Published on Aprile 19th, 2020 | by Massimo Campi
0La stella a tre punte domina negli ‘50
Nel 1954 la Mercedes torna alle gare con vetture innovative
La storia della Mercedes si è spesso intrecciata con quelle delle competizioni. Sin dalla sua nascita, nel 1926 quando Benz ed Daimler produttori delle auto e dei motori che venivano commercializzati con il marchio Mercedes si uniscono, le competizioni hanno un ruolo importante per la diffusione del marchio con la stella a tre punte. Anche prima di allora la velocità è un elemento fondamentale per i due soci: nel 1909 la Blitzen Benz conquista il record mondiale di velocità a ben 228 km/h, mentre la Daimler- Mercedes GP nel 1908 conquista il Gran Premio di Francia, la gara più importante al mondo.
La nuova fase sportiva, con i due marchi uniti, arriva negli anni ’30, complice gli stanziamenti verso l’industria automobilistica e le competizioni elargiti dal partito nazista tedesco al potere. La Mercedes, assieme all’Auto Union, è la dominatrice dei quella stagione, inizialmente, nel 1934 con una monoposto azionata da un motore a otto cilindri in linea di 3360 cm3, sovralimentato da un compressore Roots. Ben presto salgono le cilindrate fino ad arrivare nel 1937 a 5.660 cc ma poi, per regolamento nel 1938, viene limitata a 3 litri ed il nuovo motore 8 cilindri, serie M154 sovralimentato, arriva ad erogare 480 cv.
Finita la guerra, con la Germania completamente distrutta, arriva il periodo della ricostruzione. La Mercedes è una industria fondamentale per la rinascita, negli anni ’40 servono soprattutto mezzi da lavoro ma l’attrazione per le competizioni è sempre viva a Stoccarda e con i nuovi regolamenti del 1954 che prevedono motori aspirati di 2,5 litri, la Mercedes ritorna in campo con una serie rivoluzionarie vetture sia per la F.1 che per le gare di durata.
La nuova Mercedes-Benz W 196 sarà l’arma del riscatto della casa tedesca, ma anche dell’intera Germania decisa a tornare nella comunità delle nazioni dopo le atrocità della seconda guerra mondiale. La direzione della squadra corse è ancora affida a Alfred Neubauer indimenticato capo delle vittorie negli anni ’30, mentre la direzione tecnica vede Rudolf Uhlenhaut, un ingegnere che è anche collaudatore delle sue creature.
La Mercedes W196 è una monoposto all’avanguardia in quanto a materiali, soluzioni tecniche, aerodinamica. La gestazione e la messa a punto sono piuttosto lunghe, ma quando arriva sui campi di gara, assume subito il ruolo della dominatrice facendo precocemente invecchiare la concorrenza italiana. Il telaio è costituito da una struttura reticolare in tubi di magnesio saldati, rigida, ma al tempo stessa estremamente leggera: l’intera struttura pesa infatti solo 36 chilogrammi. Il motore è un otto cilindri in linea bialbero da due litri e mezzo con distribuzione desmodromica, che consente di eliminare le molle di richiamo delle valvole e di funzionare a regimi più alti. La presa di moto non è alla estremità posteriore dell’albero a gomiti, ma in posizione centrale. La distribuzione bialbero ha due valvole per ogni cilindro, di grande diametro (50 mm alla aspirazione e 43 mm allo scarico) e fortemente inclinate tra loro (88°) ed il sistema desmodromico viene realizzato mediante l’albero a camme che ha due eccentrici, uno dei quali provvede alla apertura, agendo su di una punteria, e l’altro alla chiusura, tramite un bilanciere a due bracci disposto in posizione “rovesciata” rispetto a quella usuale.
L’albero motore lavora su cuscinetti a rotolamento ed è formato da più parti unite con il raffinato sistema Hirth e poggia su dieci supporti di banco mentre le bielle sono realizzate in un solo pezzo e montate nella composizione dell’albero motore. Per lubrificare i cuscinetti di biella vengono impiegati dei convogliatori centrifughi, ricavati nelle “spalle” dell’albero, che raccolgono il lubrificante in uscita dai cuscinetti di banco. Altra innovazione è l’alimentazione ad iniezione diretta ed è derivata dalla soluzione adottata sul caccia Messerschmitt Bf 109 durante la Seconda guerra mondiale. Il motore è fissato al telaio con un’inclinazione di 28° sul lato destro, disassato rispetto all’asse longitudinale della vettura per abbassare il baricentro. La potenza nel 1954 è inizialmente di 260 e con le varie evoluzioni sfiorerà i 295 cv. Le sospensioni sono a ruote indipendenti sui due assi. L’interasse del telaio, che in origine è di 233 centimetri, verrà man mano ridotto a soli 215. Il retrotreno con semiassi oscillanti anticipa soluzioni che a breve saranno adottate dalla vetture stradali. L’impianto frenante ha quattro tamburi montati entrobordo per ridurre le masse non sospese.
Importante anche la veste aerodinamica, sui circuiti veloci come Monza e Avus, la W 196 adotta una carrozzeria con le ruote carenate che le permette di sfruttare appieno l’aerodinamica per raggiungere velocità elevatissime. Veloce, ma pesante e ingombrante, la carenatura non è adottata su circuiti tortuosi, tipo Montecarlo, dove la W 196 diventa una vettura agile e leggera. In Germania non lesinano sui piloti, ingaggiano i migliori professionisti in circolazione ed i risultati non mancano: nove vittorie su dodici gare disputate. Otto pole position, nove giri più veloci in gara. Due titoli di campione del mondo con Manuel Fangio, altrettanti di vice campione con Stirling Moss.
Oltre alla monoposto di F.1 in Mercedes realizzano anche la 300 Slr per le gare di durata che adotta la base del motore della monoposto W196 ma ha i due gruppi teste-cilindri completamente in lega di alluminio, un angolo tra le valvole leggermente diverso e una differente disposizione dei bilancieri di richiamo delle valvole di aspirazione con una potenza di 300 cv.
Tra le innovazioni compare anche un freno aerodinamico alle prove della 24 Ore di Le Mans 1955. La soluzione prevede l’apertura del cofano posteriore ma viene ben presto messo fuori regolamento. La vittoria più importante della 300 Slr è quella di Moss alla Mille Miglia del 1955, che domina alla media record di 157 km/h.
A Le Mans, mentre le Mercedes sono in testa, la 300 Slr di Pierre Levegh vola sopra la Austin di Macklin finendo nella folla dove perderanno la vita 84 persone mettendo fine al sogno tedesco di vincere la maratona francese. A fine 1955 la Mercedes, dopo avere dimostrato la grande superiorità tecnica, si ritira dalle competizioni, bisognerà aspettare la fine del secondo millennio per vederla nuovamente in pista.
Immagini © Massimo Campi e Mercedes Press