Storia

Published on Ottobre 26th, 2021 | by Massimo Campi

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Fuji 1976: il mondiale di Hunt

45 anni fa, sotto una pioggia torrenziale, il pilota inglese si laureava Campione del Mondo con la McLaren al termine di una gara drammatica in Giappone, complice il ritiro di Niki Lauda – di Carlo Baffi

Domenica 24 ottobre 1976. Mentre in Italia sono da poco passate le cinque, dall’altro capo del mondo la Formula Uno si appresta a vivere l’ultimo atto di un campionato destinato ad entrare nella memoria degli appassionati. Una stagione dai due volti, dominata nella prima parte dalla Ferrari 312 T2 del Campione del Mondo uscente Niki Lauda. L’austriaco conquista cinque vittorie e tre podi (firma anche tre pole); un ruolino di marcia che lo lancia verso la riconferma sul trono iridato. Ma il 1 agosto nel corso del secondo giro del G.P. di Germania (10a prova) in programma sul temibile Nurburgring, Lauda è vittima di un gravissimo incidente che lo lascia sospeso tra la vita e la morte per alcuni giorni. Fortunatamente il ferrarista, che gode di una tempra fortissima, riesce a riprendersi e dopo un mese torna in pista nel G.P. d’Italia. Nel frattempo però l’inglese James Hunt ha recuperato terreno e al volante della McLaren è ormai divenuto un serio pericolo nella lotta al titolo. Da Monza in avanti, Lauda incamera solo 7 punti in 3 G.P., contro i 22 di Hunt, vittorioso in Canada ed in Usa-Est. Così alla vigilia del duello finale il vantaggio di Niki è di soli 3 punti: 68 a 65. Il palcoscenico è quello del Gran Premio del Giappone, in una località carica di misticismo. Il circuito sorge infatti alle pendici del monte Fuji, un vulcano alto 3.776 metri, ritenuto un luogo sacro per gli appartenenti alla religione scintoista. E’ una sorta di sfida nella sfida, perché pone di fronte due uomini profondamente divisi dal carattere e dalla filosofia di vita: metodico e calcolatore l’austriaco, esuberante e imprevedibile il britannico. Una sorta di “bad boy”, che s’è guadagnato il soprannome di “Hunt the shunt”, ovvero “Hunt lo schianto”, data la sua condotta di guida aggressiva. Ama godersi la vita, così come il suo mentore, Lord Alexander Hesketh. Un eccentrico e facoltoso nobile britannico, fondatore della scuderia omonima con cui James si è messo in evidenza nelle categorie addestrative ed in Formula Uno. Alla vigilia dello scontro però, i due sono all’opposto anche nello stato d’animo. Se Hunt è carico, Lauda è stremato, perché alla normale stanchezza fisica che accompagna i piloti a fine stagione, si sono aggiunte le conseguenze del rogo in Germania (a Monza corre con un casco particolare per vie delle ferite ancora aperte). Inoltre non mancano i contrasti tra l’austriaco ed Enzo Ferrari, il cui rapporto è stato conflittuale sin dal giorno in cui Niki è giunto a Maranello. Del resto parliamo di uomini dalla forte personalità, con il grande capo che fatica a sopportare quei piloti che con i loro successi diventano troppo protagonisti a discapito della Ferrari. Ebbene il nuovo casus belli si verifica quando Carlos Reutemann viene inviato al Paul Ricard per una sessione di test. Lauda, relegato invece a Fiorano per svolgere delle prove di frenata, alza la voce forte del contratto siglato pochi mesi prima. Va precisato che l’argentino è stato ingaggiato mentre l’austriaco è in ospedale in condizioni critiche e nessuno avrebbe mai ipotizzato il suo rientro in pista dopo poche settimane. Sicchè la Ferrari si ritrova con tre piloti, c’è anche Clay Regazzoni, che vengono schierati a Monza. La presenza di Reutemann non è affato gradita da Lauda, che lo reputa una minaccia. Ecco spiegato un clima che si fa sempre più pesante. Una condizione non certo ideale, per affrontare il rush finale per la lotta al titolo. Per contro Hunt è sereno, assistito da Alastair Caldwell il direttore tecnico della scuderia d’oltre Manica, che lo isola dai media al fine di evitargli tutte le pressioni del caso. Ed arriviamo così al Fuji. Al termine delle qualifiche, disputate sotto il sole, Mario Andretti firma la pole seguito da Hunt, che partirà al suo fianco in prima fila. Lauda, terzo, è in seconda fila insieme a Watson (Penske-Cosworth). Una situazione che nulla farebbe presagire al peggio, invece il destino è in agguato. Sin dalle prime luci dell’alba, lo scenario è radicalmente cambiato. Oltre ad essere avvolto in una coltre nebbiosa, il circuito è battuto da una pioggia sempre più fitta e violenta. Un meteo implacabile che in breve rende la pista inguidabile, complici i rivoli d’acqua che si formano su un asfalto che non riesce a drenare l’acqua.

Il warm-up si svolge regolarmente, con le monoposto che pur procedendo lentamente faticano a stare in pista, Jarier, Pace e Stuck finiscono in testa coda, Larry Perkins distrugge la sua Brabham-Alfa Romeo. Lauda non intende prendere rischi inutili, compie solo un giro e rientra. Parla subito con Daniele Audetto, direttore sportivo del Cavallino, il quale interpella gli altri piloti circa la possibilità di non correre. Viene indetta una riunione col direttore di gara, dove la maggioranza dei piloti non intende prendere il via. Lauda ovviamente è tra questi, sa che per correre sotto l’acqua bisogna far ricorso ad una determinazione supplementare, visto le insidie ed i pericoli; e lui è ormai in riserva. Nel frattempo l’acquazzone s’è trasformato in un vero e proprio tifone, tale da indurre la direzione gara a ritardare di due ore la partenza. Terminata la riunione, Lauda si rinchiude in una delle Rolls-Royce che l’organizzazione ha messo a disposizione per gli spostamenti dei concorrenti. Riceve i colleghi ed insieme ad Emerson Fittipaldi (presidente della commissione piloti) e Pace, convoca un nuovo incontro in cui si chiede l’annullamento del G.P. A questo punto però spuntano i contrari. Sono due piloti di casa, Noritake Takahara e Masahiro Hasemi, seguiti da Vittorio Brambilla (piede pesante sul bagnato), Ronnie Peterson, Hans Stuck e Clay Regazzoni. Si proprio il compagno di Niki; una presa di posizione che la dice lunga sulla convivenza ormai logora tra i due alfieri del Cavallino. E qui entra in gioco Bernie Ecclestone, patron della Brabham e già figura di vertice nel Circus, il quale per la grande sfida è riuscito ad avere per la prima volta un collegamento in diretta con l’Eurovisione e non si può bucare un evento attorno al quale c’è tanta attesa. Ecclestone riunisce nel proprio ufficio Fittipaldi, Lauda, Hunt, Audetto e Teddy Meyer (direttore sportivo McLaren).

Fa presente che le condizioni sono pressochè impossibili, ma sottolinea che a breve si chiuderà la finestra col satellite e una mancata partenza comporterebbe problemi di inadempienza contrattuale. Di conseguenza i team non avrebbero il premio di partecipazione da parte dei promoter e salterebbero pure gli introiti dei diritti televisivi: della serie perdiamo tutti un sacco di soldi. La soluzione potrebbe essere quella di prendere il via per di rientrare ai box dopo aver percorso poche tornate, ottemperando così agli impegni presi. E’ d’accordo anche Hunt, che fin dall’inizio ha dichiarato alla stampa inglese, che i piloti non vogliono partire. Dunque Hunt sarebbe disposto a deporre le armi e consegnare il titolo al rivale, in nome della sicurezza. Sarebbe un grande gesto di sportività. Alle 13.15 locali ha luogo l’ennesimo briefing. Nella torre della direzione gara, arrivano anche i team managers, tra questi c’è Max Mosley che annuncia la presenza delle sue March al via. Un’ulteriore crepa nel fronte del no. Lauda invece conferma che non sussistono le condizioni per correre. Spunta anche l’opzione di disputare il Gran Premio senza ritenerlo valido ai fini della classifica, ma viene subito bocciata. Malgrado continui la pioggia battente, intorno alla 14.30 un uomo dell’organizzazione fa capolino tra i rivoltosi, avvisando che si sta facendo buio e che se la corsa non parte subito non si potranno disputare gli ultimi giri per mancanza di visibilità. Un danno non solo per il pubblico presente, ma pure le riprese televisive. Parole che sbloccano di colpo la situazione. Brambilla si alza e prende la via della pista, seguito da altri colleghi. E’ il prologo al via. Un epilogo inaspettato per Niki, che però dovrebbe sentirsi ancora al sicuro in virtù di quanto deciso davanti ad Ecclestone. Già dovrebbe….perchè c’è un nuovo colpo di scena. Audetto rivelerà dopo anni che Hunt, una volta tornato ai box, riferisce l’intenzione di abbandonare la corsa dopo poche tornate a Caldwell, il quale va su tutte le furie, minacciandolo di rovinargli la carriera. James trovandosi con le spalle al muro accetta di portare a termine la gara e con la partenza imminente non ha il tempo materiale di informare Niki del nuovo scenario. Una volta in pista, le vetture si muovono lentamente per il giro di ricognizione avvolte da nuvoloni d’acqua su un tracciato impraticabile, nonostante il tentativo di scavare dei canaletti per far scolare l’acqua dall’asfalto. Alle 15.09 scatta la corsa. Andretti fa pattinare le gomme e viene sorpreso da Hunt che prende il comando seguito da Watson. Lauda invece viene risucchiato dal gruppo e procede in decima posizione. Il campione confesserà tempo dopo di essersi trovato in preda al panico ed aver rivisto i fantasmi del Ring:”…avevo la sensazione che da un secondo all’altro chiunque potesse tamponarmi”. Nel corso del secondo passaggio, la Ferrari numero uno imbocca la pit-lane fino a fermarsi davanti al proprio box. Attorno alla rossa accorrono tecnici e meccanici, il pilota fa strani gesti e invita Forghieri ad avvicinarsi. Sopraggiunge anche Audetto, mentre vengono allontanati i curiosi. Lauda dice qualcosa, si slaccia le cinture ed esce dall’abitacolo. E’ la resa. Ad un giornalista che gli chiede cosa sia successo, il ferrarista risponde :”Niente, non me la sentivo di continuare, non ci vedevo.” E’ la stessa risposta data a Forghieri, che gli offre di trovare un motivo tecnico, magari un guasto elettrico, per giustificare il ritiro. Lauda rifiuta. Un atteggiamento decisamente coerente e coraggioso: non a caso un quotidiano titolerà:” Il coraggio di avere paura.”. All’ottavo passaggio si arrende Pace e due giri dopo Fittipaldi, entrambi reputano impossibile continuare. Che sia il preludio al forfait generale precedentemente annunciato? Intanto il G.P. continua, con Hunt capofila davanti ad uno scatenato Brambilla, più indietro nel gruppone c’è Regazzoni, che potrebbe ancora dare una mano a Niki. Intorno al 24° giro, la pioggia inizia a diminuire fino a cessare e la pista va via via asciugandosi. Da qui in poi la gara cambierà, perché non ci sarà più alcun motivo per ritirarsi. Un altro colpo basso per Lauda, che se fosse riuscito a resistere qualche passaggio in più avrebbe potuto difendere il titolo. Sempre Audetto confesserà il rammarico di non aver spronato l’austriaco a tornare in pista e seguire le mosse di Hunt, ritirandosi solo se il suo diretto avversario avesse dato forfait. Invece l’austriaco ha già lasciato l’autodromo insieme alla moglie Marlene. Il mondiale pare quindi deciso, ma al 62° giro Hunt inizia ad accusare problemi agli pneumatici, viene raggiunto e superato dagli inseguitori. Deve così riparare ai box quando mancano tre giri alla fine. In testa passa Andretti, seguito guarda da caso da Regazzoni, poi Jones e Depailler. Basta che il ticinese preceda il britannico e Niki resterà campione. Un capovolgimento di fronte che Lauda apprende via radio mentre sta arrivando all’aeroporto di Tokio. Le ultime tornate però sono destinate a cambiare nuovamente il corso degli eventi. Regazzoni ha le gomme degradate e fatica a reggere gli assalti dei rivali. Attende vanamente istruzioni dal suo box, che avrebbe dovuto calcolare il momento più propizio per montare le gomme da asciutto. Clay decide allora di rientrare spontaneamente e quando riparte è quinto. Hunt, con le gomme nuove da vita ad una rimonta forsennata e dopo aver passato un arrendevole Jones, artiglia il terzo posto e la sua prima corona iridata per un solo punto. Lauda verrà a conoscenza del risultato mentre attende di salire sull’aereo. Una sconfitta pesante, destinata a generare non poche polemiche, anche a fronte di alcune incognite che non hanno ancora trovato risposta. Secondo Forghieri, i piloti inglesi avrebbero giocato con Niki, sostenendo fino all’ultimo che non sarebbero partiti, per poi fare il contrario. L’ex direttore tecnico sostiene pure che alcuni team britannici avrebbero fatto delle segnalazioni ad Hunt in modo da garantirgli il terzo posto: il riferimento a Jones è evidente. Ma Forghieri aggiunge pure che certi atteggiamenti ostili da parte di alcuni rivali fossero la conseguenza del modo di agire di Lauda, che in quegli anni non si era certo attirato molte simpatie. Ad esempio, Ronnie Peterson non aveva gradito l’opposizione del ferrarista al suo arrivo a Maranello, per sostituirlo dopo l’incidente in Germania. Lo stesso Regazzoni, non aveva solo il dente avvelenato con l’austriaco, bensì anche col Cavallino. D’altronde s’era ritrovato a piedi da un momento all’altro dal momento che Ferrari aveva promesso il volante a Reutemann per la stagione successiva. Nel suo libro “E’ questione di cuore”, lo svizzero sarà alquanto polemico con Niki:” Paura…se si ha paura, si va piano e non ci si ritira!”. E non sarà tenero nemmeno con la squadra, sulla questione del cambio gomme: ”Lauda e Forghieri erano partiti per l’aeroporto di Tokio. Quello che stava succedendo in pista, evidentemente, non li interessava.” Parole di fuoco, probabilmente giustificate  dopo che il “Drake”  a fine stagione, l’aveva accusato di correre per “casa Regazzoni.” Il grande Vecchio però non risparmierà nemmeno Lauda. Se in pubblico coprirà il pilota, tra le mura domestiche non perdonerà mai quel ritiro motivato dalla paura. Una decisione criticata anche da molti giornali, pronti a dare del coniglio e del pilota finito al ferrarista. Franco Gozzi, braccio destro del commendatore, racconterà a posteriori di una telefonata ricevuta poche ore dopo il Gran Premio nipponico dal Commendatore, che in dialetto modenese ironizzava sul forfait del ferrarista. In vista del mondiale ’77,  Ferrari offrirà a Lauda il posto da direttore sportivo. Niki intuirà così che il Drake ha più fiducia in lui:”…aveva scelto di tenermi in frigorifero come pilota e nel contempo di non cedermi ad altri.” Lauda però ha in mano un contratto che lo lega a Maranello fino al ‘77 e Ferrari deve abbozzare. Ma in vista della nuova stagione promuove Carlos Reutemann al ruolo di prima guida. Sarà la causa che porterà l’austriaco a lasciare successivamente la rossa per la Brabham. Prima però conquisterà il secondo mondiale col Cavallino prendendosi una giusta rivincita. James Hunt invece, dopo aver toccato l’apice della carriera, imboccherà un triste viale del tramonto. Lascerà le corse nel ’79 senza grandi acuti ed il 15 giugno del 1993 verrà stroncato da un infarto a soli 45 anni, complice una vita spericolata, fatta anche di eccessi di alcol e fumo.

Immagini © Carlo Baffi – Raul Zacchè/Actualfoto

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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