Storia

Published on Ottobre 20th, 2021 | by Massimo Campi

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Suzuka 1991: la terza corona di Senna.

Il fuoriclasse brasiliano giunge secondo nel Gran Premio del Giappone e si laurea per la terza volta Campione del Mondo. Poi  spara a zero contro i suoi…nemici – di Carlo Baffi

“Quando Mansell è uscito mi sono detto: adesso mi voglio divertire. Guidare al limite come pare a me”. Sono le parole pronunciate da Ayrton Senna da Silva il pomeriggio del 20 ottobre 1991, trent’anni fa, al termine del Gran Premio del Giappone in cui conquistò il suo terzo titolo mondiale. Un traguardo ambito e al tempo stesso sofferto, conseguito grazie alla sua classe cristallina, dal momento che non disponeva di una monoposto efficace come quella degli anni passati. La sua McLaren MP4/6 motorizzata Honda si trovò spesso in difficoltà nel contrastare la Williams-Renault FW14, che guarda caso avrebbe poi dominato la stagione successiva. Il campionato ’91 s’era aperto con un successo di Senna, a Phoenix nel G.P. degli Stati Uniti a cui ne erano seguiti altri tre consecutivi.

Un ruolino di marcia che aveva posto una prima ipoteca sulla corona iridata di cui era detentore. Poi dal G.P. di Francia, aveva iniziato a farsi largo Nigel Mansell con la sua potente Williams firmando tre vittorie di fila. Alla vigilia della penultima gara in Giappone, l’inglese, reduce dal trionfo in Spagna, era ancora matematicamente in lotta per il mondiale anche se il rivale godeva di un vantaggio di 16 lunghezze. Il bilancio era di 6 primi posti per il brasiliano e 5 per il britannico. Una missione quasi impossibile per Nigel, ma vista la sua grinta si sarebbe battuto sino all’ultimo giro. Il palcoscenico della resa dei conti era nuovamente quello di Suzuka, come nei tre anni precedenti: due dei quali avevano salutato il trionfo di Ayrton. Nelle qualifiche a dominare furono le McLaren, ma la pole fu siglata da Gerhard Berger. L’austriaco precedette il paulista, mentre Mansell sarebbe partito dalla seconda fila al fianco della Ferrari di Prost. Al via, Berger andò subito in testa seguito Senna a sua volta tallonato da Mansell. Un inizio che fece presagire il tanto atteso duello tra i due rivali, ma all’inizio del nono giro calò improvvisamente il sipario sulla lotta iridata. Il “Leone britannico” commise un errore nell’affrontare la prima curva a destra dopo il rettilineo d’arrivo. Ebbe uno scarto, cercò immediatamente di correggere la traiettoria, ma ormai era troppo tardi.

La vettura salita sul cordolo era divenuta inguidabile e arrestò la sua marcia nella sabbia. Insomma dopo 17 minuti, game over e Senna mondiale ! Una volta ai box, Mansell imputerà l’uscita di pista ad un problema di freni:” …quando ho cercato di frenare, sono rimasto di sasso. Il pedale è andato giù soffice, non potendo rallentare quanto volevo. Fin dal warm-up – continua l’inglese – i freni funzionavano male. Li abbiamo smontati e abbiamo trovato le pastiglie squadrate tanto lavoravano male. Sono state sostituite e credevo che il problema fosse stato risolto, invece… Peccato – conclude Nigel – fino a quel momento la mia Williams andava bene, avevo capito che nel tornante dopo il traguardo ero più veloce delle McLaren e mi preparavo a sferrare l’attacco, affrontando quel punto sempre più velocemente e ritardando la frenata.” Però la versione di Mansell lascerà non pochi dubbi. Il suo compagno, Riccardo Patrese dirà di non aver mai avuto problemi ai freni e Frank Williams, titolare della scuderia dichiarerà:” E’ un bel mistero. Non è la prima volta che capita, ma quando la macchina è stata riportata ai box, il pedale del freno era duro come il muro.” Con il titolo in tasca, dal muretto McLaren, il team principal  Ron Dennis comunicò via radio di mantenere le posizioni e di non forzare, dal momento che c’era in ballo il campionato costruttori. Va ricordato che in classifica, la Williams aveva solo un punto di vantaggio sulla McLaren: 117 a 116. Malgrado il cartello con la scritta “slow” esposto dal box, Ayrton ignorò l’ordine e superò Berger alla diciassettesima tornata. Solo a poco più di duecento metri dal traguardo, il neo iridato rallentò e si fece superare da Gerhard.” Lui ha fatto tanto per me in passato – spiegherà il paulista – e poi s’è meritato la vittoria dopo la fantastica pole. E’ la prima volta che nella mia carriera faccio un regalo a qualcuno. “ Un gesto tanto magnanimo quanto plateale che non fu molto gradito da Berger, il quale confessò:” Non mi ha sorpreso che Senna mi abbia lasciato vincere: in passato gli ho dato qualcosa.” Alle spalle dei due si piazzarono Patrese, Prost, Martin Brundle (Brabham-Yamaha) ed il nostro Stefano Modena (Tyrrell-Honda). Calata la bandiera a scacchi, iniziarono i meritati festeggiamenti per Senna, che concluso il giro d’onore con in mano la bandiera brasiliana, fu accolto in parco chiuso da Mansell, lo sfidante sconfitto, che si congratulò stringendogli la mano. Ma una volta davanti ai microfoni, il trionfatore fu protagonista di un altro show, destinato a far parecchio discutere. Ancora visibilmente emozionato, anziché manifestare la sua gioia, sfogò il suo risentimento per quanto subito negli anni passati, in particolare contro coloro che lo avevano additato come un pilota scorretto. “Nell’89 fui derubato  del titolo. Io allora mi comportai correttamente, Prost invece mi venne addosso. Nonostante quello vinsi la corsa. Ma ce l’avevano con me, perciò mi tolsero quel successo.

Quella non fu giustizia.” Secondo Senna, la direzione gara lo punì perché influenzata dal presidente Fisa Jean Marie Balestre. “Ecco perché – prosegue il paulista – la stagione ’90 finì con l’incidente tra me e Prost: fu soltanto la diretta conseguenza di quello che mi avevano fatto l’anno prima.” E qui arriva la confessione fiume:” Lo ammetto adesso: per la prima volta. Lo scorso anno tirai dritto intenzionalmente addosso a Prost. Me l’ero ripromesso dal giorno prima, quando feci il miglior tempo in qualifica al fine di partire nella posizione migliore. Poi scoprii che la pole sarebbe stata a sinistra, dalla parte sbagliata, quella sporca. I commissari sportivi accettarono di cambiare, ma Balestre si oppose e capii che volevano fregarmi. Quando uno continua a subire, cosa vi aspettate che faccia in cambio? Li ripaga della stessa moneta. Promisi a me stesso che se Prost mi avesse scavalcato al via avrei tirato dritto alla prima curva. Lui non avrebbe avuto il diritto di stare li. Lui poteva evitare quanto accaduto non curvandomi davanti; ha avuto l’occasione e non l’ha sfruttata. Lo so – ammette Ayrton – è stato un finale di campionato stupido, ma fu il sistema a farmi reagire in quel modo. Non reputo l’incidente una mia responsabilità, ma di Balestre. Io ho solo contribuito. E’ lui che ha portato le cose a tal punto in questo ambiente, dove chi agiva correttamente subiva ingiustizie. Con Balestre non si poteva criticare, altrimenti si rischiavano multe o sospensioni della licenza. Io osai esprimere la mia opinione dopo l’aggancio con Prost nel 1989 e quanto accadde d’inverno fu uno schifo.” Ed ecco emergere una nuova versione dei fatti:” Non chiesi mai scusa a Balestre. La Fisa diffuse un comunicato in cui avrei ritirato le mie accuse. Non l’ho mai fatto ed il testo è stato artefatto. Volevo un compromesso, questo si, ma non dissi mai le cose che mi fecero firmare. E tutto ciò mi ha fatto male. Il sistema deve migliorare e con Mosley tutto è più professionale.” Ed è proprio in quest’ ultima affermazione che si spiega il motivo della requisitoria di Senna, che parla di Balestre al passato. Alcune settimane prima, l’8 ottobre  di quell’anno, l’autoritario Presidente era stato detronizzato da Max Mosley, eletto al vertice della Federazione Internazionale. Parliamo di un brillante avvocato londinese (figlio di Sir Oswald Mosley fondatore dell’Unione Britannica dei Fascisti) che s’era fatto largo nel motorsport dapprima come modesto pilota, poi come fondatore della March ed infine come legale della Foca capitanata da Bernie Ecclestone, suo grande amico. Non a caso da quell’elezione, la figura di “Mister E” si consolidò ulteriormente.

E con il nuovo corso senza il dispotico dirigente francese, Senna poteva finalmente togliersi qualche sassolino dalle scarpe: una rivincita non da poco. Successivamente, a mente fredda, Ayrton correggerà il tiro smorzando i toni, parlando di fraintendimenti. Sta di fatto che quelle affermazioni al veleno erano eloquenti e non potevano essere cancellate. Il campionato 1991 si sarebbe concluso 15 giorni dopo in Australia sotto una pioggia torrenziale. Vennero infatti percorsi solo 14 degli 81 passaggi previsti sul circuito cittadino di Adelaide e ad imporsi fu Senna, precedendo Mansell e Berger. Ed in virtù di quel risultato, la McLaren si laureò campione tra i costruttori. Ma prima di chiudersi, la stagione ‘91 avrebbe riservato un’altra sorpresa che molto probabilmente non dispiacque al driver paulista, visto l’acredine emerso dalle sue esternazioni. Il 29 ottobre, cadeva un altro suo grande avversario, anch’egli d’oltralpe. Parliamo di Alain Prost, tacciato dallo stesso Ayrton di essere nelle grazie di Balestre. Al termine della gara nipponica, il “Professore” fu molto caustico nelle risposte date a chi gli chiedeva  un giudizio sulla rossa. “E’ peggio di un camion, pesantissima da guidare. Il mio futuro ? – E’ duro come pilotare questa macchina” – rincarava il transalpino. “La Ferrari del prossimo anno? Una vettura che finisce in queste condizioni il campionato è difficile che possa iniziare bene la stagione successiva.” Parole che indispettirono e non poco i vertici del Cavallino che licenziarono in tronco Alain, il quale saltò l’appuntamento australiano, sostituito da Gianni Morbidelli. Ma questa è un’altra storia.

Immagini © Massimo Campi

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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