un sistema di protezione realizzato con una barra di titanio sistemata sopra il capo del pilota..”
La famiglia Bianchi diede inoltre vita ad un’associazione intitolata a nome del figlio, la quale organizza tuttora eventi al fine di raccogliere fondi per l’ospedale di Nizza.