Storia

Published on Maggio 13th, 2020 | by Massimo Campi

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Formula Uno 1990, vince Senna ma nel circus c’è molta Italia

Nel 1990 in Formula Uno ci sono ancora diversi piloti e team italiani

Nel 1990 inizia l’ultimo decennio del secolo, nelle sue 41 edizioni di storia la Formula Uno è profondamente cambiata, le vetture sono sempre più veloci ed i grandi costruttori come Honda e Renault sono sempre più interessati al richiamo mediatico della massima formula, fornendo propulsori sempre più performanti. Finita l’era turbo che ha dominato gli anni ’80 si è tornati ai propulsori aspirati di 3,5 litri, favorendo l’ingresso di nuove squadre. Tra le novità della stagione 1990 c’è l’obbligatorietà di nuovi crash test nella zona dell’abitacolo e nella parte anteriore per testare la solidità delle vetture in caso di urto. Gli abitacoli delle monoposto sono sempre più stretti per favorire la penetrazione aerodinamica, lo spazio per le gambe è ridotto ai minimi termini e per ristabilire nuovi parametri di sicurezza viene introdotta la norma che I piloti devono essere in grado di uscire dall’abitacolo in meno di cinque secondi senza aiuti. La stagione, composta da 16 gare, inizia in marzo sul tracciato cittadino di Phoenix per finire a novembre ad Adelaide in Australia.

Ayrton Senna con la sua McLaren-Honda vince il suo secondo titolo mondiale dopo le polemiche della stagione precedente dove ha perso la partita contro il suo diretto rivale, Alain Prost, nell’incidente in Giappone, a Suzuka, dove i due, in lotta per il mondiale, entrano in contatto nella via di fuga alla Chicane Triangle, con conseguente squalifica del brasiliano.

Vinto il mondiale Alain Prost saluta il team inglese, che ha sempre difeso il brasiliano, emigrando alla Ferrari. Tra McLaren e la squadra di Maranello c’è uno scambio di piloti, con Gerard Berger al posto del francese e viceversa nell’abitacolo della rossa. Per il 1990 è ancora Prost il diretto rivale del brasiliano, il duello finale è ancora a Suzuka con Senna, in testa al mondiale, che tampona volutamente Prost alla prima staccata mettendo la parola fine alle speranze del francese di riportare il titolo a Maranello.

La Ferrari e la McLaren sono le due monoposto che dominano il mondiale, i due principali contendenti, Senna e Prost, vincono cinque gare ciascuno. La Ferrari vince anche in Portogallo con Nigel Mansell, sempre più a disagio nel ruolo di comprimario al francese, dimostrando che la monoposto progettata da John Barnard è un’ottima monoposto.

Tra le novità tecniche c’è la nuova Tyrrell 019, progettata da Harvey Postlethwaite e Jean-Claude Migeot, che ha il musetto rialzato per consentire una migliore penetrazione aerodinamica ed una pulizia dei flussi sul fondo piatto, una soluzione tecnica che verrà presto copiata da tutte le altre scuderie.

A parte la Ferrari, grande protagonista della stagione, in Formula Uno l’italiano è una delle lingue più parlate, con team e piloti che affollano il circus mondiale. Tra i top team c’è la Benetton, Flavio Briatore conferma Alessandro Nannini e sostituisce Pirro con Nelson Piquet, reduce da due stagioni molto deludenti con la Lotus. Il pilota brasiliano firma un contratto particolare, che prevede il pagamento di 50.000 dollari per ogni punto conquistato e di 100.000 per ogni vittoria, e Nelson Piquet conquista due vittorie, in Giappone ed Australia dimostrando di essere ancora un top driver.

La nota stonata della stagione riguarda Alessandro Nannini, vittima di un incidente in elicottero prima del GP del Giappone. Riuscirà a salvarsi ma dovrà subire numerose operazioni al braccio ed una lunga e faticosa riabilitazione che porrà fine alla sua carriera in monoposto. Il suo abitacolo viene preso da Roberto Moreno proveniente dalla EuroBrun, che ha deciso di non correre nella parte finale della stagione. il Team Italo-Svizzero milita da due stagioni nel mondiale ed è composto da Walter Brun e Giampaolo Pavanello. Il nome EuroBrun è l’unione dei due team, il Brun Team, con esperienze nel mondiale endurance e l’Euroracing che ha gestito l’Alfa Romeo dopo l’abbandono della squadra ufficiale. La sede è a Senago, vicino a Milano, Per la stagione ’90 l’EuroBrun ha ingaggiato l’ex designer Ferrari George Ryton, partecipa con una sola vettura motorizzata con il Judd V8, ma la stagione è disastrosa, sia Claudio Langes, che Oscar Larrauri, non riescono ad andare oltre le pre-qualifiche.

Il sistema di ammissione alle prove ufficiali, le pre-qualifiche, è il grande problema dei piccoli team, vero scoglio, per molti un incubo, dove si giocano il tutto per tutto per essere ammessi alla gara. Tra i team che non riescono mai nell’impresa c’è la Life, nata da un’idea di Ernesto Vita con un motore W12 di nuova concezione, progettato dall’ex tecnico della Ferrari, Franco Rocchi. Il propulsore ha tre bancate di quattro cilindri ciascuna, con l’idea di unire le dimensioni ridotte di un V8 con la potenza di un V12, ma le scarse risorse impediscono lo sviluppo e l’avventura finisce ben presto con qualche mesto giro di pista.

Anche Coloni, e l’Osella schierano una sola vettura al via. Il team umbro inizia la stagione con una nuova monoposto equipaggiata con il motore realizzato dall’Ing. Chiti e sponsorizzato dalla Subaru; ma il 12 cilindri ha grossi problemi e ben presto Enzo Coloni passa al collaudato Ford DFR V8, correndo con il belga Bertrand Gachot. Anche Enzo Osella, che si è unito con la Fondmetal di Gabriele Rumi, porta in gara la monoposto con il Ford V8 per Olivier Grouillard.

La Brabham passa sotto il controllo del gruppo giapponese Middlebridge, la nuova BT59 monta il V8 di John Judd e tra i piloti c’è l’italiano Stefano Modena, da tutti considerato una grande promessa, ma il potenziale della scuderia inglese non è più quello dei tempi d’oro.

I giapponesi entrano sempre di più nel giro della massima formula: la March è acquistata dallo sponsor principale, la Leyton House di Akira Akagi, cambiando il nome appunto in Leyton House Racing, ed anche la Arrows diventa proprietà di un gruppo giapponese, la Footwork. Ivan Capelli, con Mauricio Gugelmin sono i due piloti confermati da Akagi, con la Footwork, motorizzata Ford, corrono Michele Alboreto ed Alex Caffi che viene però sostituito in un paio di occasioni da Bernd Schneider.

Nicola Larini entra nell’abitacolo della Ligier, mentre Giancarlo Minardi conferma Pierluigi Martini, affiancandogli Paolo Barilla che viene sostituito a due gare dal termine da Gianni Morbidelli che ha iniziato la stagione con la DallaraScuderia Italia. Il Team bresciano, con la monoposto realizzata a Varano Melegari, schiera Andrea De Cesaris ed Emanuele Pirro, che prende il posto di Morbidelli dopo due gare. Gianni Morbidelli, Campione Italiano di F.3 nella stagione precedente, è impegnato in F.3000 con il Team Forti, ed occasionalmente è anche tester della Ferrari in F.1.

Tra gli italiani al via c’è anche Gabriele Tarquini compagno di squadra di Yannick Dalmas con la AGS. La Lotus monta il nuovo V12 realizzato dalla Lamborghini e progettato da Mauro Forghieri, ma per la gloriosa casa inglese è una annata disastrosa, ed a fine stagione la famiglia Chapman vende il team a Peter Collins e Peter Wright. La Pirelli è uno dei fornitori della massima formula, la lotta è con la Good Year ed alcuni team passano da un fornitore all’altro come Ken Tyrrell che passa alle gomme del marchio italiano.

Tra i top team c’è sempre la Williams, la monoposto FW13 è aggiornata diventando la FW13B, una vettura veloce ed affidabile. La monoposto di Patrick Head ha nuove pance laterali, sospensioni aggiornate, ed il motore Renault RS2 V10 da 3500 centimetri cubici è uno dei migliori del lotto. I due piloti, Riccardo Patrese e Terry Boutsen riescono a vincere una gara a testa, il belga in Ungheria partendo dalla pole position, con Patrese accanto che finisce quarto. L’italiano vince ad Imola dopo una lotta con la McLaren di Berger a pochi giri dalla fine. Il padovano coglie la sua terza vittoria in carriera il 13 maggio davanti all’austriaco; sul gradino più basso del podio sale Nannini con la Benetton che riesce a contenere la Ferrari di Prost.

La stagione 1990 va in archivio con una Ferrari al secondo posto del mondiale, sia in quello costruttori che in quello piloti con Alan Prost, mentre Nigel Mansell, quinto, a fine anno abbandona Maranello per fare ritorno alla corte di Frank Williams. Terza è la veneta Benetton, grazie alle vittorie ed ai piazzamenti di Nelson Piquet ed Alessandro Nannini. Per alcuni piccoli team giunge l’ora del tramonto: la F.1 diventa sempre più costosa con un livello di competitività elevato, lo spazio per i piccoli costruttori ed il sogno di molti team è sempre meno. Il futuro è dei grandi costruttori con Bernie Ecclestone che vuole limitare gli spazi solo a squadre altamente professionali, e soprattutto con grossi capitali alle spalle.

Immagini © Massimo Campi

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Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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