Published on Dicembre 16th, 2021 | by Massimo Campi
0La Lancia Ferrari D50 vince con Fangio il mondiale nel 1956
Dalla Lancia alla Ferrari, la D50 diventa la regina della Formula Uno
Nel 1956, Manuel Fangio conquista il suo quarto titolo mondiale con la Ferrari “8 CL” in pratica l’ex Lancia D50, l’ultima monoposto pilotata da Alberti Ascari. Il dominio della Ferrari è notevole, Fangio, Musso, Collins sono i piloti da battere, tutti al volante della rossa di Maranello, ma la superiorità e la storia della vettura è frutto di una serie di circostanze. Nel 1956, la Mercedes, dominatrice delle due stagioni precedenti di Formula Uno con la W196, decide di abbandonare la partita. Ufficialmente i dirigenti di Stoccarda sono paghi dei successi e della superiorità dimostrata. Dietro ci sono ragioni economiche: gli investimenti nello sport erano stati ampiamente ricompensati dalla produzione di serie, stavano nascendo nuovi modelli da strada che richiedevano un grande impegno, ed aleggiava ancora la tragedia di Le Mans che era costata la vita ad 80 persone, causata dalla Mercedes 300 SLR di Pierre Levegh. Anche in casa Lancia giunge lo stop per le competizioni dopo la morte di Alberto Ascari, ma soprattutto dalla drammatica situazione finanziaria della fabbrica torinese. Da tutti questi presupposti inizia la stagione 1956, di fatto si voltava pagina dopo i due anni targati Mercedes, con i due top driver che prendevano strade diverse, ma entrambe italiane: Fangio approda a Maranello, Stirling Moss a Modena, in via Ciro Menotti, alla Maserati. L’asso argentino trova in Ferrari la ex Lancia D50, ed una squadra con giovani e veloci piloti come Collins, Musso, Castellotti ed il barone belga Gendebien. L’inglese a Modena farà squadra con Jean Berha e Cesare Perdisa.
La Lancia D50
La Ferrari è nata a Torino, in casa Lancia, due anni prima quando il giovane Gianni Lancia decide di produrre auto, di nicchia, ma molto eleganti e ritornare nel mondo delle corse, sfidando Mercedes e Ferrari, per rafforzare l’immagine del marchio. Molte azioni della casa torinese sono tenute dal gruppo Pesenti, ma Lancia, nonostante la fabbrica navighi in brutte acque finanziarie ed i conti sono in rosso assume Vittorio Jano, il grande progettista delle Alfa Romeo della Scuderia Ferrari. Lo stipendio è da fuoriclasse, ma anche le vetture realizzate lo sono. Sotto la progettazione di Jano nascono le sport D23 e la D24 ed in seguito la monoposto D50 di Formula Uno. Poi ci sono i piloti, ed in questo campo Gianni Lancia non si fa mancare nulla, vuole solo i migliori, costi quel che costi. Con un ingaggio sensazionale per l’epoca ingaggia Alberto Ascari, due volte campione del mondo, il migliore tra tutti gli italiani, assieme a Gigi Villoresi. Arriva anche Manuel Fangio, anche lui già campione del mondo con l’Alfa Romeo. Fa qualche corsa di durata con la D24, ma che ben presto emigra alla Mercedes, intuendo che la casa tedesca ha la macchina con la migliore tecnologia, ed i soldi per svilupparla.
La progettazione della D50 ha una storia piuttosto lunga e travagliata, ma quando viene presentata si capisce che Vittorio Jano è ancora uno dei migliori progettisti sul mercato ed i soldi sono stati ben spesi. Il problema però sono proprio i soldi: i Pesenti hanno ormai molte azioni della fabbrica, l’azienda è vicina alla bancarotta e vogliono fare quadrare i conti. La D50 è un gioiello di tecnica per l’epoca, dotata di un brillante otto cilindri a V di 90°, cilindrata 2.486cc per una potenza di 250cv a 8.000 giri, mentre Ferrari continua con il 4 cilindri in linea progettato da Lampredi. La Lancia è dotata di serbatoi laterali per equilibrare le masse, la trasmissione ha un sistema transaxle con il cambio posteriore e ponte De Dion, tra le evoluzioni è già pronta una carrozzeria carenata per i tracciati veloci come Reims e Monza. Il V8 è inclinato di 12° per consentire il passaggio dell’albero di trasmissione alla sinistra del pilota, il tutto per abbassare il telaio e quindi le masse sospese. Intanto Gianni Lancia continua nella sua rivoluzione dell’immagine e fa costruire un grattacielo a Torino, come sede dirigenziale, decorato da Gio’ Ponti. Il grattacielo è realizzato proprio dal gruppo Pesenti che diventa sempre più creditore della Lancia, ormai pesantemente indebitata dalla gestione allegra del suo patron Gianni. La D50 debutta con Ascari e Castellotti, a stagione inoltrata 1954, la messa a punto è piuttosto laboriosa, ma la vettura sembra nata bene, molto maneggevole. La stagione 1955 inizia nel peggiore dei modi: il 26 maggio del 1955 Alberto Ascari muore a Monza. Tre giorni prima aveva corso a Montecarlo con la D50, mentre era in testa è uscito di strada finendo in mare. I sommozzatori lo salvano, per il milanese è uno shock e tre giorni dopo va a trovare l’amico Castellotti che sta girando a Monza con la sua Ferrari 750 sport, chiede al lodigiano di fare qualche giro, giusto per provare i riflessi. Sale sulla sport del Cavallino in camicia e cravatta, parte veloce dai box, dopo tre giri finisce fuori strada alla curva del Vialone, che verrà poi intitolata proprio al campione milanese, perdendo la vita. Per Gianni Lancia è il colpo da ko. Esce di scena dalle corse, e dopo due mesi viene estromesso anche dalla sua fabbrica. I conti sono pesantemente in rosso, deve cedere il 16% delle azioni ancora in suo possesso al Gruppo Pesenti che chiede immediatamente il suo allontanamento dalla fabbrica. La Mercedes si fa avanti per rilevare il reparto corse, ma in Italia nasce un patto segreto tra ACI, Fiat e Ferrari ed il tutto viene donato proprio alla scuderia di Maranello, mentre la Fiat si impegna a versare alla Ferrari un contributo di 50 milioni di lire per 5 anni per finanziare le corse con le ex macchine torinesi.
Dalla Lancia alla Ferrari
Il 26 luglio del 1955 mentre Gianni Lancia è scappato in esilio forzato in Brasile, i meccanici Ferrari accompagnati da Mino Amorotti e Luigi Bazzi entrano nel reparto corse di via Caraglio a Torino caricando tutto il materiale del reparto corse e le sei monoposto D50. Nell’accordo c’è anche la consulenza di Vittorio Jano che torna a collaborare con Maranello scalzando Aurelio Lampredi dal ruolo di direttore tecnico. Le D50, con i colori Ferrari vengono fatte correre a Monza nel 1955 per testare le differenze di prestazioni con le Ferrari e le Mercedes. Sono sei le Ferrari schierate a Monza, tre 625 con il quattro cilindri di 2,5 litri e tre D50 per Castellotti, Villoresi e Nino Farina. Le Mercedes di Fangio, Moss e Kling dominano le prove e la gara, ma Castellotti e Farina sono subito dietro nelle prove, mentre la prima 625, quella di Maglioli, è dodicesima. In gara saranno le gomme a decidere la sorte delle D50, dopo pochi giri le vetture vengono ritirate con i pneumatici a pezzi. La Ferrari, per contratto, monta gomme Englebert al posto delle Pirelli utilizzate dalla Lancia che non si adattano alle caratteristiche della monoposto torinese.
La D50 mondiale con Fangio
In casa Ferrari iniziano le prime modifiche, i serbatoi vengono integrati nella carrozzeria e le Lancia-Ferrari vengono schierate per la stagione 1956. Per Fangio, il caposquadra della scuderia di Maranello l’anno inizia subito con molte difficoltà: in Argentina ha problemi al motore, ma riesce a salire sulla macchina di Musso e vince dividendo i punti con il pilota italiano. A Monaco c’è il grande duello tra l’argentino e Stirling Moss fino a quando Fangio ha nuovamente problemi meccanici e si ferma ai box. Collins gli cede la sua Ferrari, Fangio inizia una furiosa rimonta che lo riporta alle spalle della Maserati di Moss, che vince con sei secondi di vantaggio. A Spa arriva il primo successo di Peter Collins con la Ferrari, mentre Fangio è di nuovo fermo per problemi alla trasmissione, ma anche Moss è fermo per problemi alla sua Maserati. In Francia l’inglese bissa il successo con la Ferrari, precedendo il compagno Castellotti, Jean Berha e Fangio che arriva quarto, Moss è nuovamente fermo per problemi al cambio. Il campione argentino vince finalmente in Inghilterra a Silverstone precedendo la coppia De Portago-Collins sulla D50. Nuovo capolavoro di Fangio al Nurburgring che precede ben cinque Maserati, con Moss che sale sul secondo gradino del podio. Ad una gara dal termine il mondiale vede in testa Fangio con 30 punti, seguito da Collins e Berha con 22 e Moss con 19, l’ultimo atto a Monza sarebbe stato quello decisivo per la conquista del titolo. Il Gran Premio d’Italia si svolgeva sull’intero tracciato brinatolo, quello di 10 km con stradale ed anello di alta velocità. La D50 di Fangio, dopo 20 giri, è ferma ai box con problemi al motore, trasmissione e sterzo, ma c’è da vincere il mondiale, con le Maserati che vanno forte. Ai box viene chiesto a Musso di cedere la vettura all’argentino, ma il romano si rifiuta “se vuole corra con la sua macchina”. Sarà invece Peter Collins a fare il gesto che cambierà le sorti della gara e del mondiale. Cede la sua D50 all’argentino “tanto sono giovane ed ho ancora tempo per vincere” sono le parole del campione inglese, un gesto di cortesia, di rispetto verso la classe dell’argentino, un favore che diventerà celebre. Fangio riparte con la Ferrari di Collins, cercando di recuperare il tempo perso. Anche la D50 di Musso ha dei problemi ed il romano si ferma. Fangio è secondo alla spalle di Stirling Moss e conquista i punti necessari per il suo quarto titolo, grazie soprattutto al gesto di Collins. Enzo Ferrari apprezzerà molto il comportamento del pilota inglese: una vettura con il cavallino rampante sul cofano è nuovamente mondiale. Da quel momento però le strade tra il pilota argentino e Maranello si divideranno tra varie polemiche. Fangio emigra a Modena, casa Maserati, Ferrari, per il futuro, punta sui giovani piloti: Castellotti, Musso, Collins, ma nessuno di loro riuscirà a conquistare l’alloro mondiale e tutti perderanno la vita nell’arco di un paio di stagioni.
Nel 1957 la D50 viene modificata e diventa 801
La D50 viene modificata per la stagione 1957, i due serbatoi laterali scompaiono e la benzina finisce alle spalle del pilota. la monoposto viene ribattezzata 801 (8 cilindri, 01 Formula Uno), ma le modifiche effettuate vengono subito criticate da Castellotti e Villoresi che avevano contribuito allo sviluppo in Lancia. Scompaiono anche le balestre trasversali sostituite da molle elicoidali. Viene rivista anche la parte meccanica, il V8 ha una nuova cilindrata di 2.489cc con un incremento di potenza che arriva a 275 cv a 8.200 giri. Il cambio, a 5 rapporti, è sempre in blocco con il differenziale. La 801 non riesce a ripetere i risultati della D50, la Maserati 250 diventa la vettura da battere e Fangio la fa volare verso il suo quinto titolo mondiale. Per la 801 è l’unica stagione mondiale, per il 1968 verrà sostituita dalla nuova 246 che riporterà il mondiale a Maranello.