Storia

Published on Giugno 18th, 2020 | by Massimo Campi

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Le Mans 2000, la prima dell’Audi

Biela/Kristensen/Pirro conquistano la prima vittoria a Le Mans con l’Audi R8

Domenica 18 giugno 2000, una data particolare nella storia della 24 Ore di Le Mans, sotto la bandiera a scacchi passa per prima l’Audi R8 di Frank Biela, Tom Kristensen ed Emanuele Pirro, per il pubblico presente è una vittoria annunciata dopo due stagioni di duro lavoro per cogliere la meritata vittoria. Per la casa degli anelli è un dominio assoluto: tre vetture su tre partite, con una arrivo in parata come in precedenza hanno fatto nella storia Jaguar, Porsche e la Peugeot. Sconfiggere lo squadrone tedesco era praticamente impossibile, almeno per gli avversari presenti, di qualità decisamente inferiore con preparazione ed un’organizzazione non certo all’altezza di quella di Reinhold Joest, al suo sesto successo in terra francese. Le vetture argento hanno dominato prove e gara, rendendo monotona la lotta per la testa della corsa. Emanuele Pirro alla quarta partecipazione, ha vinto la sua prima 24 ore, in coppia con Frank Biela e Tom Kristensen che è giunto alla sua seconda affermazione in quattro edizioni disputate. La costanza e la regolarità dei  tre piloti è stata la loro arma vincente ed il blocco delle posizioni imposto dal gran capo Wolfgang Ullrich ad un terzo dalla fine li ha ulteriormente favoriti. Il risultato di squadra è stato l’obbiettivo principale del Team di Ingolstadt che ha indotto il congelamento della classifica, e sul secondo gradino del podio è salito il trio McNish/Aiello/Ortelli, attardati nella notte da una uscita di strada di Stéphane Ortelli, e da noie al cambio ed al diffusore posteriore. Terzi Alboreto/Capello/Abt, attardati dalla sostituzione di un triangolo della sospensione. Per i due italiani, nonostante il risultato, c’è stata un po’ di delusione. Entrambi velocissimi e motivati, hanno avuto in Abt l’anello debole della formazione.

L’organizzazione della casa di Ingolstadt è stata praticamente perfetta: sostituire un cambio in sei minuti ed un retrotreno in sette minuti la dice lunga sulle potenzialità della squadra tedesca. Il programma Audi è iniziato due anni fa e dopo l’esperienza dello scorso anno hanno evoluto la barchetta per poter competere contro i migliori avversari, che non si sono presentati sulla Sarthe. La BMW, dopo l’inaspettata vittoria della scorsa edizione, si è concentrata sul programma con la Williams. Per la Toyota la sconfitta subita nel ’99 è stata troppo cocente, la Nissan non ha trovato una organizzazione all’altezza del programma e le vetture erano da rifare, mentre la Mercedes ha preferito stare molto lontana dal dosso dell’Hunaudières per evitare altri imbarazzanti decolli.

Assenti i grandi nomi, il successo della casa degli anelli sembra una vittoria contro nessuno, ed invece in questa prima edizione del terzo millennio ci sono stati vari motivi di interesse e le sconfitte si chiamano Cadillac, Panoz  e Reynard. La General Motors ha investito molto in questo programma, portando anche un numero impressionante di invitati in terra francese. La barchetta, commissionata alla Riley & Scott e motorizzata con il V8 Northstar di 4 litri biturbo, ha mostrato tutti i suoi limiti: lenta e priva di affidabilità. Portata in pista dalla squadra ufficiale e dalla Dams di Jean Paul Driot ha subito dei distacchi abissali. La prima in classifica, di Bernard/Collard/Montagny è quella della squadra francese, giunta al 20° posto con ben 68 giri di distacco dalle vincitrici. L’altra vettura della Dams è stata protagonista di un furioso incendio in pieno Hunandieres. Dopo pochi minuti dal via, la vettura di Tinseau ha preso fuoco a 300 km/h e sono dovuti intervenire i vigili del fuoco con tanto di autopompa per domare le alte fiamme. Il francese si è ustionato ad un braccio e la safety car ha congelato la gara per 40 minuti per poter rimuovere i resti della Cadillac. Le vetture ufficiali sono andate ancora peggio di quelle francesi e per il futuro si impone un grande programma di sviluppo per competere contro le vetture tedesche.

Tanti problemi anche per la Reynard, 2KQ rivista e corretta dopo le deludenti prestazioni di Daytona. La vettura è stata schierata dal Team Oreca di Hugues De Chaunac, ufficiale Chrysler, ed è stata rivista sia nell’aerodinamica che nel telaio, causa flessioni. Il motore è il Mopar V8 – 6 litri  aspirato realizzato dalla factory americana che produce propulsori per i dragster. Le rosse vetture non sono mai state in gara, e la trasmissione ha dato parecchi guai a tutte le barchette Reynard. Yannick Dalmas si è ritirato addirittura al primo giro di gara e per il futuro la Oreca costruirà in proprio la nuova sport che verrà studiata da David Floury, ex BMW e TWR.

Anche le Panoz non sono mai state in gara con le Audi. La barchetta americana doveva essere la rivelazione della gara, ed invece è stata la sorpresa negativa. Il motore ha una notevole potenza, otto cilindri grossi come fiaschi con una cilindrata di 6.000 cc, ma il problema è il telaio, con quel posto di guida sulle ruote posteriori, e la trasmissione che non sempre regge la potenza. Le Panoz si sono spesso dimostrate vetture da assoluto, ma nelle gare americane di 1.000 km, o al massimo di sei ore, a Le Mans è tutta un’altra cosa e le cinque vetture al via si sono disperse dopo poche ore di gara. Nonostante i vari guai la Panoz ufficiale di Katoh/O’Connel/Raphanel è giunta quinta assoluta, ma con ben 26 giri di distacco. La seconda vettura ufficiale è finita a metà classifica, con Brabham, Magnussen e Mario Andretti. L’americano è stato una delle grandi attrazioni di questa 24 ore. Il pubblico lo ha acclamato ogni volta che lo vedeva, e lui non si mai fatto negare. Alla parata dei piloti, il venerdì in centro città, Mario Andretti, da grande star, ha elargito sorrisi ed autografi a tutti, un insegnamento per tutti in un mondo dominato dagli asettici piloti creati dall’azienda Ecclestone e soci.

Le Lola 2KQ hanno fatto vedere la loro potenzialità soprattutto in prova, con il quinto posto sullo schieramento della vettura del Team Rafanelli di Schiattarella/De Radigues/Naspetti. In gara hanno mantenuto il ritmo, sino a quando il V10 Judd li ha lasciati a piedi.

Dominio  delle Chrysler Viper per la classe GTS, mentre nelle piccole GT la vittoria è andata alla Porsche. La Viper Oreca, dopo la vittoria assoluta a Daytona, ha vinto la classe anche sulla Sarthe, distanziando le Corvette ufficiali e le Porsche GT2. L’Equipe Oreca di Hugues De Chaunac è una vera macchina da guerra, con una organizzazione in pista degna di quella di Joest e la Viper è da anni la migliore GT2 del lotto. La vittoria è stata conquistata dalla Viper di Beretta/Wendlinger/Dupuy, che è anche giunta settima assoluta precedendo vetture sport molto più veloci.

Dopo il dominio dell’Audi, il vincitore morale della maratona francese 2000 si può considerare Henry Pescarolo che, dopo le vittorie come pilota è stato nuovamente grande alla sua prima partecipazione come Team Manager. La Filiere gli ha affidato una vecchia Courage C52, ha trovato vari sponsor, tra cui la regione della Sarthe che lo ha sostenuto. Come motore ha montato il nuovo V6 Sodemo, derivato dal Peugeot V6 E9 J4S biturbo che equipaggia la nuova 607. La cilindrata è di 3,2 litri i cilindri sono disposti a V di 60° ed è sovralimentato da due turbine Garrett. Pescarolo non ha voluto prendere in mano il volante “ho trovato degli sponsor che hanno sostenuto la squadra, non voglio che la gente pensi che l’ho fatto solo per dei miei interessi” ha dichiarato alla stampa “preferisco fare correre dei piloti che ritengo molto validi, ma in futuro voglio tornare”. Pescarolo ha vinto la sua scommessa. Ha messo insieme un equipaggio con due piloti veloci ed affidabili come Clerico e Grouillard  e la giovane promessa francese Bourdais. I tre sono giunti quarti assoluti, alle spalle dei panzer Audi ed hanno fatto sognare la Francia intera. Budget ridotti, ma tanta buona volontà, esperienza da vendere a caro prezzo e la realtà di aver sorpassato in classifica tante vetture più blasonate, con budget infinitamente superiori. Poche volte abbiamo visto Pescarolo sorridere, ma questa volta il suo sguardo era eloquente, quel sorriso veniva dal profondo, da chi si gusta fino in fondo il suo nuovo grande momento.

Grande emozione per la presenza italiana sul podio: Emanuele Pirro romano, 38 anni, ha conquistato la grande affermazione, una vittoria che rappresenta il coronamento di una carriera e di un sogno. Sul podio il romano si è lasciato andare, un urlo che la dice lunga su cosa vuol dire vincere ed entrare nella leggenda. Per prepararsi al meglio si è addirittura fatto operare tre settimane prima ad un ginocchio, per evitare eventuali dolori del menisco in gara. Sfortuna invece per Michele Alboreto e Rinaldo Capello. I due sono partiti per vincere, ed il loro ritmo di gara delle prime ore era ideale per salire sul gradino più alto del podio, invece che in quello più basso. Quando erano riusciti ad accumulare un giro di vantaggio sulle altre due Audi, sono stati traditi da una foratura con cedimento del triangolo della sospensione, dovuto probabilmente per una uscita di strada di Abt. I sette minuti di sosta ai box per sostituire la sospensione li ha relegati in coda alle vetture sorelle ed il terzo posto ha lasciato un po’ di amaro in bocca ai due.

Sicuramente la palma della sfortuna è toccata a Fabio Babini, al volante di una Porsche GT3 con Gabrio Rosa e Michel Ligonnet. I tre, con una condotta di gara perfetta, erano secondi di classe con la vettura del Team Haberthur, quando negli ultimi dieci minuti hanno visto svanire in pochi attimi tutto quanto avevano sapientemente costruito. Il parabrezza della Porsche ha ceduto di schianto, veloce rientro ai box, rimozione dei pezzi di vetro rimasti, pronto rientro in pista ed il cofano motore si apre di schianto. Babini è costretto a percorrere un giro di pista con la testa fuori dal finestrino per vedere l’asfalto Nuova fermata ai box per sistemare il cofano e fuori nuovamente per l’ultimo giro della gara dove incontra la Porsche di Fukuyama che lo sportella mandandolo in sabbia con una gomma a terra. Risultato: ritiro a due minuti dallo scadere delle fatidiche 24 ore con automatica esclusione della classifica.

Il motore Judd della Lola di Rafanelli ha ceduto alla dodicesima ora, facendo perdere ogni speranza ad Emanuele Naspetti e al velocissimo Mimmo Schiatterella che con un ottimo turno di guida l’aveva portata fino al quinto posto in classifica. Stessa sorte per Giovanni Lavaggi: il sei cilindri Porsche della Racing Enginnering è andato in fumo a mezzanotte, ma prima era anche stato protagonista di una toccata con relativa sosta per sistemare la vettura. Angelo Zadra ha finito la sua gara nelle prime ore, in testacoda alla Tertre Rouge e centrato da Goueslard. Tanti guai per Mauro Baldi, per la prima volta al volante della Panoz-Den Blå Avis. La Panoz è finita sui detriti della Porsche di Zadra, con relativa sosta per sistemare i danni, poi un guaio allo sterzo con una sosta di cinque ore per la riparazione, l’ha estromessa definitivamente dalla classifica. Massimiliano Angelelli ha corso con la deludente Cadillac, piena di guai e lenta, ma tra i piloti ufficiali della casa americana è proprio stato l’italiano quello più convincente.

Un po’ di delusione per Michele Alboreto, vincitore nel 1997, ed anche nell’edizione 2000 ha dimostrato di essere ancora un pilota di punta, un vero professionista che ha riscoperto in queste gare la gioia di correre ai massimi livelli. Abbiamo ascoltato il suo parere su come ci si prepara per vincere e come si affronta la più importante gara di durata del mondo. “E’ da due anni che non c’è più il tempo per tirare i remi in barca, non si può più andare piano o temporeggiare, ognuno di noi parte per il suo turno di guida di due ore, come se fosse in un gran premio. L’Audi si è preparata per combattere contro i team più forti, come la Toyota, la Mercedes o la BMW degli ultimi due anni ed alla fine loro non sono più tornati a Le Mans. La preparazione fisica è molto importante, nel Team Audi siamo tutti professionisti e quindi abbiamo una preparazione fisica specifica, sia per il giorno che per la notte, ma la preparazione più importante è quella fatta al volante della vettura. Sono due anni che giriamo in continuazione, facendo ogni genere di test, l’ultimo è stato fatto la settimana prima della gara, e questo serve soprattutto a familiarizzare con la vettura e con l’abitacolo. I comandi ed i controlli sono molti in una sport moderna, quando succede anche un piccolo problema tecnico bisogna reagire nel modo giusto e sapere subito cosa fare. Sapere che comandi manovrare in caso di necessità è fondamentale, sia con la luce che con il buio della notte. Alcune volte, piloti hanno perso delle gare solo per aver pigiato un bottone sbagliato, e questo a noi non deve succedere. Quando la vettura è valida e ben bilanciata, l’assetto per tutti e tre i piloti dell’equipaggio non è un grosso problema. Ovviamente non si può variare l’assetto al cambiare del pilota, quindi ognuno di noi tre, date le impostazioni generali di base, si deve adattare, da buon professionista, a ciò che trova cercando di sfruttarlo al meglio. La cosa più difficile è trovare un seggiolino che si adatti a tutto l’equipaggio: io sono dovuto dimagrire di due chilogrammi, mentre Dindo ha dovuto mangiare tanto per ingrassare di tre chili!”

Immagini © Massimo Campi

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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