Recensioni

Published on Aprile 20th, 2017 | by Massimo Campi

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Wow Gilles!

Villeneuve, il mito che non muore – fotografie di Ercole Colombo – testi di Giorgio Terruzzi

Wow Gilles! una mostra sul mito Villeneuve. Sono trascorsi 35 anni, da quel tragico 8 maggio 1982, quando la Ferrari di Gilles Villeneuve vola sulle ruote della vettura di Jochen Mass ed il canadese compie l’ultimo e fatale volo della sua vita. Non è riuscito a conquistare l’alloro mondiale, ma ha conquistato il cuore di tutti, il sogno, il mito. Un lampo, rosso l’ha sempre identificato e per sempre rimarrà “l’aviatore”, il “canadese volante”, quel piccolo uomo che sfidava le leggi più improbabili della fisica, la ragione, agendo solo con il cuore, il coraggio, la passione.

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Wow Gilles! il mito che non muore è una mostra che vuole ripercorrere le tappe di quella spericolata avventura, durata solo cinque anni, dal 1977 al 1982, con le fotografie di Ercole Colombo ed i testi di Giorgio Terruzzi, due maestri nell’arte del raccontare, ognuno con i propri mezzi, le gesta del canadese.

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Gilles Villeneuve inizia a gareggiare nel 1973, Formula Ford, Formula Atlantic, Formula 2, ed esordisce in Formula Uno con la McLaren nel 1977 in Inghilterra. Il giorno che cambierà la sua vita è il 29 agosto di quell’anno, quando entra per la prima volta a Maranello. “Quando mi presentarono quel piccolo canadese – ricordava Enzo Ferrari – tutto nervi, riconobbi in lui il fisico di Nuvolari e pensai che meritava una possibilità”. Inizia così, per una scommessa con se stesso del Drake, la grande storia del piccolo pilota.

“Emozione e malinconia. Entusiasmi e rimpianti, Gilles Villeneuve è stato uno schizzo colorato sulla ribalta più prestigiosa del motorismo – sono le prole di Giorgio Terruzzi – la sua è una storia fantastica nella sua drammaticità: al secondo gran premio con la Rossa, senza nessuna remora  va subito a combattere con Ronnie Peterson, il piede più pesante di quell’epoca, la Ferrari decolla ed atterra in mezzo a degli spettatori che si erano messi in un posto vietato. Con due morti inizia la sua carriera in Ferrari, si concluderà cinque anni più tardi con quello spettacolare e drammatico volo. Una scena madre annunciata da 15 giorni, dopo il tradimento di Imola da parte di Pironi, uno schiaffo, una uscita di scena terribilmente definitivamente teatrale come solo lui poteva fare. In fondo Villeneuve aveva l’anima ed in cuore di un bambino, con la fissazione per la velocità. Auto, elicotteri, motoscafi, qualsiasi cosa andasse forte faceva per lui, adrenalina e rischio, senza nessun limite perché il freno non lo tirava mai. “

Gilles è stato l’ultimo dei romantici, l’ultimo a colpire veramente il cuore della gente. Un tripudio rosso, contornato da quel 27, il suo numero di gara. Il suo albo d’oro conta solo sei vittorie, tutte memorabili, ma molti più incidenti, tutti spettacolari. “Ad una gara gli montammo un nuovo motore – ricorda Mauro Forghieri – non era in lotta per il campionato, serviva invece che facesse strada con quel nuovo propulsore, per scoprirne i limiti. Gli dissi che doveva stare attento, che avevamo bisogno di collaudare, di incamerare dati per progredire, fece cenno di avere capito, di dovermi fidare di lui. Abbassò la visiera ed attese il semaforo verde. Pronti via partì a razzo e dopo soli 400 metri aveva già distrutto la macchina contro le barriere: questo era Gilles Villeneuve!”.

Con le sua fotografie Ercole Colombo ha saputo catturare l’emozione di quei momenti, di quella Formula Uno che non c’è più “è tutto molto diverso, oggi ci sono eserciti di tecnici, si ragiona solo sulle strategie, sui calcoli dei computer. Quella Formula uno invece viveva di emozioni, di personaggi romantici, sempre al limite di ogni eccesso. Immagine zero, basta guardare la prima tuta di Villeneuve al debutto in Ferrari, arancione stinto, con i polsini consumati mezzi stracciati. Oggi, con i tanti curatori di immagine, non ci sarebbe più spazio per un romantico folle come il canadese”

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Villeneuve era sempre al limite, oltre il limite, come quella volta che fece il record su strada di 2 ore e 45 minuti da Montecarlo a Maranello, oltre 430 km di corsa folle, sempre a tavoletta, sfidando la morte ad ogni curva, ad ogni sorpasso. “Faceva tutto a 300 all’ora con la più completa incoscienza – ricorda Patrick Tambay – pilotare una formula uno, sciare, guidare il motoscafo, l’elicottero, o giocare a backgammon, sempre al limite, spesso oltre.”

La mostra si conclude con la sezione dedicata al figlio Jaques, figlio di Gilles e Joann. Jaques Villeneuve, dopo essere stato Campione della Formula CART ed avere vinto ad Indianapolis, è diventato Campione del Mondo di Formula Uno, colmando idealmente quel vuoto lasciato da Gilles. È nato nel 1971, quando Gilles è morto aveva solo 11 anni, ha sempre rifiutato il confronto con la figura paterna e solo dopo avere conquistato il titolo ha accettato di parlare del suo strambo, magico ed indimenticabile papà.

 

La mostra è aperta allo Spazio Oberdan di Milano, dal 21 aprile al 16 luglio 2017

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About the Author

Perito meccanico, fotografo, giornalista, da oltre 40 anni nel mondo del motorsport. Collaborazioni con diverse testate e siti giornalistici del settore.



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