Published on Agosto 14th, 2023 | by Massimo Campi
0Enzo Ferrari, 14 agosto 1988
A metà agosto scompariva l’uomo di Maranello
Era il 14 agosto 1988, l’Italia era in vacanza. La piatta Padana avvolta nella calura e nell’afa estiva, ci lasciava Enzo Ferrari, l’uomo che ha creato il mito, la leggenda. Una vita tra i motori, una vita per i motori, un “agitatore di uomini”, come si definiva. Dal niente ha creato il simbolo italiano che tutto il mondo ci invidia, un simbolo che ha continuato senza e dopo di lui, il simbolo dell’Italia che sa realizzare bellezza, arte e passione.
Il mondo seppe della sua scomparsa dopo ferragosto, se ne andò in silenzio, senza clamori, senza farlo sapere a nessuno. Aveva previsto tutto, anche chi doveva partecipare al suo funerale. I giornali a ferragosto non uscivano, nessuno seppe della sua scomparsa se non dopo il suo funerale, Modena era deserta, nessuno si accorse di quel piccolo corteo nel cimitero di San Cataldo. Ferrari aveva tagliato il suo ultimo traguardo.
Centellinava i clienti per le sue creature, voleva solo gente ricca e degna di possedere una sua creatura, odiava gli arricchiti, i cialtroni che vogliono solamente esibirsi davanti al mondo. Trattava gli uomini con durezza, a volte in modo cinico, voleva solo i migliori ed una dedizione totale.
Pensava sempre alla velocità, pensava sempre al futuro. Nelle corse ha scritto le principali pagine della storia e tanti sono scesi in pista solo per poterlo sfidare, come la Ford o la Porsche, ma alla fine sul puro piano dell’immaginario collettivo hanno dovuto sempre soccombere a quel colore rosso che scatenava passione e fantasie popolari anche quando non vinceva.
Aveva voluto costruire i giocattoli più belli, come l’ultima, quella F40, per celebrare i 40 anni del Cavallino Rampante, un purosangue, potente, scorbutico, difficile da domare, per palati fini, per veri piloti. In F.1 aveva perso il dominio in quel 1988, vincevano ancora i “garagisti” inglesi con quell’Ayrton Senna che stava schiacciando le rosse. Ma poche settimane dopo avvenne il miracolo con la rossa di Gerard Bergher, spinta dalla gemella di Michele Alboreto che trionfavano a Monza, come se fossero state guidate da una oscura mano dall’alto.
Da allora la Ferrari è cambiata, ha vinto titoli mondiali e continua a realizzare le più belle vetture di serie, giocattoli tecnologici sempre più potenti e veloci; ma ha perso un po’ di quell’aurea di sogno che si celava dietro quel misterioso sguardo di due occhiali neri da sole che scrutavano il mondo.