Personaggi

Published on Aprile 25th, 2021 | by Massimo Campi

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Michele Alboreto, pilota cresciuto a Monza

Il 25 aprile 2001 Michele Alboreto, che ha iniziato la sua carriera nell’Autodromo di Monza, perde la vita durante un test

Sera del 25 aprile 2001, una scarna notizia invade i telegiornali: Michele Alboreto, ex pilota della Ferrari è morto in Germania, al volante di una Audi R8R, mentre stava effettuando delle prove sul circuito di Lausitzring”. La storia e la carriera sportiva di Michele Alboreto hanno come sfondo e come punto di congiunzione l’Autodromo di Monza, quella pista che lo ha visto nascere come pilota e debuttare nel 1976, al volante di una F.875 Monza e lo ha visto anche per la sua ultima gara, al volante di una Lamborghini, tre giorni prima del drammatico incidente sulla pista tedesca.

Michele Alboreto, nato a Milano il 23 dicembre del 1956, è stato uno dei nostri più grandi piloti, da tutti è ricordato soprattutto per le vittorie con la Ferrari, ma ha conquistato la vittoria più importante della sua carriera con una Porsche, alla 24 Ore di Le Mans del 1997.

Il giovane Michele Alboreto frequentava l’ambiente della Scuderia Salvati, sognando di entrare nell’abitacolo di una monoposto. Pippo Bianchi, il più famoso pilota della F.Monza, è stato quello che ha messo quel giovane innamorato delle corse nell’abitacolo di una monoposto. “Michele è veramente un campione che si è fatto da solo, senza mezzi di sostegno ma solamente contando sulle sue capacità. A Monza notiamo questo ragazzino, tanto entusiasmo, che gira sempre attorno alle nostre macchine, ed in seguito inizia, come semplice appassionato, a frequentare il ritrovo serale della Scuderia Salvati in via Paisiello a Milano. Era un mio grande tifoso, inizia tra noi due una amicizia, tanto che gli feci provare la mia monoposto un sabato mattina in una sessione di test invernali. I suoi primi giri su una macchina da corsa li fece proprio con la mia Thiele e subito dimostrò grande intelligenza. Le traiettorie erano quelle giuste, ogni giro migliorava la sua guida, ma senza mai esagerare e stando lontano da eventuali guai. Quei pochi giri in pista lo fecero innamorare definitivamente, fece di tutto pur di guadagnare i soldi che servivano per acquistare una F.Monza. La sua prima vettura, una vecchia CRM con otto stagioni e tantissime gare sulle spalle, venne acquistata in società con un amico, che non riuscì ad ottenere la licenza per correre e la lasciò a Michele. Debuttò in F.Monza, poi lo aiutammo ad trovare una Vargiu usata, una monoposto più recente ed efficiente della vecchia CRM. Per racimolare soldi Alboreto faceva diversi lavori, tra cui il rappresentante di scarpe da ginnastica e viaggiava con una vecchia Simca a cui aveva fatto metter il gancio di traino per attaccare il carrello della F.Monza. Con la Vargiu non ha ottenuto nessun risultato di rilievo, ma era veloce e soprattutto dimostrava di avere molta intelligenza nella condotta di gara stando fuori dalle situazioni problematiche. Come carattere, pur essendo deciso, era umile, disponibile ed educato, si faceva volere bene da tutti. C’era la F.Italia della Scuderia Salvati libera, decidemmo di fargli fare una gara per testarlo su una monoposto più prestazionale e subito dimostrò di essere a suo agio con quella vettura. Con quella F.Italia è iniziata la sua vera carriera che l’ha portato al titolo europeo di F.3 ed al debutto con Tyrrell in F.1.”

La sua grande stagione in F.1 è stata il 1985, meritava quel titolo, perso per una decisione avventata di Enzo Ferrari, che ha voluto cambiare le turbine del V6, passando dalla tedesche KKK alle fallimentari Garret, con conseguenti rotture e ritiri mentre era in testa alla classifica mondiale. Il gradino più alto del podio di Monza l’ha solo sfiorato nel 1988, quando gli sarebbe bastato forse un altro giro per superare il compagno Berger e coronare un successo meritato al volante della rossa. Finita l’avventura in F.1, durata ben 194 Gran Premi con 5 vittorie e 186,5 punti mondiali conquistati, non si è arreso e la vittoria a Le Mans con la TWR-Porsche del Team Joest è stato il coronamento di una grande carriera, come il successivo impegno da pilota ufficiale Audi, a dimostrazione di avere ancora quel sacro fuoco che distingue i veri innamorati delle corse che credono in ciò che fanno. L’ultima vittoria la conquista a marzo 2001, nella 12 Ore di Sebring, con Dindo Capello e Laurent Aiello che portano sul gradino più alto del podio la barchetta R8 tedesca.

 

Il suo casco era facilmente riconoscibile: blu intenso con la striscia gialla, gli stessi colori della Scuderia Salvati, quella che lo ha lanciato, gli stessi colori di Ronnie Peterson, l’idolo della sua gioventù, un pilota che come Michele non è riuscito a conquistare l’alloro mondiale, ma il cuore di molti tifosi, per come guidava in pista, per come sapeva essere un signore delle piste, proprio come Alboreto. La determinazione e la passione sono sempre state due costanti nella sua carriera.

L’immagine di Michele è sempre stata quella di un pilota veloce, corretto, professionale, un vero campione, ma anche una persona sempre disponibile con chi gli chiedeva un autografo, una fotografia, un’intervista, un semplice sorriso. Molti piloti cambiano con gli anni, con il passare delle stagioni e l’arrivo di qualche risultato, cercando di tralasciare i loro umili inizi nel mondo delle corse, Alboreto non lo ha mai fatto, ha sempre riconosciuto i suoi trascorsi e di quando ha iniziato senza un soldo, ma con tanta passione nelle vene e la voglia di fare bene. La grande forza di Alboreto è stata quella di essere un uomo, ancor prima che essere un pilota.

Sentire parlare Alboreto, durante una intervista o una conferenza stampa, aveva un significato particolare: mai banale, sempre cercando il perché delle cose e delle situazioni, a volte sarcastico nei suoi giudizi, a volte con una vena polemica, ma sempre garbata. “La vita è come una corsa in auto, nessuno sa quanta benzina il destino ha messo nel nostro serbatoio. C’è chi nasce già con il pieno e chi, senza saperlo, viene al mondo già in riserva. Ma che tu abbia il pieno o poche gocce di benzina non importa, quello che conta è andare sempre al massimo, fino all’ultima goccia di vita!” poche parole che sintetizzano il pensiero di quell’uomo che ha fatto sognare tanti tifosi.

 

Michele Alboreto era questo, e tanto altro. Con lui è anche finita un’epoca, nella quale i piloti iniziano a correre per merito delle scuderie sportive, arrivano in alto, non per la valigia, ma per le proprie qualità, velocistiche e professionali. Riescono a fare sognare le folle al volante di una rossa, e continuano a fare i professionisti ad alto livello per molte stagioni ancora, senza mai arrendersi. Ma soprattutto finisce anche un’epoca dove i piloti sanno essere anche uomini, non solo delle star o dei semplici robot al servizio degli sponsor, e vengono apprezzati anche e soprattutto per questo.

Immagini © Massimo Campi – Raul Zacchè/Actualfoto

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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