Published on Novembre 15th, 2020 | by Massimo Campi
0Carrera Panamericana una grande avventura
Nel 1950 inizia la Carrera Panamericana, una grande avventura tra le nuove strade del Messico
Più di tremila chilometri a tappe, una avventura tra le strade del centro America, così nasce la Carrera Panamericana, per inaugurare un grande progetto, deciso sin dagli anni ’30, di una strada che doveva unire tutte le varie nazioni del continente americano, dalla Alaska alla Patagonia. Il Messico riuscì a completare il suo tratto all’inizio degli anni ’50, 3.440 km di strada da Ciudad Juraez, al confine degli Stati Uniti, a El Locotal uno sperduto villaggio nella giungla alla frontiera con il Guatemala.
Cosa fare per inaugurare questa strada? Fioriscono le idee come quella di fare una carovana con autocarri e ragazze ricoperte di slogan pubblicitari, ma un giornalista, Attila Camisa, amico di un ministro del governo, propose l’idea di fare una corsa su strada, come la 1000 Miglia italiana, però divisa in varie tappe visto la lunghezza del percorso.
La prima edizione del 1950, una avventura da nord a sud
Così nasce la Carrera Mexico, programmata per i primi giorni di maggio del 1950. Tra i partecipanti alla prima edizione ci sono anche due Alfa Romeo Freccia d’Oro, praticamente di serie, visto che le vetture ammesse devono avere cinque posti, solo con serbatoi maggiorati, pilotate da Felice Bonetto e Piero Taruffi. I due italiani sono anche attirati dai sostanziosi premi in denaro, e prendono il via con i rispettivi copiloti meccanici, Ceroli per Bonetto e Bonini per Taruffi tra i 130 equipaggi iscritti quasi tutti con vetture di produzione americana. Sei i giorni di gara suddivisi in diverse tappe, si parte il 5 maggio 1950 da Ciudad Juarez con arrivo a Chuhuahua, il secondo giorno la carovana arriva a Durango, il terzo giorno i concorrenti arrivano nella capitale Mexico City per poi proseguire il quarto giorno fino a Oxaca. Il quinto giorno si arriva a Tuxla Guiterrez per poi finire la Carrera a Ocotal il sesto giorno. Nessun regolamento specifico per le cilindrate e prestazioni delle vetture in gara che vanno dalla piccole Alfa di 2,5 litri alle mastodontiche Cadillac di 6.500 cc, basta che abbiano i famosi 5 posti a sedere. Nonostante siano le vetture più piccole le Alfa si difendono molto bene nei tratti più accidentati e dopo 28 ore di gara Taruffi arriva quarto assoluto e Bonetto settimo, mentre la vittoria è per McGriff, specialista americano di cose Midget al volante di una Oldsmobile di 5.000 cc. davanti a due Cadillac, in un vero caos organizzativo con classifiche stilate molto approssimativamente.
Nel 1951 arrivano le vetture europee e vince Taruffi.
Nel 1951, visto il successo della prima edizione, arriva anche la Ferrari e la Lancia. Per merito di Franco Cornacchia, appassionato gentleman driver, vengono iscritte due Ferrari 212 Inter per Taruffi-Chinetti ed Ascari-Villoresi, mentre Felice Bonetto convince la marca torinese a partecipare con due Aurelia GT, iscritte direttamente da Bonetto e da Givanni Bracco. Per la seconda edizione viene invertito anche il tracciato di gara con partenza da Tuxla Guiterrez ed arrivo a Ciuda Juarez.
La gara è spostata da inizio maggio a fine novembre per evitare il clima caldo e piovoso in quel periodo dell’anno in Messico e per dare alle squadre europee la possibilità di competere durante quella che era normalmente la loro bassa stagione. La gara si rivela molto dura con un pesante tributo di incidenti e quattro vittime tra i piloti. Le leggere e potenti vetture europee hanno subito la meglio sulle pesanti vetture americane e la vittoria è per le due Ferrari dipinte di azzurro di Piero Taruffi ed Alberto Ascari che precedono due piloti statunitensi: Bill Sterling, un venditore di El Paso , in Texas , terzo su una Chrysler Saratoga e il campione Troy Ruttman su su una Mercury a testa piatta che ha comprato per $ 1.000 in un parcheggio di auto usate a El Monte, in California. Sfortuna invece per Felice Bonetto, subito fermo nella prima tappa con il motore arrosto causa, secondo il campione torinese, di un atto di sabotaggio con un taglio ad un manicotto del circuito di raffreddamento.
1952, l’anno della Mercedes
L’industria europea si interessa sempre di più alla gara centro americana, e nel 1952 vengono iscritte tre Mercedes 300SL per Hermann Lang, Karl Kling e John Fitc. Gli italiani sono della partita con due Ferrari Mexico di 4,1 litri per Ascari e Villoresi, una per Chinetti e Lucas ed una 3 litri per Giovanni Bracco.
La Lancia corre con Felice Bonetto, Umberto Maglioli e Giulio Cabianca, seguono le Gordini di Berha e Manzon ed alcune Porsche. Piero Taruffi ormai soprannominato dalla stampa locale lo “zorro plateado”, ovvero la “volpe d’argento” corre con una Oldsmobile 88 turismo del concessionario locale. La squadra Mercedes è la più organizzata ed alla fine la vittoria è per la Mercedes-Benz W194 di Kling e Hans Klenk nonostante l’auto sia stata colpita da un avvoltoio nel parabrezza ad oltre 200 km/h. il volatile ha sfondato il vetro dalla parte del copilota Klenk ed al successivo rifornimento, dopo avere sostituito il parabrezza, sono state imbullonate otto barre in acciaio sul vetro per una maggiore protezione.
Tra le innovazioni della edizione 1953 c’è anche, da parte dell’equipaggio tedesco, l’uso delle note per identificare le varie curve del tracciato, un sistema diventato poi usuale nei rally moderni. Tra le novità di quella edizione c’è la comparsa dei primi sponsor che adornano le macchine con Ascari, Villoresi e Bracco che partono sponsorizzati da un grosso industriale messicano, don Santiago Ontanon che sborsa una ventina di milioni dell’epoca per mettere il logo del suo olio sulle vetture.
Villoresi e Bracco devono abbandonare per problemi alla trasmissione mentre stavano viaggiando più veloci delle vetture tedesche che conquistano, oltre al primo posto di Kling, il secondo con Lang, mentre Chinetti e terzo seguito da Maglioli, mentre Ascari finisce fuori strada rovinando la sua vettura.
Puntata n°1 – continua
Immagini © Mercedes press ed archivio Tanzi – si ringrazia Dedo Tanzi e Patrizio Cantù per il materiale e la collaborazione