Storia

Published on Marzo 12th, 2022 | by Massimo Campi

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Alfa Romeo 33.2 Fleron

Il 12 marzo 1967 debutta la nuova Alfa Romeo 33.2 nella cronoscalata di Fleron in Belgio

Nel 1966 esce la notizia sulla stampa del ritorno dell’Alfa Romeo alle grandi gare di durata con un nuovo prototipo, visto i risultati ottenuti con le GTA nelle gare Turismo, la coupè dell’Autodelta che domina la sua categoria. Si parla di una barchetta con un inedito V8, voluta da Giuseppe Luraghi, allora amministratore delegato della fabbrica lombarda. Oltre alle vittorie con la GTA, ci sono anche i notevoli risultati della TZ nelle gare di durata, ma l’ambizione della fabbrica lombarda è  quella di tornare a competere con i grandi nomi dello sport. I nuovi regolamenti della FIA prevedono i prototipi di tre litri, ma c’è anche la categoria dei prototipi fino a due litri, ed una biposto da corsa era il nuovo sogno di Luraghi che sceglie inizialmente un profilo basso per fare esperienza. Il progetto è denominato 105.33, il numero identifica il progressivo di realizzazione delle vetture in Alfa, in particolare quello della Giulia e sue derivate, ed è inizialmente incaricato il Servizio Esperienze Speciali per la realizzazione della nuova barchetta da competizione. Nasce la vettura in gran segreto già nel 1965, Luraghi la vuole fare debuttare alla Targa Florio, ma il SES frena l’iniziativa prevedendo un periodo di almeno due anni di collaudi e sviluppo. È previsto l’uso del quattro cilindri 1.570 cc già montato sulla TZ derivato dalle vetture di serie, ma bisogna verificare se il motore è adeguato alla concorrenza.

Nel contesto temporale si inserisce l’Autodelta che sta prendendo possesso del nuovo stabilimento a Settimo Milanese; Luraghi è abbastanza perplesso dei tempi indicati da Giuseppe Busso, responsabile del SES, vuole anticipare i tempi, vuole sicurezza sui risultati da ottenere. l’Autodelta aveva già sviluppato le GTA e la TZ2 a telaio tubolare, relegata dai regolamenti tra i prototipi. L’Ing. Carlo Chiti aveva preso pieni poteri a Settimo Milanese, ed era consapevole che l’Autodelta sarebbe riuscita a realizzare e sviluppare il nuovo prototipo voluto da Luraghi. Inoltre Chiti ha già pronto il progetto per il motore, avendo già realizzato il V8 di 2,5 litri per la ATS: basta rispolverare quel progetto e ridimensionare il tutto per la cilindrata di due litri. Giuseppe Luraghi prende immediatamente la decisione, l’otto cilindri sembra più adatto ad una macchina da corsa e gira il progetto di costruzione alla nuova struttura esterna di Settimo Milanese: sarà l’Autodelta a riportare il marchio lombardo nelle grandi corse di durata, nonostante la grande delusione del Sevizio Esperienze Speciali che si sente scippato della vettura.

Chiti deve rivedere il prototipo già realizzato dalla SES. Il telaio è inusuale, realizzato attorno ad una struttura ad H asimmetrica di origine aeronautica, costituita da tre grandi tubi in lamiera di Peralluman di 2,5 mm e 20 cm di diametro in cui vengono posizionati i serbatoi del carburante, uniti da fusioni in alluminio e magnesio realizzate dalla Campagnolo. Un progetto ambizioso, che ha comunque bisogno di un lungo sviluppo come quello del nuovo V8 dell’ingegnere toscano. Il motore sviluppa 237 cv a 9.600 giri, la carrozzeria è in vetroresina, abbastanza tondeggiante, e la linea è decisamente curata ed elegante per gli standard dell’epoca. La grossa presa a periscopio sul cofano posteriore serve a fare affluire aria al V8 che scalda anche molto. Inizialmente l’alimentazione è a carburatori, ma Chiti la sostituisce con una iniezione meccanica Lucas, più efficiente. Alla fine i tempi di collaudo e sviluppo durano comunque due anni, come aveva inizialmente previsto l’Ing. Nicolis del SES. Bruno Bonini e Teodoro Zeccoli si fanno carico delle varie prove e la nuova 33.2 è pronta per la gare all’inizio anno 1967.

Per il debutto viene scelta la gara in salita a Fleron in Belgio ed è Teodoro Zeccoli che porta in gara il telaio n°001 il 12 marzo del 1967. Tutto fila liscio, Zeccoli vince la prova, anche se la 33 non ha veri avversari in grado di  contrastarla.  La prima vera gara in pista è poche settimane dopo a Sebring. Il 2 aprile 1967 sul tracciato della Florida vengono schierate due vetture: la 004 pilotata da Teodoro Zeccoli ed Andrea De Adamich e la 005 per Roberto Bussinello e Nanni Galli. Subito si capisce che una gara di durata di 12 ore non è ancora alla portata della 33.2. Entrambe le vetture non vedono la bandiera a scacchi, ma l’avventura è iniziata e l’Alfa Romeo si sente pronta alle grandi competizioni di durata. La 33.2 partecipa alla Targa Florio, al Circuito del Mugello, è veloce, ma i guai tecnici la condannano sempre alla resa. Intanto Chiti ha sviluppato il motore con nuove testate a doppia accensione ed alla 1000 Km del Nurburgring, De Adamich – Galli – Bussinello –Zeccoli sono quinti assoluti.

Una nuova vittoria per la 33.2 arriva alla salita Palermo-Monte Pellegrino con Nanni Galli, ed infine, il 15 ottobre, Andrea De Adamich ed Ignazio Giunti salgono sul gradino più alto del podio al Trofeo Bettoja a Vallelunga, un risultato che fa felici sia Carlo Chiti che Giuseppe Luraghi, i due artefici di questo nuovo corso del biscione.

Per il 1968 sono previste tante novità: un prototipo stradale disegnato da Franco Scaglione ed una nuova vettura evoluzione delle esperienze maturate nel 1967. L’Autodelta di Carlo Chiti è pronta a nuove sfide, che riporteranno i grandi risultati sportivi all’Alfa Romeo con la conquista dei titoli mondiali nelle gare di durata a metà anni ’70 proprio con le vetture evolute dalla 33.2 che ha debuttato nel 1967.

La 33.2 Fleron delle foto è di proprietà della Scuderia del Portello e viene regolarmente usata  varie manifestazioni per vetture d’epoca. “E’ una vettura molto particolare, un vero pezzo di storia – ci racconta Marco Cajani, il presidente del sodalizio dedicato alle vetture del Portello – la nostra è il telaio n°1, proprio quello che ha debuttato nella gara in Belgio. E’ stata acquista a metà degli anni ‘80 dall’Alfa Romeo assieme ad una 33.3, ed il restauro, decisamente impegnativo, è durato diversi anni. Ci sono solamente tre vetture al mondo in questa conformazione, le altre sono state trasformate nella versione Daytona che ha corso nel 1968. Quando portiamo in pista questa vettura stiamo molto attenti: il telaio è molto particolare con parti in magnesio, danneggiarlo sarebbe un vero dramma. La 33.2 in velocità tende ad alleggerire il muso, per l’effetto dinamico della presa d’aria a periscopio che tende a schiacciare la coda. Il motore invece è meraviglioso, il suono dell’otto cilindri è una vera sinfonia ed usarla è sempre un grande piacere.”

Immagini © Massimo Campi

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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