Storia

Published on Maggio 12th, 2021 | by Massimo Campi

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Alfa Romeo Bimotore: due motori per inseguire i tedeschi

Metà anni ’30, l’industria tedesca, con Mercedes ed Auto Union, è ormai la padrona assoluta dei campi di gara. Le stelle argentate, sovvenzionate dal governo per disposizione di Adolf Hitler, dominano incontrastate il campo e l’industria italiana è relegata al solo ruolo di comprimaria. L’Alfa Romeo, il primo marchio ad avere vinto il titolo mondiale, ha prodotti ormai sorpassati, con la P3 progettata da Vittorio Jano che non è più competitiva nei confronti dei rivali tedeschi. La fabbrica del Portello non è riuscita a sviluppare nessun progetto per la nuova categoria, la causa va ricercata in molti altri progetti da seguire per i vari prodotti commerciali richiesti. La gestione sportiva è affidata alla Scuderia Ferrari di Modena, ma il divario tecnico verso gli avversari è molto alto ed i risultati arrivano solo nelle gare in cui non ci sono i rivali tedeschi. Occorre reagire, ci vogliono nuove idee ed è Enzo Ferrari che prova a trovare una soluzione azzardata, come ricorda in una vecchia intervista il suo ultimo braccio destro Franco Gozzi “alla Scuderia Ferrari c’erano già 30 dipendenti che curavano e sviluppavano le macchine per conto dell’Alfa Romeo e Ferrari andò a Milano, alla direzione dell’Alfa Romeo, per farsi finanziare la realizzazione di una nuova monoposto equipaggiata con due motori della P3. Era un esperimento ambizioso, ma anche l’unico possibile per ritornare ad essere competitivi sui circuiti veloci come Tunisi,Tripoli, Avus, Reims. Era una follia tecnica che l’Alfa Romeo non si poteva permettere di realizzare, ma una costruzione possibile solo in una piccola struttura come quella di Modena”. Ferrari fu molto convincente ed ottenne il via libera dalla direzione per realizzare la nuova monoposto marchiata Alfa Romeo. La stagione corse era alle porte, non c’era il tempo per sviluppare un nuovo motore e l’unico modo per aumentare la potenza era quello di accoppiare due motori di quelli esistenti e già usati sulla P3.

Luigi Bazzi e Arnaldo Rosselli si mettono subito al lavoro sul tavolo da disegno, mentre in officina si lavora a ritmo serrato per realizzare i pezzi. Molte parti sono prelevate dalle P3 esistenti e dopo tre mesi di duro lavoro, il 4 aprile 1935 la Alfa Romeo 16C Bimotore esce dalla Scuderia di Modena per i primi collaudi.

La monoposto è realizzata modificando un telaio della vecchia P3 dove vengono posizionati i due motori 8 cilindri di 2.905 cc ognuno, uno davanti ed uno dietro al pilota. I propulsori sono accoppiati con un lungo albero, la trasmissione è poi gestita da un unico cambio ed un’unica frizione. Il moto è trasmesso alle ruote posteriori, mediante coppie coniche, da due alberi laterali.

Il 10 aprile 1935, Tazio Nuvolari ed Attilio Marinoni completano i collaudi sul tratto autostradale Brescia-Bergamo dove superano i 288 km/h alla presenza di tutto lo staff dirigenziale dell’Alfa Romeo. I due piloti notano difficoltà di trasmissione dell’elevata potenza erogata, ma sono fiduciosi di potere superare i 340 Km/h con poche modifiche. Viene realizzato un secondo esemplare con due motori di 3.165 cc per una potenza complessiva di 540 cv.

Il 12 maggio 1935 le due “Bimotore” sono al via del GP di Tripoli affidate a Tazio Nuvolari e Luis Chiron, ma subito si capisce che possono fare ben poco contro le rivali tedesche, le Mercedes W25 di Caracciola e Fagioli e la Auto Union Type B di Varzi. Le due Bimotore si classificano quarta e quinta, il problema principale è il peso, di 1030 kg che con il pieno supera i 13 quintali, contro i 750 kg delle tedesche. L’asfalto ruvido del tracciato africano, inondato anche dalla sabbia del vicino deserto, costringe Buvolari a cambiare ben 13 gomme. Il 26 maggio sono nuovamente di scena sul tracciato dell’Avus, dove le carenze si manifestano in modo palese con il solito consumo anomalo delle gomme dato dalla brutale erogazione di potenza. Nuvolari incappa in una uscita di strada causata dal cedimento di una gomma e non si classifica per la finale, Chiron, più cauto, riesce ad arrivare secondo dietro la Mercedes di Fagioli, ma taglia il traguardo con il battistrada della gomma posteriore destra completamente distaccato.

Le carenze della 16C Bimotore erano insanabili da curare, ma c’era tanta potenza e velocità a disposizione ed Enzo Ferrari si vuole togliere almeno una soddisfazione con la sua prima macchina realizzata. Viene modificato il prototipo di 6.3 litri, eliminando i serbatoi laterali, serbatoi dell’lio supplementare, poggiatesta e la pinna di coda. La monoposto, con gomme Dunlop, pesa solo 950 kg, e con Tazio Nuvolari al volante si reca la mattina del 15 giugno sull’autostrada Firenze-Mare per battere il record internazionale di velocità categoria B (classe da 5.000 a 8.000 cc) che era detenuto dalla Panhard di Michel Dorè dal 1930.

Dopo una lunga taratura delle varie apparecchiature per il rilevamento della velocità Tazio Nuvolari si mette alla guida e parte a tutto gas. Andrà tutto bene, il mantovano vola raggiungendo i 364,183 km/h, conquistando il record di velocità sul chilometro e sul miglio lanciato alla media di 321,428 km/h sul chilometro lanciato e di 323,125 km/h sul miglio. Conseguito il consolatorio obiettivo, la “Bimotore” viene definitivamente accantonata, per dedicare ogni energia al progetto ed alla realizzazione della futura Alfetta 158.

La macchina di Nuvolari viene in seguito smantellata ed i vari pezzi sono riciclati tra le vetture della Scuderia Ferrari, mentre il secondo esemplare viene venduto ad Austin Dobson, un pilota inglese. Negli anni ‘70, l’Alfa Romeo in seguito realizza una replica della “16C Bimotore”, costruita sulla base dei disegni originali per esporla nel Museo Storico di Arese, caratterizzata da una “carrozzeria didattica”, con parti trasparenti laterali, in corrispondenza dei due propulsori. La replica, voluta da Giuseppe Nuraghi, non rispetta però un particolare della vettura originale: sulla Bimotore, per la prima volta, compare il fregio del cavallino rampante al posto di quello Alfa Romeo presente sulla replica. Enzo Ferrari, infatti, sentiva quelle due vetture come di sua costruzione, dato che le aveva ideate e realizzate in autonomia, all’interno della officina modenese.

Decide quindi di far scendere le vetture in pista con il marchio della sua scuderia in sostituzione di quello Alfa Romeo. Inizialmente la cosa non solleva contestazioni, visti gli scarsi risultati in gara, ma quando la vettura conquista il record di velocità, le foto di Tazio Nuvolari a bordo della “16C Bimotore” con marchio Ferrari vengono pubblicate dalla stampa internazionale, causando una forte protesta della direzione Alfa Romeo che sfocia in un furibondo litigio con Enzo Ferrari.

Immagini © Massimo Campi – Alfa Romeo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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