Personaggi

Published on Agosto 19th, 2022 | by Massimo Campi

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Mark Donohue, il pilota di Roger Penske

Spesso si sono creati dei rapporti forti tra pilota e team manager o costruttori, unioni che hanno portato a grandi risultati, come quello tra Mark Donohue e Roger Penske. Un matrimonio che si è tragicamente interrotto nell’agosto del 1975 sul tracciato dell’Osterreichring.

Mark Neary Donohue Junior nacque a Summit, nello Stato del New Jersey, il 18 marzo 1937. Appassionato di meccanica e di motori, con una grande cultura tecnica tanto che a 22 anni si laurea in ingegneria meccanica. La passione delle corse inizia nel 1959, acquista una Corvette, va subito forte tanto che conquista la vittoria alla prima gara a Belknap County nel New Hampshire.

Dopo la prima affermazione ne arrivano altre, fino a quando entra in contatto con il giovane Roger Penske. La preparazione tecnica e la guida di Donohue colpiscono Penske, tra i due inizia un rapporto privilegiato che porterà a molti risultati. Penske è uno dei preparatori e costruttori emergenti, Donuhue diventerà il collaudatore ed il pilota che contribuirà al successo delle vetture.

L’inizio è con le gare americane. Nel 1966 con una Ford GT40 vanno a Le Mans, e nel 1967, sempre con la GT40, la coppia Mark Donohue – Bruce McLaren arriva quarta sulla Sarthe. Penske mise Donohue al volante della nuova Lola T70 Mark III per gareggiare nella Categoria United States Road Racing Championship. Lo statunitense dominò la stagione 1967 aggiudicandosi sei vittorie a Las Vegas, Riverside, Bridgehampton, Watkins Glen e Mid-Ohio ed un terzo posto a Laguna Seca.

Nel 1968 Penske e Donuhue corrono con la nuova McLaren M6A Chevrolet, ma la stagione si rivelò deludente a causa di tanti problemi meccanici sulla vettura. Donohue, corre anche nella serie Trans-Am, dove conquistò la vittoria nella 12 ore Sebring ed un quarto a Daytona nel 1967, mentre nel ’68 domina il campionato con la nuova Penske Chevy Camaro aggiudicandosi 10 vittorie su 13 gare in programma.

Oltre alle ruote coperte Mark Donohue e Roger Penske diedero l’assalto alla prestigiosa 500 Miglia di Indianapolis. Nel 1969 il pilota americano venne eletto “Rookie of the Year” e terminò la corsa al settimo posto finale. L’anno seguente, Donohue sfiorò la vittoria aggiudicandosi il secondo posto sul traguardo. La vittoria arriva nel 1972, al volante di una McLaren-Offy TC, ottenendo così il successo più importante della sua carriera. Ma a Penske e Donohue l’America iniziava a stare stretta, sono pronti allo sbarco in F.1 dove debuttano al Gran Premio del Canada 1971 al volante di una McLaren-Ford M19A privata schierata da Roger Penske. In prova Donohue è settimo. La nebbia condizionò la gara, ma il pilota americano sale sul gradino più basso del podio dietro al vincitore Jackie Stewart e Ronnie Peterson.

Nel biennio 1972/73, il Team Penske Racing si dedicò alla realizzazione e al collaudo della nuova Porsche 917 turbo, per la serie Can-Am. Proprio nello sviluppo della potente vettura emersero le conoscenze tecniche e meccaniche del pilota americano di Summit che restò anche vittima di un grave incidente durante una sessione di test per il distacco di una parte della carrozzeria della vettura, fortunatamente senza gravi conseguenze malgrado un volo con il sedile attaccato al corpo. Donuhue infine vince il campionato Can-Am 1973 con la Porsche 917/30, il mostro di oltre 1.000 cv.

Finita l’avventura con le Can-Am nel 1974 Donohue tornò ufficialmente in Formula 1 per disputare, al volante della Penske-Ford PC1 ufficiale, gli ultimi due Gran Premi della Stagione in Canada e negli Stati Uniti. Nel 1975 prese parte all’intero campionato di  Campionato di Formula 1 come prima guida della Penske. Suo compagno di squadra John Watson. Iniziò bene la stagione, e riuscì a conquistare due quinti posti in Svezia e Gran Bretagna.

Lo sviluppo della macchina stava procedendo regolarmente gara dopo gara, ma tutto venne interrotto nel giorno di ferragosto, durante le prove libere del Gran Premio d’Austria 1975. Il pilota americano, al momento di impostare la prima curva veloce a destra, perse il controllo della nuova Penske-Ford 751 per il cedimento di una gomma. La vettura uscì violentemente di pista atterrando in una delle buche dell’Osterreichring uccidendo anche un commissario di pista.

Secondo la testimonianza di Giorgio Piccolo, presente a Zeltweg, che assistette al terribile incidente a bordo pista “Le reti travolte si ammucchiarono sotto la macchina facendo da trampolino, facendola letteralmente volare sopra il guard rail. Quando la vettura si fermo oltre il guard rail, era completamente libera dalle reti, che rimasero ammucchiate in pista, e non fu necessario usare le cesoie per estrarre il pilota. Fittipaldi si avvicinò, senti’ il polso a Donohue, e resosi conto che era ancora vivo, spostò il tubo che reggeva una pubblicità e che teneva rovesciata la testa del pilota, e gli tolse il casco. Intanto era sceso nella scarpata anche un infermiere che gli pratico’ una flebo, Donohue apri gli occhi e scambio’ qualche parola con Fittipaldi e Stuck, nel frattempo sceso anche lui, assieme a Evans. Con delicatezza, Fittipaldi e Stuck lo estrassero dal rottame e lo portarono sulla pista”.

Mark Donohue, dopo il terribile schianto, fu estratto dall’abitacolo da Emerson Fittipaldi e Hans Stuck che si erano fermati, il pilota statunitense, in stato di coscienza, parlò ai suoi soccorritori. I commissari che prestarono i primi soccorsi si accorsero che il casco del pilota recava i segni di un grave impatto e optarono per il trasferimento in elicottero verso l’ospedale di Graz per controlli più approfonditi. Durante il viaggio il pilota iniziò ad avere forti dolori alla testa. Donohue fu portato in sala operatoria per un intervento per ridurre un’emorragia cerebrale. Dopo l’operazione fu trasferito in terapia intensiva ma, dopo un paio di giorni perse improvvisamente conoscenza e morì a causa di complicazioni a livello cerebrale.

Roger Penske rimase sconvolto per un lungo periodo dopo la morte di Mark Donohue ed il programma con la F.1 subì un ridimensionamento. La vedova Eden chiamò in giudizio la Goodyear e dopo un lungo processo venne risarcita per la morte del marito con la cospicua somma di un milione di dollari.

 

 

 

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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