Formula 1

Published on Febbraio 21st, 2015 | by Massimo Campi

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L’importanza della grafica

Colori dei caschi uguali per tutto l’anno, una nuova norma della Fia

 

Tra le nuove norme della Fia per il 2015 c’è quella che riguarda le grafiche ed i colori dei caschi che dovranno rimanere uguali per tutta La stagione. Lo scopo è quello di potere meglio identificare il pilota a bordo della vettura, una regola sicuramente intelligente considerato l’abuso di grafica nei moderni caschi tra i piloti della massima formula. Una moda imperante da alcune stagioni, ma che si è rivelata controproducente, soprattutto per lo stesso pilota. Alcuni piloti, Vettel in prima fila, hanno cambiato la grafica del casco ad ogni gara con lo scopo di comunicare attraverso di essa ai propri tifosi. Il risultato finale è solo stato quello di una gran confusione con un anonimato di fondo. Con le vetture sempre più simili, colori a parte, la mancanza di numeri di gara visibili, è il casco l’elemento che identifica il pilota. Con caschi dalle grafiche sempre più pasticciate diventa difficile identificare il pilota da parte del pubblico, il tutto aggravato dalla distanza tra il pubblico e le macchie in pista e l’elevata velocità che raggiungono le attuali monoposto. Peggio ancora in televisione, dove le riprese sono spesso fatte a macchina intera per identificare meglio le scritte degli sponsor. Insomma l’immagine grafica degli attuali piloti sembra molto simile alla immagine pubblica: senza carattere, confusionaria, anonima, commerciale.

Nel 1968 inizia la grande rivoluzione che muterà profondamente l’immagine del pilota da corsa. Nel GP d’Italia a Monza, Dan Gurney indossa il primo prototipo di casco integrale realizzato sempre dalla Bell. Ha la visiera fissa, applicata alla calotta mediante bottoni a pressione ed ha inizio la grande svolta.  Ben presto la Bell realizza la visiera mobile e mette a punto lo Star Helmet che diventerà il simbolo della F.1 moderna. Tutti i piloti ben presto lo adottano e lo personalizzano con varie decorazioni e colori. I più famosi sono quelli di Jackie Stewarth, bianco con il tartan scozzese, Jackie Ickx, blu notte contornato dalla striscia bianca, Clay Regazzoni con i colori bianchi e rossi della Svizzera, come quelli di Jo Siffert ma invertiti, il verde petrolio di Jochen Rindt o il melanzana di Jackie Oliver.

Per alcuni piloti il casco diventa un vero simbolo di riconoscimento con vari disegni, è il caso delle aquile stilizzate di Ignazio Giunti, l’arcobaleno multicolore di Francoise Cevert o quello di Emerson Fittipaldi. Sulla scia della Bell altri costruttori di caschi entrano nella scena internazionale. Negli anni ’80 spicca l’americana Simpson, con il modello Bandit, ispirato ai guerrieri del film “guerre stellari” di George Lucas.

Con la tecnologia cambiano anche i materiali di calotte e visiere. Le prime passano da materiali plastici alla fibra di carbonio per ridurre pesi ed aumentare la sicurezza. Anche le visiere cambiano, da semplice plexiglass piegato ora sono realizzate con resine speciali a prova di proiettile.

Con il passare delle stagioni le colorazioni ormai sono vere e proprie opere d’arte e spesso sono cambiate da un gran premio all’altro per soddisfare le esigenze di immagine di piloti e sponsor.

Sarebbe bello fare un sondaggio per chi riesce ad identificare su una monoposto in corsa se al volante della Red Bull c’era Vettel, Ricciardo o Webber, e la diversità tra Hamilton e Rosberg, mentre tutti gli appassionati hanno ben visibili i caschi dei grandi campioni del passato, da Senna, a Stewart, Fittipaldi, Villeneuve, Peterson, Lauda, Regazzoni.

Ma forse quelli non erano anonimi e soprattutto senza carattere!

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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