Published on Agosto 27th, 2020 | by Massimo Campi
0Spa 2000, Hakkinen contro Schumacher
È stato uno dei sorpassi più belli della F.1 di inizio millennio
Il sorpasso, l’essenza della sfida, della competizione, quell’istante che a volte fa la differenza. In ogni Gran Premio ci sono dei sorpassi, anche se negli ultimi anni si sorpassa soprattutto ai box, vincolati alle strategie di gara, alle gomme, ai pit stop, a sorpassi spesso falsati dalle ultime tecnologie create appositamente ed artificialmente per dare spettacolo ad una categoria prigioniera dei suoi regolamenti. Ma ci sono sorpassi che hanno fatto la storia e tra questi c’è quello tra Mika Hakkinen e Michael Schumacher a Spa nel 2000. Mika Hakkinen, finlandese, alfiere della McLaren, due volte campione mondiale con la squadra di Ron Dennis. Michael Schumacher, campione di Kerpen, Germania. Due titoli mondiali conquistati con la Benetton ed in procinto di conquistare il suo primo titolo con la squadra di Maranello. Spa Francorchamps, la pista, il teatro dove solo i grandi campioni fanno la differenza. Mancano ancora cinque gare alla fine del mondiale ed in Belgio, Hakkinen è in testa alla classifica per due punti su Schumacher, per entrambi una vittoria serve a mettere un nuovo mattone per la conquista del titolo.
Il finlandese parte in testa, ma la sua argentea McLaren ha messo una ruota nell’erba al tredicesimo giro finendo in testacoda. Passa il tedesco, prende il comando della gara e Mika inizia la sua rimonta che lo porta alle spalle della Ferrari. È il momento di tentare un sorpasso, per annientare l’avversario. Le due macchine sono velocissime, guidate da purosangue della velocità. I 10 cilindri sibilano ad oltre 17.000 giri, le gomme si sfiorano, ma il tedesco non molla ed il finlandese capisce che non è il caso di rischiare oltre il limite e si accoda, ma ha preso quelle misure che presto serviranno a sferrare l’attacco decisivo. Un minuto e cinquantadue secondi dopo, il tempo di un giro, i due escono dalla Suorce, giù verso l’Eau Rouge, poi di nuovo su, Radillon e la ripida salita del Kemmel. Velocissimi, agguerritissimi, pronti di nuovo alla sfida, pronti alla staccata della Chicane di Les Combes, per riprovarci nuovamente. Ma questa volta la situazione è diversa, davanti c’è la Bar di Ricardo Zonta, lenta, da doppiare. Il finlandese è in scia al Kaiser, la Bar è in mezzo alla pista. La rossa scarta all’ultimo istante, verso sinistra e sorpassa prepotentemente la bianca Bar. Traiettoria, giusta, ottimale per una buona staccata e giusta traiettoria nella curva che gira a destra. Hakkinen invece ha una intuizione da vero fuoriclasse, piede pesante, uomo di fegato: intravede un buco, sulla destra, ci si butta dentro, fuori traiettoria, continua a spingere sul pedale dell’acceleratore. Poche decine di centimetri tra le ruote della Bar e quelle della freccia argentata, poco spazio verso l’erba ed il guard rail. Il V10 Mercedes tocca i 18.000 giri, la McLaren supera abbondantemente i 300 all’ora, il finlandese sorpassa in un solo colpo Zonta e Schumi e si infila per primo a Les Combes, come un missile, al limite.
La moglie Erja e Jean Todt in box sono senza parole, senza fiato. In qualche millesimo di secondo è tutto cambiato, il pubblico ammutolisce, poi esplode in un boato. Hakkinen vince la gara, Schumacher, rallenta, arriva quarto. Per il finlandese è un vero trionfo, il sorpasso, diffuso in diretta dalle televisioni di mezzo mondo rimarrà come indelebile nella storia, ma a fine anno sarà il tedesco a conquistare il suo primo dei cinque mondiali con la rossa.
“Bisogna però chiarire alcune cose” aprirà il discorso Luca Baldisseri, ingegnere di pista di Shumi che a distanza di quindici primavere ricorda in una intervista quello smacco alla rossa “la vera colpa non è stata di Michael ma della Ferrari, abbiamo sbagliato noi. Quella vettura era partita con una configurazione aerodinamica sbagliata, molto, anche troppo carica, sul dritto perdevamo almeno 10-15 all’ora nei confronti degli avversari, soprattutto dalla Mercedes. Ad inizio gara ci pensò la grande classe di Michael a metterci una pezza, poi cambiarono le condizioni della pista, l’asfalto si era asciugato era molto più veloce. Ci accorgemmo dell’errore ma non si poteva più rimediare. Hakkinen andava forte, recuperava moltissimo soprattutto sul dritto, c’era ben poco da fare quando ha preso la doppia scia, poi lui, uomo di fegato, si è inventato quel passaggio in poco spazio, ma ormai il destino era segnato per la rossa!”