Published on Giugno 11th, 2024 | by Massimo Campi
0Jackie Stewart, 11 giugno 1939
Sir Jackie Stewart ha vinto tre titoli mondiali, sempre con la scuderia di Ken Tyrrell
Jackie Stewart è stato il primo campione moderno della F.1, ovvero il primo pilota che è uscito dallo stereotipo del semplice uomo che andava solo forte in pista, o del gentleman driver che correva per passione, con forti capitali di famiglia alle spalle. Jackie Stewart ha corso soprattutto per se stesso, ma anche per la Tyrrell e per gli sponsor che lo hanno sostenuto, come la Ford, la Dunlop, la Goodyear e la Elf. Ha affiancato al puro lavoro in pista una serie di attività nelle pubbliche relazioni, che gli hanno permesso di guadagnare all’epoca come nessun altro pilota e di continuare a rimanere nell’ambiente delle auto da corsa per ben quattro decenni con varie attività di consulenza e come Team Manager del suo team alla fine degli anni ’90.
“Sir” John Young Stewart, soprannominato Jackie, nasce a Milton, un villaggio nel Dunbartshire in Scozia, l’11 giugno 1939. La sua famiglia è agiata, ma ben introdotta nel mondo dell’automobile: suo padre possedeva un grosso garage ed una concessionaria della Jaguar e BMC. Jackie ha un fratello, Jimmy, otto anni più grande di lui, appassionatissimo di auto da corsa, come pure sua madre e da una famiglia così non poteva che nascere un pilota. Il fratello Jimmy, inoltre, era un pilota abbastanza conosciuto a livello locale e correva per la scuderia Ecurie Ecosse. Inizialmente il giovane Jackie ha altri interessi ed a 14 anni ha una folgorazione per il tiro al piattello.
Il fascino per questa disciplina lo porta a 18 anni a fare parte della squadra nazionale britannica e tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 colse numerose vittorie tra cui quelle nel Gran Premi di Inghilterra, Scozia e Galles, la Coppa delle Nazioni ed il Campionato Britannico, ma ebbe anche le sue prime delusioni quando viene rilegato al ruolo di riserva della squadra olimpica a Roma. “Mi sono svegliato una mattina e mi sono reso conto di avere la nausea per il tiro al piattello” così dichiarò in una intervista Jackie Stewart quando gli chiesero come mai aveva abbandonato improvvisamente le competizioni con la doppietta “da come mi sentivo non avrei più potuto imbracciare un fucile per una gara ed allora ho smesso”.
Le corse di auto però si continuavano a seguire in casa Stewart, Jimmy era diventato un idolo per il giovane Jackie, ed aveva molto sofferto quando il fratello aveva deciso di lasciare le corse dopo un drammatico incidente a Le Mans nel 1954. Il garage di Famiglia a Dumbruck assorbiva sempre più Jackie, tanto che a 15 anni, anche a causa di una dislessia che gli impedì di raggiungere buoni risultati a scuola, lascia gli studi per seguire l’attività paterna. Dopo avere lavorato nei più disparati settori del garage, a Jackie viene dato l’incarico di seguire le auto da corsa di Barry Filler, un gentleman driver di Glasgow. Proprio Filler gli fece la prima proposta di pilotare una sua vettura, ma Jackie ancora traumatizzato dall’incidente del fratello e con il tiro al piattello ancora in testa declinò l’invito. Però a volte i rifiuti aprono una breccia nella mente, con il permesso del padre scese in pista per alcuni giri ad Oulton Park proprio con una Porsche di Filler. Scoppia la passione, ben presto Jackie è al via in una gara club ed in seguito, nel 1961 dopo la delusione delle olimpiadi di Roma, sale sulla Aston Martin DB4 Gt e sulla Marcos di Filler in pista a Chaterhall. Nel 1962 e 1963 è alla guida di una Jaguar E-Type con cui conquista 14 vittorie, il nome Stewart entra nei taccuini di talent scout che battono i circuiti inglesi, ma un’altra importante tappa della sua vita la compie proprio nel 1962, sposando la bella Hellen McGregor, una unione che continua nel tempo e darà al giovane Jackie quella stabilità mentale e quella sicurezza che ha spesso dimostrato nella carriera di pilota e di manager.
La Ecurie Ecosse di David Murray ingaggia Stewart a giugno del 1963 e Jackie vince a Snetterton, Oulton Park e Goodwood, conquistando anche il Chris Bristow Memorial Trophy per avere ottenuto il giro più veloce in un “club meeting” al volante di una Cooper Monaco della Ecosse a Goodwood. Ad inizio ’64 il settimanale Autosport rendeva noto che uno sconosciuto giovane scozzese di soli 24 anni aveva ottenuto più vittorie di tutti nelle gare club, ben 14 su 23 corse, e la giovane scuderia fondata da Ken Tyrrell propone a Stewart un test a Goodwood con le nuove Cooper-BMC di F.3 semiufficiali. Stewart fece subito vedere di che pasta era fatto andando più forte di tutti gli altri piloti presenti, compreso la prima guida del Team, un certo Bruce McLaren, ed abbassando anche il record della pista. L’ingaggio scocca immediatamente, un grande colpo per Stewart, ma anche un formidabile colpo per Ken Tyrrell, figlio di un guardiacaccia, proprietario di una falegnameria, appassionato di auto da corsa e Team Manger per puro hobby. Stewart esordisce in F.3 con la Tyrrell il 14 marzo del 1964 a Snetterton. Prima gara e prima vittoria: era nata la stella. Continuano i successi ma si esce anche dall’Inghilterra per approdare a Monaco, una delle sue giornate più gloriose dove conquista la prima importante vittoria internazionale nel GP Monaco F.3 a contorno del Gran Premio di F.1 con la piccola Cooper T72-BMC.
Tre squadre vogliono il giovane scozzese: Cooper e Lotus gli propongono dei test con la F.1, la BRM di Louis Stanley gli propone immediatamente un contratto soffiandolo alla concorrenza. “Vai alla BRM, non lasciarti sfuggire l’occasione”, furono le parole del suo amico Jim Clark ormai affermato campione. Per la stagione 1965 l’attività di Stewart è in F.1, con la BRM, al fianco del più esperto Graham Hill. Il 1° gennaio lo scozzese debutta con un undicesimo tempo in prova in Sud Africa ed in gara coglie un ottimo sesto posto ed il primo punto in classifica giungendo alle spalle di Clark, Surtees, Graham Hill, Spence e McLaren. La stagione prosegue con un secondo posto nella Race of Champions a Brands Hatch, la sorprendente vittoria nell’International Trophy a Silverstone ed un terzo posto a Montecarlo. Prosegue la stagione con un secondo posto a Spa ed in Francia e per coronare la sua strepitosa stagione 1965 conquista una clamorosa vittoria a Monza, il suo primo successo nella massima formula. Ottiene la vittoria con un capolavoro di velocità ed intelligenza tattica: all’ultimo giro Hill è nella sua scia ma arriva lungo in una curva tentando di raggiungerlo. La prima stagione mondiale di Stewar finisce con un ottimo terzo posto in classifica, dopo Jim Clark ed il suo caposquadra Graham Hill. Intanto Stewart corre anche in altre categorie e partecipa anche alla 24 Ore di Le Mans, in coppia con Graham Hill, al volante della particolarissima Rover-BRM a turbina, dove conquista il 10° posto assoluto ed il terzo di classe.
Nel 1966 cambiano le regole, la BRM non ha ancora pronto il nuovo 16 cilindri di tre litri ed inizia la stagione con il vecchio propulsore portato al limite fisico di 2.000 cc. Pur con un mezzo inferiore Stewart conquista la sua seconda vittoria a Montecarlo e pochi giorni dopo prende parte alla 500 Miglia di Indianapolis con una Lola T90 iscritta dal magnate John Mecom. È saldamente al comando quando il motore si ammutolisce a soli 10 giri dalla fine “una maledizione” confida alla stampa “sentivo già le mie tasche piene di dollari!”. La stagione 1966 avrà uno sviluppo che sfiora la tragedia, a Spa ottiene uno dei migliori tempi in prova, anche se corre ancora con il motore di soli due litri, ed al via le vetture più potenti lo sorpassano. Esce dall’Eau Rouge in quinta posizione quando alla curva Buorneville i primi si trovano un improvviso muro d’acqua. Bonnier e Spence si urtano, seguiti da Hulme e Siffert, dietro arrivano le tre BRM di Stewart, Graham Hill e Bob Bondurant che si trovano la pista sbarrata dalle altre monoposto ed escono di strada. Stewart ha la peggio: il telaio si piega in due, lo scozzese con diverse fratture rimane intrappolato nella vettura, bloccato dal piantone dello sterzo piegato con la benzina che inonda l’abitacolo. Hill e Bondurant si accorgono immediatamente del pericolo che sta correndo il giovane scozzese e con mezzi di fortuna riescono a strappare il piantone dello sterzo e liberare Stewart dai resti della sua BRM. Trentacinque minuti dopo lo scozzese viene liberato ed Hill lo fa trasportare in un pagliaio per pulirgli le ferite mentre arriva l’ambulanza per trasportarlo in ospedale. La convalescenza costringe Stewart a cinque settimane di fermo dalle corse e da questa esperienza matura la consapevolezza di maggiore sicurezza nelle corse, in seguito a quegli avvenimenti viene fondata la GPDA, acronimo di Grand Prix Driver Association, ovvero l’organizzazione dei piloti che si è battuta per migliorare la sicurezza delle vetture e delle piste, Stewart è il principale rappresentante che negli anni seguenti ha ottenuto grandissimi risultati sul fronte della sicurezza. Stewart è anche il primo pilota ad impiegare le cinture di sicurezza e tra i primi ad indossare la tuta antifiamma ed il casco integrale. Un aneddoto: dopo Spa Stewarth si è sempre sistemato nell’abitacolo una chiave inglese per potere smontare il piantone dello sterzo in caso di emergenza.
La BRM monta il nuovo motore H16, ma il propulsore si dimostra molto problematico nella messa a punto e piuttosto fragile nell’affidabilità. Per Stewart le rimanenti gare del ’66 e tutta la stagione ’67 sono al ribasso ed alla fine della stagione, per mancanza di risultati, si consuma il divorzio tra l’asso scozzese e la squadra di Luis Stanley. Intanto Stewart corre in F.2 con la nuova Matra gestita da Ken Tyrrell rimanendo colpito dalla professionalità della squadra e dalla bontà del telaio. Per il 1968 si guarda attorno, fa anche un giro a Maranello, dove il Drake è interessato allo scozzese, ma si presenta in Ferrari con avvocato al seguito per discutere le clausole, le percentuali sugli sponsor e le postille contrattuali. Enzo Ferrari rimane sorpreso, lui da buon emiliano è abituato a siglare i contratti con una stretta di mano, non con gli avvocati e tra i due non ci sarà mai intesa. Nonostante il mancato accordo Stewart guiderà una volta per Ferrari, ma nel mondiale prototipi dove conquista il secondo gradino del podio con la 330P4 nella 1000 Km di Brands Hatch in coppia con Chris Amon, un risultato determinante per la conquista del titolo mondiale marche del 1967.
Arriva per il 1968 la chiamata di Ken Tyrrell che è pronto a debuttare in F.1 con la sua squadra. Jackie Stewart reputa subito molto interessante, sia dal punto di vista sportivo che da quello finanziario, la nuova combinazione composta dall’organizzazione di Ken Tyrrell, con i telai Matra, motore Ford Cosworth, gomme Dunlop e sponsor benzinaio Elf. La stagione 1968 va come previsto lo scozzese giunge secondo in classifica mondiale, alle spalle della Lotus di Graham Hill. Stewart ottiene il risultato con tre successi in Olanda, Germania e Stati Uniti, pur dovendo saltare le prime due corse (Spagna e Monaco) a causa della frattura ad un polso rimediata nel turno di prove in una gara di F.2 sul circuito di Jarama ad inizio anno.
Il 1969 è l’anno della sua consacrazione: l’accoppiata Stewart-Matra-Tyrrell-Ford domina la stagione mondiale e come ai tempi di Jim Clark l’unica domanda che si pongono gli appassionati e su chi arriverà secondo. Il titolo è già matematicamente vinto a Monza e da buon campione del mondo ed uomo di affari, continua la stagione dedicandosi a tempo pieno a tutte quelle attività collaterali di pubbliche relazioni con i vari sponsor che diventeranno in seguito necessarie ai campioni del futuro.
Nel 1970 la Matra decide di impiegare esclusivamente il suo 12 cilindri a V sulle sue vetture e per la squadra di Ken Tyrrell, strettamente legata alla Ford, si impone il divorzio dal costruttore transalpino. La scelta ricade sulla neonata March ed il talento di Stewart consente di ottenere la prima, ed unica vittoria in Spagna. Ma Ken Tyrrell da subito si era accorto che il telaio March non poteva essere abbastanza competitivo ed a metà stagione 1970 debutta con una macchina tutta sua, progettata da Derek Gardner. La Tyrrell-Ford scende in pista in Canada, conquista la pole position e va subito in testa conducendo la gara per 31 giri, fino a quando una sospensione non lascia a piedi Stewart, ma le basi per una nuova avventura mondiale sono state gettate.
Il 1971 è nuovamente la stagione di Stewart, che domina come nel 1969. Nel 1972 Stewart, nonostante una grande rimonta a fine stagione, non riesce a contrastare la marcia di Emerson Fittipaldi che si esprime al meglio con la Lotus 72, ma nel 1973 con la nuova Tyrrell si prende la rivincita proprio sul brasiliano sopravanzandolo in classifica finale per ben 16 punti. Lo scozzese vince 5 gare contro le due di Fittipaldi, ma nella gara del suo ipotetico trionfo si consuma il dramma che segnerà la fine della sua carriera di pilota. Il 7 ottobre del 1973, a Watkins Glen, Stewart si appresta a correre il suo 100° gran premio. Il giovane Francoise Cevert, pilota numero due della Tyrrell, è pronto ad ereditare il volante di Stewart, che sta già pensando di ritirarsi dall’attività di pilota per dedicarsi al mondo degli affari. Durante le prove la Tyrrell finisce fuori strada, urta il guard rail ed il giovane francese muore all’istante. Stewart è profondamente colpito, ha visto morire alcuni dei suoi più grandi amici, Clark e Rindt e decide di non prendere il via alla gara in segno di lutto. Sette giorni dopo nelle redazioni dei giornali arriva una sua breve nota stampa: “da oggi io non sono più un pilota. Mi sono ritirato e ne sono felice, anzi felicissimo – firmato Jackie Stewart”. Finisce così la sua avventura come pilota con 99 Gran Premi disputati di cui ben 27 vinti e 360 punti mondiali conquistati, oltre ai tre titoli mondiali il suo palmares conta il titolo inglese di F.3 del 1964, quello della Tasman Cup 1966, ed il titolo francese di F.2 del 1968. La carriera di Jackie Stewart continua come addetto alle pubbliche relazioni, testimonial di vari marchi tra cui Ford, crea anche il suo team di F.1, che poi vende facendo un ottimo affare, mettendo a frutto le sue innumerevoli doti dimostrate come pilota vincente.
Illustrazione © Carlo Baffi – Immagini © Massimo Campi – Ford press