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Published on Maggio 2nd, 2013 | by redazione

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Il Fric della Mercedes F1? E’ stato inventato 20 anni fa dalla Minardi

Il "cuore" del sospensione attiva della Minardi M193 del 1993.

Il “cuore” della sospensione attiva della Minardi M193 del 1993.

Si ha un bel parlare di tecnologia tedesca, ma spesso si tende dimenticare, per ignoranza o esterofilia, quanta “intelligenza” italiana c’è anche nel campo della tecnica più raffinata.

Ad esempio, in questo inizio di stagione a tener banco tra i team di Formula 1 è stato il sistema FRIC, ossia “front and rear interactive control”, adottato da Aldo Costa e Ross Brawn sulla Mercedes W04 di Lewis Hamilton e Nico Rosberg. Si tratta di un sistema idraulico che permette alle sospensioni anteriori e posteriori di lavorare insieme, ricreando così in parte i benefici delle sospensioni attive.

Per la Formula 1 non si tratta però di una novità assoluta. Già negli anni ’90 il Minardi Team aveva dotato la sua M193 di un sistema analogo che viene spiegato dall’ingegnere Gabriele Tredozi, “papà” di numerose monoposto del team faentino. Arrivato alla corte di Gian Carlo Minardi nel 1988 come ingegnere di macchina di Adrian Campos e, successivamente, di Pier Luigi Martini, nel 1997, in seguito alla partenza proprio di Aldo Costa verso la Ferrari, divenne capo progettista della monoposto M198 e Coordinatore tecnico della squadra.

«Bisogna fare una premessa tornando indietro di circa vent’anni. Alla fine del ’92 spopolava una nuova tecnologia, quella delle cosiddette “sospensioni attive”, che aveva la capacità di gestire elettronicamente la sospensione attraverso numerosi parametri come l’altezza da terra, il rollio e beccheggio. Tutto questo non veniva più fatto attraverso un sistema a molle, ma idraulicamente».

«Il sistema era composto da attuatori posti sui puntoni. Il gruppo molla-ammortizzatore – spiega Gabriele Tredozi – riceveva l’olio degli attuatori in pressione tramite una pompa e, attraverso i controllo elettronici, veniva gestita l’altezza da terra del posteriore, anteriore, il beccheggio e il rollio, ottenendo così un beneficio in termini aerodinamici. Tutto questo progetto si può scorporare in due parti: una parte passiva, con l’hardware delle sospensioni idrauliche, e quella attiva, ovvero elettronicamente».

«La Minardi M193 era dotata di un sistema idraulico passivo: non c’era una pompa esterna che metteva in pressione e gestiva automaticamente l’altezza da terra, ma era dotata di sospensioni tradizionali mandate in pressione idraulicamente. Lavorava sulle molle comandate da condotti idraulici con il puntone che mandava in pressione il circuito. Questo era il punto di partenza per poi rendere completamente attivo il sistema l’anno successivo. Purtroppo la Fia bandì il sistema e così ci trovammo con una sospensione molto avanzata ma non sfruttabile. Continuammo però ad usarla nel 1994 senza renderla attiva».

Come funzionava il sistema? «L’obiettivo era minimizzare le variazioni di altezza tra anteriore e posteriore in frenata e accelerazione. Per gestire in modo passivo il beccheggio della vettura mettemmo in comunicazione, con un collegamento incrociato (link) l’asse anteriore con il posteriore. In questo modo, quando la vettura in frenata schiacciava l’anteriore, l’attuatore creava un vuoto nel retro, occupato dall’olio dell’attuatore posteriore in modo da far schiacciare a terra anche il posteriore. Così facendo si manteneva inalterata la differenza di altezza. Essendo incrociato dava un aiuto in più in curva: quando il carico maggiore era sulla ruota posteriore esterna, interveniva sulla ruota anteriore interna limitando il rollio. Il medesimo funzionamento, ma opposto, avveniva in accelerazione: il carico si trasferisce dietro facendo alzare l’anteriore. La pressione degli attuatori evitava proprio questo schiacciando il muso a terra. Così facendo si diminuisce il sottosterzo in potenza. Alla fine del 1993 però il collegamento venne vietato. Con la M194 continuammo quindi con le sospensioni idrauliche, ma non più connesse e una parte del beneficio venne quindi perso. Sulle Formula 1 di oggi invece è ricomparso questo link, utilizzando quindi un sistema analogo al nostro di vent’anni fa».

Quali sono i suoi vantaggi? «Il vantaggio è di minimizzare la differenza tra l’altezza anteriore e posteriore in frenata o accelerazione. Avere una macchina molto stabile in frenata vuol dire avere una più alta velocità in ingresso e, di conseguenza, più carico. Inevitabilmente si sfruttano meglio le gomme. Il pneumatico scivola e patina di meno e l’anteriore strappa di meno. E’ certamente un sistema che richiede del tempo per essere messo a punto, che si gioca sui diametri dei tubi», conclude Tredozi.

 

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