Nel 1961 le monoposto di F.1 passano ai motori di 1,5 litri
Per la stagione 1961 cambiano le regole tecniche della massima formula con le motorizzazioni di 1,5 litri, in pratica la Federazione Sportiva promuove nuovamente la F.2 a categoria regina dopo il precedente periodo del 1952-53. La svolta tecnica porta alla costruzione di nuove monoposto sempre più basse e filanti, tutte ormai a motore posteriore. Inizialmente gli inglesi contestano duramente le nuove scelte regolamentari, soprattutto per la carenza di motori disponibili, con la scusa che una monoposto di 1,5 litri sia troppo povera tecnologicamente rispetto a molte vetture turismo con cilindrate maggiori. Nonostante la iniziale ritrosia dei costruttori britannici, durante i cinque anni della F.1 di 1,5 litri si sono riscontrate tanti progressi in campo motoristico e telaistico con molte innovazioni che cambieranno la tecnologia da competizione.
Tra la fine del 1960 e l’inizio del 1961 gli inglesi tentano in vari modi di prolungare per altri 5 anni il regolamento tecnico con i motori di 2,5 litri, ma la Commissione Internazionale non cede e conferma le muove regole. Gli inglesi hanno sviluppato nelle ultime stagioni alcuni propulsori molto validi, come il sei cilindri Aston Martin ed i quattro cilindri della Coventry Climax e della BRM. La Connaught, la Cooper, la Lotus la Vanwall e la BRM minacciano di boicottare le gare per il 1961, ed alla fine ottengono solamente l’istituzione della nuova Formula Intercontinentale aperta a monoposto con motori compresi tra i 2 e 3 litri di cilindrata. Ben presto il fronte inglese si spacca, la formula non ha successo in Europa ma avrà in seguito nuovi sbocchi, a partire dal 1964, in Australia e Nuova Zelanda dove si corre la Tasman Cup durante la stagione invernale.
La Ferrari, tradizionalmente all’avanguardia sul fronte motoristico, è il costruttore più preparato alla nuova formula e domina inizialmente con il V6 progettato da Carlo Chiti che corre fino al 1964 con potenze nell’ordine dei 100 cv/litro nella versione più evoluta. Dopo l’iniziale ritrosia la riscossa degli inglesi arriva nel 1962 con BRM e Coventry Climax che realizzano unità ad otto cilindri a V di 90°. Motori potenti che sviluppano inizialmente potenze attorno ai 180 cv che rendono immediatamente competitivi diversi telai come Brabham, Cooper, Brp, Parnel e Lotus. Il Climax diventa un motore vincente, soprattutto sulla Lotus e con la nuova testata a quattro valvole per cilindro montata nel 1965 che consente una potenza di circa 200 cv. La Porsche scende in pista nei primi due anni con un 8 cilindri boxer raffreddato ad aria che riesce ad ottenere una vittoria a Rouen 1962 con Dan Gurney.
La risposta Ferrari agli inglesi arriva con un V8 equipaggiato con l’iniezione diretta Bosch che è allineato alle potenze dei propulsori britannici. Nel 1964, dopo i campionati vinti da Graham Hill con la BRM e Jim Clark con la Lotus, la Ferrari ritorna Campione del Mondo con la 158 pilotata da John Surtees. Nella stessa stagione Mauro Forghieri realizza anche uno stupendo 12 cilindri piatto di 1.500 cc. Le unità plurifrazionate iniziano ad essere di moda ed anche la Honda debutta con il V12, un motore che sviluppa ben 220 cv piccolo e compatto tanto da essere montato in posizione trasversale alle spalle del pilota, soluzione mai più tentata in seguito ma interessante per la distribuzione dei pesi.
I giapponesi faticano nello sviluppo ma alla fine riescono ad essere competitivi e conquistano la vittoria nell’ultima gara del 1965, poco prima del nuovo cambiamento regolamentare entrando così nella storia dei vincitori in F1. Il massimo del frazionamento è rappresentato da due unità a 16 cilindri realizzate dalla Climax e dalla BRM. La Coventy Climax realizza un motore V 16 a 180°, con due bancate di otto cilindri contrapposti. Ogni pistone ha uno cilindrata di soli 90 cc ma l’unità non viene mai portata in gara. Stessa sorte per il BRM con una strana architettura H16 entrambe molto complesse e di difficile messa a punto.
Con potenze così ridotte si ha la definitiva fine delle monoposto a motore anteriore. Per sfruttare tutta la poca potenza servono vetture basse filanti, tutte a motore posteriore per abbassare baricentro e coefficiente di penetrazione. Per sfruttare meglio l’aerodinamica inizia l’era di Colin Chapman che monta sulle sue Lotus sospensioni a bilanciere per liberare il flusso di aria dall’impatto delle molle ammortizzatori e barre di torsione. La grande innovazione telaistica arriva sempre da Chapman che realizza la prima monoscocca in pannelli di alluminio piegati e rivettati. La Lotus 25, costruita attorno al corpo di Jim Clark è una monoposto rivoluzionaria, estremamente bassa e filante con lo scozzese che guida completamente sdraiato e nei lunghi rettilinei inclina anche la testa per guadagnare nel coefficiente di penetrazione. Con la Lotus 25 Clark vince il titolo 1963 e con la 33, evoluzione della 25, vince il secondo titolo nel 1965. Innovazione anche per la Ferrari 158 dove Mauro Forghieri realizza il motore con funzione portante, una soluzione che verrà ripresa da Chapman nel 1967 con il nuovo Cosworth DFV.
Ron Tauranac, progettista e socio di Jack Brabham, infine crea un semplice telaio in tubi per le sue monoposto che può essere equipaggiato con diverse motorizzazioni. Con questo telaio la Brabham vende centinaia di monoposto equipaggiate con motorizzazioni che vanno da quelle di 1,5 litri per la F.1 fino a 1.000 cc per la F3, dove conquisteranno vittorie e campionati lanciando molti giovani piloti.
Immagini © Massimo Campi