Published on Luglio 26th, 2020 | by Massimo Campi
0D50 dalla Lancia alla Ferrari
La Lancia D50 il capolavoro di Jano
Il giovane Gianni Lancia, erede della casa torinese, all’inizio degli anni ’50 decide di produrre auto, di nicchia, ma molto eleganti e ritornare nel mondo delle corse, sfidando Mercedes e Ferrari, per rafforzare l’immagine del marchio. Molte azioni della casa torinese sono tenute dal gruppo Pesenti, ma Lancia, nonostante la fabbrica navighi in brutte acque finanziarie ed i conti sono in rosso assume Vittorio Jano, il grande progettista delle Alfa Romeo della Scuderia Ferrari. Lo stipendio è da fuoriclasse, ma anche le vetture realizzate lo sono. Sotto la progettazione di Jano nascono la Sport D23 e la D24, ma il pezzo più pregiato sarà D50 di Formula Uno. La monoposto nasce in silenzio nel settembre del 1953, nel reparto corse, Jano non bada a mezze misure, per contrastare le nuove realizzazioni che la casa della stella a tre punte sta realizzando a Stoccarda, ci vuole una vettura che rompa con gli schemi consolidati, con una meccanica ed un telaio all’avanguardia.
Servono i piloti, ed in questo campo Gianni Lancia non si fa mancare nulla, vuole solo i migliori, costi quel che costi. È il 22 gennaio del 1954 quando i giornali annunciano che Alberto Ascari, Campione del mondo ’52 e ’53, Gigi Villoresi ed Eugenio Castellotti hanno firmato per la Lancia. La monoposto viene testata in gran segreto all’aeroporto di Caselle dal collaudatore Gillo e da Ascari e l’8 febbraio fa la sua prima apparizione ufficiale nel cortile dello stabilimento. Tra i piloti Lancia in quel periodo c’è anche Manuel Fangio, fa qualche corsa di durata con la Lancia D24, ma che ben presto emigra alla Mercedes, intuendo che la casa tedesca ha la macchina con la migliore tecnologia, ed i soldi per svilupparla.
La progettazione della Lancia D50 ha una storia piuttosto lunga e travagliata, ma quando viene presentata si capisce che Vittorio Jano è ancora uno dei migliori progettisti sul mercato e le ingenti risorse sono stati ben spese. Ben presto però il primo principale problema saranno proprio i soldi: i Pesenti hanno ormai acquisito molte azioni della fabbrica, l’azienda è vicina alla bancarotta ed è necessario fare quadrare i conti.
La D50 è un gioiello di tecnica per l’epoca, dotata di un brillante otto cilindri a V di 90°, cilindrata 2.486cc per una potenza di 250cv a 8.000 giri, mentre la diretta concorrente italiana Ferrari continua a gareggiare con il 4 cilindri in linea progettato da Aurelio Lampredi.
Vittorio Jano cura particolarmente anche la parte telaistica, la Lancia è dotata di due serbatoi ai lati dell’abitacolo per equilibrare le masse, la trasmissione ha un sistema transaxle con il cambio posteriore e ponte De Dion, tra le evoluzioni è già pronta una carrozzeria carenata per i tracciati veloci come Reims e Monza. Il motore V8 è inclinato di 12° per consentire il passaggio dell’albero di trasmissione alla sinistra del pilota, il tutto per abbassare il telaio e quindi le masse sospese con un baricentro il più basso possibile.
Intanto Gianni Lancia continua nella sua rivoluzione dell’immagine e fa costruire un grattacielo a Torino, come sede dirigenziale, decorato da Gio’ Ponti. Il grattacielo è realizzato proprio dal gruppo Pesenti che diventa sempre più creditore della Lancia, ormai pesantemente indebitata dalla gestione allegra del suo patron Gianni. Ascari continua a sviluppare la vettura in gran segreto, tra un test e l’altro vince la Mille Miglia 1954 con la Lancia Sport D24 ed ha il permesso di partecipare ad alcune gare con altre vetture: a Reims è in pista con una Maserati a Monza partecipa con una Ferrari ed il compagno Villoresi è al volante di una Maserati. Il 13 ottobre 1954 è il giorno del grande debutto, la Lancia D50 è in gara nell’ultima prova mondiale a Barcellona. La vettura di Jano va subito forte, Ascari fa il miglior tempo in prova, parte alla grande, va subito in testa, ha un ritmo di gara impressionante e guadagna due secondi al giro sugli avversari ma le macchine no riescono a reggere per tutta la durata della gara. Villoresi è subito fuori, Ascari lo segue per un problema meccanico. Il 16 gennaio inizia la stagione 1955 in Argentina, a Buenos Aires Ascari è nuovamente in testa, ma finisce la sua corsa fuori strada slittando su una macchia d’olio lasciata da un avversario. A fine marzo è in programma a Torino il Gran Premio del Valentino. Le Lancia alla partenza sono tre ed arriva il successo: Ascari è primo, Villoresi terzo e Castellotti quarto. Il mese dopo Ascari si ripete vincendo il GP di Napoli ed arriva il Gran Premio di Montecarlo, da sempre la grande vetrina internazionale dove finalmente la Lancia può dimostrare le sue grandi doti. È il 22 maggio, la lotta è tra le vetture di Torino e le Mercedes di Fangio e Moss con la Ferrari di Trintignant come outsider. La Mercedes partono forte, ma hanno problemi, Fangio si ritira, Moss deve recuperare ed Ascari è in testa alla quando si blocca una ruota alla chicane ed esce fuori strada finendo in mare. I sommozzatori lo salvano, ma il campione milanese rimane impressionato dalla disavventura. Alla fine gara Eugenio Castellotti, dopo un’ottima prestazione si piazza secondo dietro la Ferrari di Trintignan e Villoresi, quinto, dimostrano che la Lancia D50 è una vettura da primato.
Ma quattro giorni dopo tutto finirà: il 26 maggio 1955 Alberto Ascari muore a Monza. Il campione milanese va a trovare a Monza l’amico Castellotti che sta girando a Monza con la sua Ferrari 750 sport, chiede al lodigiano di fare qualche giro, giusto per provare i riflessi dopo il volo di Montecarlo. Sale sulla barchetta del Cavallino in camicia e cravatta, parte veloce dai box, dopo tre giri finisce fuori strada alla curva del Vialone, che verrà poi intitolata proprio al campione milanese, perdendo la vita. Per Gianni Lancia è il colpo da ko, il sogno è diventato un incubo, esce di scena dalle corse, e dopo due mesi viene estromesso anche dalla sua fabbrica.
Il 5 giugno al GP del Belgio è presente il solo Eugenio Castellotti, che sbalordisce nelle prove segnando il miglior tempo davanti alle Mercedes di Fangio e Moss. In gara dopo aver dominato si ritira al trentaseiesimo giro, sarà l’ultima gara della Lancia D50. A Torino I conti sono pesantemente in rosso, Gianni Lancia deve cedere il 16% delle azioni ancora in suo possesso al Gruppo Pesenti che chiede immediatamente il suo allontanamento dalla fabbrica. Le risorse tecniche della squadra corse vengono destinate ai nuovi progetti industriali della marca torinese, la Mercedes si fa avanti per rilevare il reparto corse, ma in Italia nasce un patto segreto tra ACI, Fiat e Ferrari ed il tutto viene donato proprio alla scuderia di Maranello, mentre la Fiat si impegna a versare alla Ferrari un contributo di 50 milioni di lire per 5 anni per finanziare le corse con le ex macchine torinesi.
È un caldo 26 luglio del 1955 quando il telecronista Gino Rancati annuncia al telegiornale: “Stamane nel reparto corse della Lancia, i dirigenti della Casa torinese hanno consegnato a quelli della Ferrari le vetture di Formula Uno. La cessione fa parte della donazione che sotto gli auspici dell’Automobile Club d’Italia, Lancia ha deciso a favore della Casa di Maranello. Sui furgoni, oltre alle vetture, sono stati caricati motori, carrozzerie e materiale vario. Sono partiti per Modena anche tecnici e meccanici che illustreranno ai colleghi della Ferrari le macchine realizzate da Vittorio Jano. La Ferrari potenziata con il concorso delle maggiori industrie italiane, potrà dare al nostro Paese, assieme alla Maserati ed altre Marche, quelle affermazioni che per tradizione ci spettano.”
I meccanici di Maranello sono andati quella mattina con i loro mezzi a ritirare le vetture nella sede in via Caraglio nel cuore di Borgo San Paolo, il quartiere torinese cresciuto intorno alla Lancia. Per la squadra corse di Torino è finito il sogno, il dolore è straziante, ma la Lancia D50 di Vittorio Jano continuerà a vivere e con il cavallino rampante sul muso e con poche modifiche conquisterà il titolo mondiale 1956 con Juan Manuel Fangio.