Published on Giugno 23rd, 2023 | by Massimo Campi
0I vittoriosi: viaggio tra i record di successi siglati dai big della Formula Uno.
Di Carlo Baffi
Con il perentorio trionfo nel 58esimo Gran Premio del Canada disputatosi domenica 18 giugno, Max Verstappen ha eguagliato il numero di vittorie di Ayrton Senna, “the Magic”. Il bi-campione olandese ha firmato il suo 41esimo successo in Formula Uno diventando il sesto pilota del Circus più vittorioso di tutti i tempi. Infatti anche altri drivers hanno avuto il merito di raggiungere prima e superare poi i successi della leggenda brasiliana. Parliamo di Sebastian Vettel, Michael Schumacher e Lewis Hamilton. C’è anche Alain Prost sul quale però va fatta una precisazione cronologica, dal momento che la sua carriera in F.1 cominciò nel 1980, mentre quella di Senna nell’84. Il “Professore” ottenne la sua 41esima affermazione il 29 maggio del 1988 in Messico e Senna l’avrebbe eguagliato cinque stagioni dopo, il 7 novembre del ’93 sul cittadino di Adelaide in Australia, ultimo round del campionato. Durante la cerimonia del podio, il brasiliano portacolori della McLaren, abbracciò il suo acerrimo rivale d’oltralpe sotterrando l’ascia di guerra. Un gesto simbolico, praticamente un passaggio di consegne in quanto Alain (38enne) avrebbe appeso il casco al chiodo fresco del 4° titolo iridato con all’attivo 51 G.P. vinti. Ad Ayrton lasciava il volante della sua Williams-Renault, la monoposto più potente ed ambita del lotto con la quale il paulista contava di battere i primati del francese. Malauguratamente un destino cinico e baro si portò via il 33enne campione verde-oro nel tragico pomeriggio del 1 maggio 1994 durante il Gran Premio di San Marino ad Imola.
Gioco forza Senna si fermò a quota 41, ma pur non essendo il pilota più vincente del Circus, la sua eminente figura dovuta ad una forte personalità, oltre che ad una classe elevatissima, rimase indelebile nella memoria della gente. Così quel numero di trionfi diventò una pietra di paragone per tutti. Sebastian Vettel tagliò quel fatidico traguardo il 26 luglio del 2015 imponendosi nel G.P. di Ungheria al volante della Ferrari. Il tedesco, classe 1987, partito dalla terza piazza dietro alle Mercedes di Hamilton e Rosberg balzò al comando e allungò protetto dal compagno Kimi Raikkonen. Vinse davanti alle due Red Bull-Renault di Kvyat e Ricciardo, dedicando quel primo posto a Jules Bianchi, il francese scomparso pochi giorni prima a Nizza dopo nove mesi di coma, a soli 26 anni. Tre anni dopo Seb avrebbe eguagliato Prost con la vittoria di Silverstone l’8 luglio, mettendo alle spalle della sua Rossa, l’idolo di casa nonché poleman Hamilton (Mercedes) e l’altro ferrarista Raikkonen. A fine corsa, euforico per l’impresa commentò:” Porteremo la bandiera inglese a Maranello con tanta gioia ed un grande sorriso.” La sua lista di trionfi si arresterà a quota 53, dopo esser salito sul gradino più alto del podio a Singapore davanti a Leclerc, che completò la doppietta Ferrari. Era il 22 settembre 2019, dopodichè il quattro volte iridato con la Red Bull imboccò il viale del tramonto lasciando il Cavallino per l’Aston Martin a partire dal 2021. Particolarmente toccante invece la reazione di Michael Schumacher quando agganciò Senna. Tutto si svolse a Monza il 10 settembre del 2000 al termine di una delle giornate più tristi della Formula Uno. Una spaventosa carambola si verificò durante il primo giro alla curva della Roggia ed a farne le spese fu Paolo Gislimberti un giovane volontario, addetto al servizio antincendio della Cea che prestava servizio a bordo pista. Fu colpito mortalmente dalla ruota staccatasi dalla Jordan del tedesco Frentzen ed il trasporto in ospedale fu vano. La gara non venne sospesa e con l’intervento della Safety-Car i commissari poterono prontamente liberare le vie di fuga dalle monoposto incidentate e pulire la pista dai tanti detriti sparsi, scongiurando il grosso rischio rappresentato da un secondo start da fermi. Una volta ripartiti, “Kaiser Schumi” proseguì la sua marcia solitaria sulla Ferrari seguito da Hakkinen, Villeneuve, Ralf Schumacher, Fisichella e Wurtz. La situazione di testa rimase immutata anche dopo le soste ed il leader della corsa conquistò la sua 41^ vittoria in carriera. Dietro di lui, Hakkinen ed il fratello Ralf. Un traguardo storico per Michael, che in conferenza stampa ebbe una crisi di pianto nel momento in cui un giornalista gli chiese che sensazione stesse vivendo nell’aver raggiunto il campionissimo con cui non erano mancati forti attriti. Una reazione dettata sicuramente dalla tanta tensione accumulata, ma non dovuta alla tragedia della Roggia. “E’ stata l’emozione di vincere davanti a questo pubblico” spiegò il ferrarista. Del tragico schianto, i piloti vennero informati soltanto più tardi, nel corso del consueto incontro coi media al ring e rimasero sconvolti. “Un disastro…” si limitò a dire Hakkinen, mentre Schumacher interruppe le interviste:”…una vicenda terribile, parlare non ha più importanza.” Al termine di quella stagione, il tedesco avrebbe finalmente festeggiato il suo terzo titolo piloti, primo in sella al Cavallino.
Il binomio Schumi-Ferrari era solo all’inizio di un ciclo memorabile che avrebbe permesso a Michael di conquistare altre quattro corone mondiali. Nel mezzo raggiunse i trionfi di Prost, il 19 agosto 2001 all’Hungaroring, giorno in cui lui e la Rossa si riconfermarono iridati tra i piloti ed i costruttori. Nel giro di rientro, il teutonico rivolgendosi via radio al team si sciolse:” E’ fantastico, semplicemente fantastico, vi amo tutti voi della Ferrari, vi amo”. La serie fortunata gli permetterà di totalizzare ben 91 successi, ultimo dei quali in Cina, il 1 ottobre 2006, in una stagione in cui avrebbe sfiorato la conquista dell’ottavo titolo, beffato dal giovane astro nascente Fernando Alonso, pilota della Renault. Archiviato quel mondiale, la carriera del ferrarista si interruppe momentaneamente fino al 2010, anno in cui ritornò alle gare con la Mercedes per un triennio incolore. A frantumare il record di Schumi ci avrebbe pensato tempo dopo un altro mostro sacro del Motorsport, tale Lewis Hamilton. L’inglese fece il suo debutto nei Gran Premi nel 2007 accompagnato da una lunga scia di vittorie ottenute nelle formule minori che lo trasformarono in una specie di predestinato. Sfiorò il mondiale proprio in quell’anno al volante della McLaren-Mercedes per arpionarlo nel 2008 all’ultimo G.P. scippandolo al ferrarista Felipe Massa per un solo punto al termine di una corsa palpitante in Brasile. Seguì un quadriennio di alti e bassi complice una vettura non all’altezza delle migliori, finchè il britannico classe 1985, venne ingaggiato dalla Mercedes.
A volerlo insistentemente fu il grande Niki Lauda, insediatosi ai vertici della Stella a Tre Punte col team boss Toto Wolff. Per Lewis si trattò di un’autentica svolta ed iniziò a mietere successi e primati a raffica. Il 27 settembre del 2015, il british fece suo il G.P. del Giappone mettendosi alle spalle la seconda Mercedes di Rosberg e salì al pari di Ayrton, suo grande idolo:” E’ fantastico raggiungere Senna – disse Hamilton – su una pista (Suzuka ndr) dove ha vinto e fatto cose straordinarie. Ogni pilota sogna di venire qui e di dominare.” A poco più di un anno di distanza, in Messico, l’alfiere della “Stella a Tre Punte” conseguì la 51esima affermazione, divenendo “Professore” come Prost che omaggiò attraverso i social. Era il 30 ottobre 2016 e Lewis poteva celebrare il nuovo primato sul podio dell’Autodromo Hermanos Rodriguez di Mexico City, insieme a Rosberg e Ricciardo. Il 10 giugno 2017, Hamilton mise a segno un altro capolavoro, questa volta sull’impegnativo tracciato canadese dell’isola di Notre Dame. Compì una tornata perfetta demolendo il record sul giro e fermando le lancette del cronometro sul tempo di 1’11”459 a 219,701 km/h di media. Ebbe la meglio sulla Ferrari di Vettel al termine di una battaglia all’ultimo respiro. Per lui era la sesta pole a Montreal, 65esima in carriera proprio come Senna. Al termine della sessione, gli organizzatori allestirono una premiazione ufficiale in pista, alla prima curva dopo il traguardo. Davanti alle telecamere lo speaker Will Buxton munito di microfono, consegnò il casco originale utilizzato dal paulista al tempi della Lotus-Honda nel 1987, contenuto in una teca. Un cimelio dal valore inestimabile donatogli dalla famiglia del sudamericano. Alquanto emozionato, l’inglese alzò verso il pubblico il contenitore trasparente, dopodichè prese il casco e lo baciò accompagnato da uno scroscio di applausi.” Il regalo che la famiglia di Ayrton ha pensato di farmi rappresenta per me ben più di un trofeo, ma un dono del cuore. A loro va il mio grazie più sincero: da piccolo guardavo i filmati di Ayrton, un mito, un esempio per me e per molti di voi. Lui mi ha ispirato ad intraprendere questa carriera. Avere un qualcosa appartenuto a lui è speciale. Non potrei essere più felice sapendo di avere raggiunto il suo stesso numero di pole.” Dopo Senna, il Campione della Mercedes mise nel mirino i record di Kaiser Schumi. Il 27 agosto di quello stesso anno siglò a Spa la sua pole numero 68, eguagliando il tedesco e sette giorni dopo nella Monza ferrarista, lo superò. Ora non gli restava che puntare ai 91 trionfi dell’eptacampione. Un numero che solo qualche anno prima pareva irraggiungibile, ma che con il dominio assoluto delle “Frecce d’Argento” era diventato possibile. Si arrivò così all’11 ottobre del 2020. Per una curiosa combinazione, il palcoscenico si trovava in Germania sul rinnovato impianto del Nurburgring, a due passi della leggendaria Nordschleife. Seppur favorito, Hamilton dovette sudare parecchio inseguendo la W11 gemella di Valtteri Bottas che partiva al palo. Alla fine s’aggiudicò il Gran Premio dell’Eifel dopo un assiduo pressing sul finnico che dovette abbandonare per noie tecniche. Dopo la bandiera a scacchi, ad attendere il “cannibale” c’era Mick Schumacher (abbigliato col giaccone della Ferrari Driver Academy) pronto a consegnargli il casco rosso del padre. Una cerimonia ufficiale immortalata dalle telecamere durante le interviste di rito in parco chiuso. L’unica nota un po’ stonata, a voler essere pignoli, riguardò proprio il casco risalente ai tempi in cui Schumacher correva per la Mercedes e non con il Cavallino. Non certo un periodo felice per il fuoriclasse di Kerpen. Comunque sia Hamilton mostrò tutta la sua gratitudine nel ricevere una memorabilia così carica di significato, tant’è che dopo averla alzata come uno scettro, se la portò sul podio. Il sei volte campione non nascose la sua emozione per il traguardo raggiunto preludio alla settima corona iridata che avrebbe fatto sua a breve raggiungendo un altro primato detenuto dal tedesco. ”…ricordo quando giocavo ai videogames con Michael e non pensavo che avrei potuto avvicinarlo, figurarsi eguagliarlo ”. Ma la marcia inesorabile di “Hammertime” sarebbe andata oltre. Ad oggi le sue affermazioni sono 103. La più recente risale al 5 dicembre 2021 sul neonato circuito cittadino di Jeddah in Arabia Saudita, al termine di una contesa ad alta tensione con Verstappen, dove volarono colpi bassi da parte dell’orange: tra questi pure un brake-test. Su quel memorabile campionato sarebbe calato il sipario la settimana successiva ad Abu Dhabi con uno sprint al cardiopalmo tra Lewis e Max, che arrise a quest’ultimo tra innumerevoli polemiche e contestazioni, complice una direzione gara inadeguata.
Dal 2021 Hamilton non è più riuscito a conquistare nuovi successi, causa la crisi tecnica che sta affrontando la scuderia di Brackley, parallelamente alla dittatura assoluta della Red Bull. Lewis però non s’è ancora dato per vinto. Malgrado i suoi 38 anni, non conta solo di ritornare sul gradino più alto del podio, bensì di fregiarsi dell’ottava iride. Al di là dei big sopracitati non vanno dimenticati altri campioni che annoverano un numero di vittorie di tutto rispetto. In primis Fernando Alonso, il due volte Campione fermo a quota 32. Attenzione però, perché questo signore prossimo ai 42 anni è ancora in attività; è infatti ritornato in F.1 assai motivato dopo un triennio di latitanza. E qui vale lo stesso discorso fatto per Sir Lewis Hamilton. Nel recente G.P. del Canada, abbiamo questi due “vecchietti terribili” inseguirsi col coltello fra i denti, come nel lontano 2007 quando esplose la loro faida in McLaren. Non è quindi un’utopia pensare che prossimamente possano fare nuovamente bottino pieno. Se l’asturiano, la cui ultima vittoria risale a dieci anni fa esatti (G.P. di Spagna con la Ferrari), può contare su un’Aston Martin molto efficace, l’eptacampione è tornato a sorridere ritrovandosi tra le mani una Mercedes in crescita.
A quota 31 c’è poi il “Leone d’Inghilterra” Nigel Mansell, che firmò l’ultimo trionfo sulla Williams-Reanult ad Adelaide il 13 novembre del 1994 al volante della FW16B rimasta orfana di Senna. Gran parte dei suoi successi, l’irruente britannico li ha ottenuti sulle monoposto di Grove. A seguire troviamo Jackie Stewart (27), Jim Clark e Niki Lauda (25), il penta campione Juan Manuel Fangio (24), Nelson Piquet e Nico Rosberg (23). Le vittorie di quest’ultimo sono tutte quante griffate Mercedes, dalla prima nel 2012 in Cina quando faceva coppia con Michael Schumacher, all’ultima in Giappone nel 2016, stagione che lo vide detronizzare Hamilton. L’elenco dei nomi celebri prosegue con Damon Hill (22) con i due finlandesi Kimi Raikkonen e Mika Hakkinen rispettivamente con 21 e 20, seguiti dai britannici Stirling Moss, Jenson Button e Graham Hill con 16, 15 e 14. Va evidenziato però un fattore importante, ossia che i piloti moderni, rispetto a quelli saliti alla ribalta nel secolo scorso, possono disputare un maggior numero di Gran Premi per via dei calendari sempre più ricchi di appuntamenti.