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Published on Maggio 1st, 2020 | by Massimo Campi

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Ayrton Senna, il migliore

Imola, domenica 1 maggio 1994, ore 14.17, il piantone dello sterzo si rompe, la Williams FW16 schizza come un fulmine verso il muro in cemento del Tamburello. Attimi, pochi, la monoposto si arresta in una nuvola di polvere, tutti si aspettano che il casco giallo si sfili da quel maledetto abitacolo, ma non succede. È il dramma, è la fine. Il cuore di Ayrton resiste ancora per qualche ora, ma non c’è più niente da fare, il brasiliano era già oltre, era già leggenda, un segno indimenticabile nella storia del motorsport. Un fine settimana da incubo, che ha cambiato indissolubilmente l’automobilismo da corsa. Non è il muretto a finire il brasiliano, ma un braccetto della sospensione che si infila come una lancia nella visiera del casco. Se non fosse stato per quel braccetto sarebbe uscito dall’abitacolo con le sue gambe. 3

Ha scritto nella sua autobiografia Sid Watkins, il medico della Fia che subito accorre sul luogo dell’incidente: «Ayrton fece un profondo sospiro, il suo volto era tranquillo. Sembrava stesse dormendo, ma ebbi la netta sensazione che la sua anima lo stesse lasciando».

Ayrton non ha vinto più di tutti, i suoi numeri sono stati presto superati, ma le sue gesta sono state da esempio per tutta una generazione di piloti e per il Brasile, il suo paese che amava tanto e vedeva in lui il segno di una riscossa.

Immagini © Massimo Campi

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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