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sabato 22 Marzo 2025

Clay Regazzoni, il playboy re di Monza

Il pilota Ticinese, scomparso il 15 dicembre 2006, è stato un grande campione che ha saputo infiammare la passione ferrarista e dei suoi tifosi

 “Viveur, danseur, calciatore, tennista e, a tempo perso, pilota. Il brillante, intramontabile Clay, ospite d’onore ideale per le più disparate manifestazioni alla moda, grande risorsa dei rotocalchi femminili. Lo contattai fin dal 1969, l’anno dopo vinse un memorabile Gran Premio d’Italia a Monza”. È questa la descrizione di Enzo Ferrari, che ricorda quel “memorabile” Gran premio d’Italia 1970 che consacra Clay Regazzoni come grande idolo delle folle. Lo svizzero debutta in quella stagione con la Formula Uno, subito con la Ferrari, ma alternandosi con l’altro giovane pilota Ignazio Giunti.

È domenica 6 settembre 1970, Clay è alla sua quarta gara con la 312B, la macchina di Mauro Forghieri va forte, finalmente la rossa è risorta e Jacky Ickx è in lotta per il titolo mondiale. E’ un fine settimana particolare, Jochen Rindt nelle prove è volato via nell’urto contro il rail della sua Lotus 72 e Colin Chapman ha già fatto le valige verso casa con il suo team. È una bella giornata di settembre, sugli spalti oltre 150.000 spettatori, lo svizzero è alla sua quinta gara mondiale, ma è già protagonista fuori dall’abitacolo.

Parla italiano, anzi è considerato italiano, non si nega al pubblico, ed in pista non ha timori reverenziali verso gli altri piloti. Ha 31 anni, è terzo nelle prove dietro al caposquadra Ickx ed alla BRM di Pedro Rodriguez, si cala nell’abitacolo della sua 312B n°4, indossa ancora il casco Jet, bianco e rosso, con gli occhialoni ed il sottocasco che gli nasconde il volto, dietro ha il campione del mondo Jackie Stewart con la March. Monza è una pista particolare, la più veloce, dove contano le scie e ci vuole esperienza e tanto “pelo”, oltre al piede pesante, per stare davanti. Ickx al 25° giro rompe la frizione, il pubblico sembra quasi sonnecchiare sotto il sole cocente, ma improvvisamente il lampo rosso si fa strada, e dopo sette giri la 312B è in testa con Clay inseguito come un’ombra da “sir” Jackie Stewart. Il duello è epico: staccate al limite, traiettorie incredibili, il V8 Cosworth ed il V12 Ferrari che sibilano sullo stradale con i contagiri che impazziscono, le monoposto in scia a pochi centimetri tra loro a folle velocità, uno spettacolo che solo il “tempio della velocità” sa offrire. La lotta tra i due facilita la rimonta di Jean Pierre Beltoise, l’urlo dei V12 Matra si confonde con gli altri due motori, al 55° giro sfrutta la scia dei due, staccata folle in Parabolica ed il francese è davanti. Tutti pensano che il ticinese non ce la possa fare contro i due molto più esperti, ma Clay impara presto, e con la stessa manovra del francese ritorna in testa, ma questa volta non lascia nulla agli avversari: viaggia a tutto gas a pochi centimetri dal muretto dei box rompendo l’effetto scia agli avversari. Guadagna pochi metri, quelli sufficienti a mantenere la testa. L’urlo del tifo sugli spalti sovrasta quello dei motori in pista, Clay guadagna sei secondi, taglia il traguardo, ma si deve subito fermare con il pubblico che sfonda i cancelli ed invade la pista. Ha vinto Gianclaudio Giuseppe “Clay” Regazzoni, che viene portato in trionfo fin sotto al podio. Ha finalmente vinto la Ferrari ed il pubblico ha trovato il suo nuovo eroe.

Svizzero di nascita, italiano di origini e adozione, latino di carattere. Clay Regazzoni era simpatico e istrione, un campione di cuore, amato ovunque andasse, con quel suo modo di intendere le gare, di affrontare la vita. Ci metteva impegno, serietà, grinta, ma anche quel senso di piacere nel seguire le sue passioni. Sempre in entrambe le sue due vite, quella prima e quella dopo. Già due vite, unite dalla velocità e separate da un pedale del freno che si spezza a Long Beach.

Il 5 settembre 1939 cominciava la storia di Regazzoni. La cronaca dice che era nato a Lugano, Svizzera, Canton Ticino, e già aveva la velocità nell’indole. “Gian Claudio venne alla luce così in fretta che volevano chiamarlo Furio” è il lontano ricordo di sua madre, invece, proprio la mamma fu incuriosita da un nome che vide su un giornale, Jean Claude, Gian Claudio all’italiana, o ticinese.

Il padre, carrozziere; Clay le macchine inizia a conoscerle nel cortile della azienda di famiglia. Silvio Moser, l’amico che lo porta in pista, gli fa conoscere la passione, la velocità, la competizione. E via per le piste, Clay va veloce, ha grinta. Formula Tre, Clay è ben presto nel manipolo dei giovani rampanti, dove ogni staccata è quella decisiva. Si corre su piste improvvisate, su piste vere, su tracciati cittadini.

Clay sfida più volte la sorte: a Montecarlo la sua Tecno si infila tra le lame del rail. Si ferma con il casco che sfiora la lama metallica, per pochi millimetri non rimane decapitato. Niente paura, sono cose che succedono in quegli anni, come quando a Caserta perdono la vita tre cavalieri del rischio e Clay ancora una volta esce indenne da quel macello. Formula Due, al via con la Tecno ufficiale dei Fratelli Pederzani, è il 1970, il suo anno. Vince il titolo europeo, lo vuole Enzo Ferrari ed a Monza sbanca la roulette della passione. È il giorno dopo della scomparsa di Jochen Rindt, Monza passa dal dolore alla festa rossa. Cinque anni dopo, nel 1975 è ancora Clay ad essere portato in trionfo nel giorno della conquista mondiale di Niki Lauda e della vittoria Ferrari col pilota più amato. Regazzoni non è solo Ferrari. L’idillio con la rossa finisce, ma non con i suoi tifosi. Passa alla corte di Sir Frank Williams e, a 40 anni, regala alla squadra britannica la sua prima vittoria in Formula 1 sulla pista di Silverstone.

30 marzo 1980, Long Beach (California). È il 51° giro di gara, Clay pigia il freno della sua Ensign per affrontare la staccata alla fine della Shoreline Drive. Sotto la suola della sua scarpa trova il vuoto, il pedale si è spezzato, la monoposto viaggia ad oltre 250 all’ora ed alla fine del rettilineo c’è solo un muro di cemento. Quella volta ha perso la sua personale sfida con la sorte, da quel momento inizia la sua seconda esistenza.

Ha preso il via a 132 gare, dove ha ottenuto cinque vittorie, 13 secondi posti, 10 terzi posti, una serie di piazzamenti e per ben 15 volte il giro più veloce in gara. Clay Regazzoni deve dare l’addio alla Formula 1. Lo attendono quattro anni di ospedale, più di 60 ore di interventi e la sedia a rotelle come compagna di avventura, perché ormai c’è la certezza che Clay non avrebbe più camminato.

Cambia la prospettiva, ma non cambia la passione ed il modo di affrontare la vita. Clay non si ferma, comincia a sviluppare i sistemi di guida manuale e prosegue a correre. Prende parte più volte alla Parigi-Dakar, corre in kart, sulle vetture d’epoca, diventa uno specialista dei grandi raid, fa alcune gare storiche come la Carrera Panamericana con la Scuderia del Portello.

Clay, anche sulla sedia a rotelle, sembrava immortale con un volante in mano. Poi l’ultimo atto e scompare tragicamente il 15 dicembre 2006 in un incidente d’auto sull’autostrada A1 non lontano da Parma.

Immagini © Massimo Campi – Raul Zacchè/Actualfoto  – Archivio Scuderia Portello

Massimo Campi
Massimo Campihttp://www.motoremotion.it/
Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.

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