Published on Agosto 23rd, 2021 | by Massimo Campi
0Lo strano esordio di Herr Schumacher
Di Carlo Baffi
Da una banale lite a Londra tra Gachot ed un taxista, per Michael Schumacher si spalancano le porta della Formula Uno e la storia della Formula Uno cambia il suo corso.
Sono già trascorsi 30 anni dal 23 agosto 1991. Era un venerdì come tanti altri ed in pochi avrebbero pensato che quel giorno avrebbe segnato il futuro della Formula Uno. Siamo in Belgio, sul tracciato di Spa-Francorchamps, considerato l’università del motorsport. Una pista inaugurata nel 1924 e divenuta leggenda, grazie alle sue innumerevoli insidie rappresentate da curve velocissime e da brivido. Dalla mitica Eau Rouge in fondo ad una lunga discesa in uscita dalla Source e che sale immediatamente verso il Radillon. Poi dopo il rettilineo del Kemmel, ecco Les Combes, per riscendere verso Pouhon, Stavelot e Blanchimont. Un percorso di quasi 7 chilometri che si taglia nelle foreste delle Ardenne teatro di sanguinose battaglie nel corso della seconda guerra mondiale. Un circuito reso ancor più difficile dalle condizioni climatiche capaci di mutare in breve tempo dal sole a violenti acquazzoni, per non parlare della nebbia provocata dalle nuvole basse. Ebbene sono di scena le prove libere del Gran Premio del Belgio undicesima tappa di una stagione animata dal duello tra Ayrton Senna, che guida la classifica piloti con 61 punti e Nigel Mansell, secondo a 49. Una lotta accesa tra due top team, la McLaren-Honda e la Williams-Renault. Ma al di là della lotta al vertice, l’attenzione dei media è rivolta ad una scuderia di secondo piano, la Jordan Grand Prix. Si tratta di una compagine fondata nel 1977 da un personaggio un po’eccentrico, l’irlandese Eddie Jordan, classe 1948. E’ un ex bancario con il passato di pilota nel karting e nelle formule minori, che dopo gli scarsi risultati in pista ha optato per la carriera di manager. Dopo anni di tirocinio nelle categorie addestrative, il team approda nella F.3000, l’anticamera della F.1, in cui vince il titolo nel 1989 con Jean Alesi. E’ il viatico per il grande salto nel massima categoria che ha luogo proprio in quel 1991. A pilotare il modello 191, realizzato dalla matita del progettista inglese Gary Anderson, sono il nostro Andrea De Cesaris ed un driver più giovane, un belga di 28 anni, Bertrand Gachot. Costui s’è messo in evidenza nelle formule minori ed ha esordito in F.1 con la Onyx nel 1989, anno corre in cui corre pure con la Rial. Nel ’90 passa alla Coloni, ma l’accordo con la Jordan, per Bertrand rappresenta una ghiotta opportunità per emergere. Nel giugno del 1991, si sarebbe imposto nella “24 Ore di Le Mans”, alla guida di una Mazda 787B, insieme ad Herbert e Weidler. A dimostrazione che non è proprio un brocco e forse Mister Jordan non sbaglia a puntare su quel debuttante.
Gli inizi non sono esaltanti, ma dal Canada cominciano ad arrivare i primi punti grazie ai piazzamenti dei due piloti aumentando l’ottimismo nel team. Ma per quale motivo, a Spa, la Jordan suscita così tanta attenzione? Sulla verde monoposto numero 32, sponsorizzata dalla bibita “Seven Up”, non c’è Gachot, bensì un giovane tedesco, Michael Schumacher. Dove sarà mai finito Gachot ? Si trova in un carcere a Brixton, in Inghilterra. E qui occorre fare un passo indietro di qualche mese: più precisamente al 10 dicembre del 1980. In una fredda serata londinese nei dintorni di Hyde Park, Gachot è protagonista di una lite con un tassista, tale Eric Court. Motivo del diverbio, un presunto tamponamento causato dal pilota mentre alla guida della sua Alfa Romeo cerca di superare il taxi. Il belga nega la sua responsabilità, ma la discussione degenera in alterco e dalle parole si passa ai fatti. Nel timore di essere aggredito Bertrand reagisce spruzzando del gas urticante sul volto del tassista, contenuto in una bomboletta spray: oggetto che nel Regno Unito è dichiarato fuorilegge, al pari di un’arma. Tutto pare finito li, invece Court si rivolge alla polizia e denuncia Gachot. La giustizia sarà pure lenta, ma alla fine fa il suo corso ed il 16 agosto del 1991, un tribunale londinese, condanna Gachot a 18 mesi di reclusione senza i benefici della condizionale. Un fulmine a ciel sereno che inguaia non poco la Jordan, che d’un tratto si ritrova senza pilota a ridosso del Gran Premio del Belgio, la gara di casa di Bertand. Tutto però non è ancora perduto. Il martedì successivo, l’alta corte potrebbe essere clemente riesaminando il caso e concedere al pilota la libertà provvisoria su cauzione, in attesa dell’appello. All’udienza del 20 agosto, in aula non è presente Gachot, bensì il suo legale, l’avvocato Staens, la fidanzata e alcuni sponsor pronti a versare le 500mila sterline per liberare il condannato. Una speranza vana, dal momento che i giudici non solo confermano la pena lasciando Gachot in cella fino al 19 settembre (giorno dell’appello), ma lo privano pure di avere contatti con l’esterno. Jordan si getta immediatamente alla ricerca di un pilota pensando a Stefan Johansson, lo svedese ex-Ferrari che in quel momento svolge il ruolo di collaudatore per la McLaren, impegnato anche nelle gare degli sport-prototipi. Un’ipotesi che però tramonta quasi subito, perché il manager irlandese opta per un driver decisamente più giovane: Schumacher per l’appunto. Se al grande pubblico questo nome dice poco, gli addetti ai lavori lo conoscono assai bene. Si tratta del campione tedesco di F.3, vincitore del G.P. Internazionale di Macao e che gareggia nel Mondiale Sport Prototipi di gruppo C con lo junior team Mercedes diretto da Peter Sauber. Fa parte di un trio composto da Heinz-Harald Frentzen e Karl Wendlinger, futuri piloti del Circus. Jordan convoca in tutta fretta il 22enne tedesco a Silverstone per fargli assaggiare la monoposto. A posteriori, Michael rivelerà tutta la sua apprensione per quel test; era ben conscio di trovarsi ad un bivio importante della sua carriera. Dopo un primo giro con la vettura che tentava in tutti i modi di sfuggirgli, ne compie un secondo in cui riesce a governare maggiormente il mezzo e deduce che una Formula Uno non è poi così complicata da guidare. Al terzo passaggio ha praticamente preso confidenza col mezzo al punto da migliorare il record del team sulla pista inglese. I tecnici della Jordan restano a bocca aperta ed informano il capo. Dunque test superato a pieni voti, però il volante non è gratis. Schumi è a tutti gli effetti un pilota pagante, ma grazie all’appoggio della Mercedes, Willy Weber manager di Michael apre la valigia e versa le 150 mila sterline chieste da Jordan. Affare fatto ? Non al completo. Eddie che ha fiutato le potenzialità del ragazzo e pretende un impegno pluriennale. Di sicuro la Jordan è un’ottima chance per sbarcare nel Circus, ma non è un top team a cui legarsi a lungo. Anche perché nel frattempo la Benetton, attività sul mercato, ha messo gli occhi su Michael grazie agli ottimi giudizi espressi da Tom Walkinshaw, collaboratore della scuderia anglo-italiana. Nella trattiva partecipa anche la Mercedes che consiglia al giovane di temporeggiare, d’altro canto è Jordan ad avere un sedile libero. Morale, viene siglato un accordo i cui contenuti non sono ben dettagliati. Elemento che si rivelerà controproducente per Jordan. Al tedesco non resta quindi che partire alla volta di Spa. Come detto il tracciato è tra i più complicati al mondo e Schumacher non ci ha mai corso. Inoltre è tornato da Silverstone un po’ influenzato, non al meglio ella forma fisica. Pazienza, non è certo il momento di dare forfait. Il giorno precedente le prove, il rookie familiarizza con la pista percorrendo in bicicletta quei saliscendi circondati dal bosco. Il Circus però non resta indifferente al caso-Gachot. I piloti lanciano un singolare appello rivolto alla magistratura di Sua Maestà indossando delle t-shirt bianche con la scritta “Save Bertrand Gachot”. Anche il pubblico si mobilita e non mancano striscioni, manifesti e scritte sulla pista a favore del pupillo locale, esposti durante il venerdì di prove. Una giornata che sarà ricordata da tanti, perché i timori e le incognite su Schumacher vengono presto fugati. Quel giovane nato ad Hurth, nella Renania Settentrionale-Vestfalia il 3 gennaio del 1969 impressiona tutti piazzandosi ottavo con il tempo di 1’53”290. Il suo compagno De Cesaris è tredicesimo. “Sono contento e sorpreso io stesso – confessa Michael – perché non mi attendevo tanto. Volevo solo provare, girare e tentare di non sbattere. Meglio cosi’…” C’è molta cautela e modestia in queste parole, ma che celano una forte determinazione. Si racconta che proprio durante il venerdì, la sua Jordan sfiori la collisione con la Ferrari guidata da Prost alla curva della Source. Convocato in direzione gara dopo le proteste del “Professore”, Michael replica :”Dite al mio collega di non frenare troppo in anticipo e non ci saranno problemi.” E qui emerge una personalità forte che in pista non intende farsi mettere sotto da nessuno. Un aspetto peculiare del carattere di questo pilota che una volta calatosi nell’abitacolo si trasforma in un vero e proprio predatore e a dimostrarlo saranno i risultati. Lo scambio di opinioni con Prost, si ripeterà anche con altri veterani, in primis con Ayrton Senna. Per via di certe manovre irruenti e scorrette, Schumi finirà più volte sul banco degli accusati, ma è risaputo che i grandi campioni sono animati da una voglia irrefrenabile di dominare. A controbilanciare questa sua aggressività, il Kaiser sarà un esempio di professionalità, perfezionismo, cura della propria forma fisica e grande capacità di fare gruppo. Mai una volta, anche nei momenti più difficili, il tedesco criticherà la propria squadra. Anzi, guai a toccargli i suoi fidati meccanici. Ma torniamo a Spa. Se il venerdì Schumi sorprende, il giorno dopo stupisce. Il sabato mattina nelle libere, il tedesco è davanti a tutti per oltre un’ora, poi viene sopravanzato dai grossi calibri. E nelle qualifiche del pomeriggio chiude al settimo posto con 1’51”212, inserendosi tra le Benetton di Piquet e Moreno. “Non voglio montarmi la testa – chiarisce il tedesco – Guido una macchina stupenda, facile e stabilissima. In questo Gran Premio, ho solo un obiettivo, finire la gara, non m’interessa in quale posizione e con quale distacco. Però non dite che non ho esperienza – ammonisce l’esordiente – Le Mercedes che guido nel mondiale endurance sono impegnative e potenti. Sono un’ottima scuola.” Ad elogiare la new-entry è anche De Cesaris (qualificatosi undicesimo) che sottolinea:” Michael è bravo e si è subito adattato alla macchina. A differenza mia, ha potuto girare per due giorni senza inconvenienti, io invece ne ho passate di tutti i colori.” Jordan è ovviamente al settimo cielo, anche per un’altra ragione, non legata all’aspetto sportivo. Ha infatti corso il grave rischio, di dover dare forfait alla gara con entrambe le macchine. Le 191 stavano per essere sequestrate da due ufficiali giudiziari piombati in pista con tanto di poliziotti al seguito. All’origine del contenzioso, il non aver fatto correre un pilota belga ai tempi della F.3. Ovviamente al fine di evitare il seguito del provvedimento legale, il manager ha prontamente tranquillizzato la controparte dietro versamento di circa 300 milioni di lire. A riconferma del detto :”No money, no race.” Purtroppo il primo Gran Premio di Schumacher sarebbe durato soltanto poche centinaia di metri. Un problema alla frizione costringerà Michael a parcheggiare la vettura e ad alzare bandiera bianca. Praticamente suo sbaglio dettato dalla tensione. “ Qualcosa non ha funzionato a dovere nelle prove libere della mattina – ammetterà il teutonico – e la frizione è stata sostituita. Ma è stata soprattutto colpa mia.” Un errore plausibile su cui sorvola anche Jordan, il quale non esita a confermare Schumi anche per il resto della stagione, scaricando Gachot. Il patron irlandese però non ha fatto i conti con la Benetton. Flavio Briatore vuole a tutti costi quel bravo esordiente. Secondo radio-box, ingolosito anche dalla presenza del munifico budget garantito dalla Mercedes. Con un vero e proprio blitz, il vulcanico manager piemontese scippa Schumi alla Jordan promuovendolo al volante della propria monoposto già dal round successivo in Italia; quindici giorni dopo l’esordio a Spa. A farne le spese è il brasiliano Roberto Moreno, che vedendosi appiedato dalla sera alla mattina cerca di far valere le proprie ragioni in tribunale, ma senza successo. L’accordo tra Briatore e Jordan viene raggiunto nelle stanze dell’Hotel Villa d’Este sul lago di Como, al termine di frenetiche trattative notturne in presenza di Bernie Ecclestone. Un contratto siglato in extremis, sfruttando quei sopracitati punti poco chiari dell’impegno con Jordan. Una volta apposte le firme sulle carte bollate, i protagonisti si avviano verso l’autodromo di Monza, in cui poche ore dopo sarebbero iniziate le prove. Da quel momento Schumi sale su una rampa di lancio che l’avrebbe proiettato verso traguardi inimmaginabili. Ben 7 corone iridate (due conquistate con la Benetton e cinque con la Ferrari), 91 vittorie, 155 podi, 68 pole position e 77 giri veloci. E Gachot? Sarà scarcerato due mesi prima del previsto. Uno sconto ottenuto grazie alla battaglia legale condotta dai suoi avvocati e non solo. Il caso approderà persino al Parlamento Europeo con le interrogazioni di alcuni deputati. Il belga tornerà in pista per l’ultima tappa del campionato in Australia con la Larrousse, ma non si qualificherà. Con il team francese, proseguirà la sua avventura nella massima formula nel ’92, conquistando un punto a Monaco. Bertrand chiuderà la sua carriera al termine del biennio 1994-95 al volante della modesta Pacific, collezionando ritiri e mancate qualificazioni. Insomma, una carriera condizionata da una banale lite in strada, che contemporaneamente ha aperto la via del successo ad un altro pilota. Sembra paradossale che certi episodi tanto insignificanti quanto imprevedibili, siano in grado di cambiare il corso degli eventi. Eppure è così. Le chiamano “sliding doors”, termine che si traduce letteralmente in “porte scorrevoli”, che per qualcuno si chiudono, per altri invece si aprono.
Illustrazione © Carlo Baffi